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Sulla Razza, il primo podcast sulla questione razziale in Italia, cerca di fare un po’ di chiarezza, traducendo parole e concetti che nel nostro paese facciamo ancora fatica a capire

BAME, colourism, fair skin privilege: gran parte del dibattito attorno all’identità etnica o razziale fa uso di un lessico importato dalla realtà angloamericana, che in Italia ha ancora una circolazione limitata agli ambiti dell’accademia o dell’attivismo. Per ragioni storiche, politiche e culturali — a partire dalla difficoltà nel fare i conti con il nostro passato coloniale — il dibattito sul razzismo in Italia è ancora arretrato e provinciale, e quasi sempre esclude le persone che più sarebbero titolate a parlarne: gli italiani afrodiscendenti o appartenenti ad altre minoranze, relegati al ruolo di “eterni stranieri.”

“I Neri Italiani, nel contesto mainstream, esistono solo nella propaganda politica, identificati tanto nella bambina ai piedi di Beppe Sala sulla copertina di Style del Corriere della Sera, quanto nella retorica populista dei tweet di Salvini. Sono la riforma della cittadinanza, l’immigrazione fuori controllo, i barconi, l’integrazione,” scriveva Nadeesha Uyangoda nel giugno 2019 su Not, riassumendo i due atteggiamenti più diffusi in Italia attorno alla questione razziale: quello paternalista, radicato in gran parte degli ambienti progressisti — per cui la lotta contro il razzismo è una sorta di beneficienza per white saviour — e quello più apertamente discriminatorio del Salvini di turno, che nega di essere razzista ma traccia una linea tra gli “immigrati regolari e perbene” e i clandestini da riportare “a casa loro.” 

L’elefante nella stanza, in entrambi i casi, è il concetto di razza: frettolosamente negato in nome di affermazioni di principio come “l’unica razza è quella umana” — che restano astratte e non tengono conto della realtà di discriminazione vissuta quotidianamente da chi appartiene a una minoranza — o messo ipocritamente sotto il tappeto dalle nuove forme che il razzismo assume nel dibattito politico.

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Dalle leggi razziali del 1938 alla “razza bianca in pericolo di essere cancellata,” secondo le dichiarazioni fatte ottant’anni più tardi dall’attuale presidente lombardo Attilio Fontana, parlare di razza in Italia è difficile perché il pensiero corre immediatamente al razzismo scientifico che ha permeato le ideologie del nazifascismo novecentesco. Ma negare l’entità biologica della razza non basta, specialmente se il risultato è fare finta che non esista tout court: la razza è infatti una realtà ben precisa sul piano politico e culturale per chi è costretto a sperimentarla tutti i giorni sulla propria pelle. 

Per questo è utile ripartire dalle parole: il podcast Sulla Razza cercherà di fare proprio questo, traducendo nel contesto italiano dodici parole e concetti diffusi nel dibattito anglofono sulla questione razziale, analizzandone il significato e contestualizzandole anche grazie al contributo delle voci e dei punti di vista degli italiani di minoranza etnica. A partire dal concetto più importante, che dà il nome al podcast: quello di razza, che sarà affrontato nella prima puntata in uscita venerdì 12 febbraio. Prodotto da Undermedia e realizzato con il supporto di Juventus (nell’ambito dell’impegno del club alla lotta contro il razzismo e ogni forma di discriminazione tramite le attività di Juventus Goals), Sulla Razza uscirà ogni quindici giorni per 12 puntate da 30 minuti. Ai microfoni, l’autrice freelance Nadeesha Uyangoda, Nathasha Fernando – docente di media e sociologia all’Università di Westminster – e Maria Mancuso, editor e co-speaker di S/Confini, il podcast che per due stagioni ha affrontato le tematiche legate a migrazione e identità sulle nostre pagine

Sulla Razza si potrà ascoltare su Spotify, Apple e Google Podcast, ma sarà anche una newsletter e approfondirà periodicamente su VICE alcuni dei temi affrontati durante le puntate. In attesa della prima puntata, visita il sito e segui il podcast su Instagram


In copertina, la manifestazione di Black Lives Matter dello scorso giugno Milano, foto di Emanuela Colaci

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