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in copertina, foto via Twitter

Ovviamente non è vero niente, ma la situazione è così tesa che una coppia di fotografi in Oregon è stata inseguita da vigilantes armati, che pensavano fossero piromani “di sinistra”

L’America del Nord brucia, non solo metaforicamente. In California hanno perso la vita 10 persone dall’inizio dei roghi, e ci sono altre 16 persone ancora disperse. L’incendio August Complex, originatosi in California lo scorso 17 agosto, è da ieri ufficialmente l’incendio più largo della storia del paese. Nel frattempo, gli incendi in Oregon si sono allargati fino allo stato di Washington. Le immagini scioccanti dei cieli arancioni dei giorni scorsi — colorati dal denso fumo — si sono prestate a una nuova teoria del complotto: che gli incendi siano stati causati da “antifa.”

Non è un mistero che l’estrema destra statunitense sia particolarmente affezionata alle teorie del complotto — basti guardare la crescente popolarità di Qanon, l’assurda teoria secondo cui ci sarebbe un deep-state pedofilo contro Trump. E non è nemmeno una novità il fatto che queste teorie del complotto indichino come “pericolosi” semplici attivisti di sinistra, un’eredità della fortissima propaganda anticomunista imposta alla società statunitense nel secolo scorso. Probabilmente, insomma, negli Stati Uniti ci sono persone convinte che i comunisti, i bambini, li mangino per davvero.

Forse per il colore rosso che ha assunto il cielo, la cosa ha assunto le dimensioni di una assurda red scare. La polizia dell’Oregon ha dovuto implorare la cittadinanza perché smettesse di chiamare con false segnalazioni che accusavano attivisti di sinistra di aver dato vita ai roghi: BuzzFeed News racconta la storia di una giovane coppia, uscita per andare a scattare foto degli incendi, che è stata inseguita da civili armati che pensavano i due fossero piromani antifascisti.

La paura di una “insurrezione di estrema sinistra” è un argomento spesso agitato negli ambienti di estrema destra — quando è vero esattamente il contrario, le autorità alla Sicurezza interna da mesi ripetono che il rischio è costituito dai sempre più frequenti terroristi di estrema destra. In questo senso, le pressioni della propaganda trumpiana sono fortissime: un ex funzionario del dipartimento alla Sicurezza interna l’altroieri ha presentato una denuncia da whistleblower in cui descrive “un pattern di abusi di autorità e tentativi di censura di analisi di intelligence relativamente al programma sulle operazioni russe per influenzare e minare gli interessi statunitensi.” Il whistleblower, Brian Murphy, sostiene di aver ripetutamente ricevuto ordini di minimizzare le minacce costituite dall’ingerenza russa e dal terrorismo suprematista bianco interno perché “facevano fare brutta figura al presidente.” Tra le accuse, Murphy menziona esplicitamente Ken Cuccinelli, direttore dell’agenzia alla Sicurezza interna che monitora immigrazione e naturalizzazione, che gli avrebbe chiesto di modificare un’analisi sul suprematismo bianco “per far apparire la minaccia meno severa, e per includere informazioni sulla prominenza di gruppi ‘di sinistra’ violenti.”

Le autorità, del resto, sono abituate a trattare con due pesi e due misure gli attivisti di estrema destra e di sinistra: è eclatante il caso della repressione delle proteste delle ultime settimane: è sufficiente pensare al diverso trattamento riservato a Kyle Rittenhouse e all’uomo che per legittima difesa ha ucciso un estremista di destra a Portland, assassinato in casa propria.

Le proporzioni della devastazione causata dai fuochi è causata, piuttosto, anche dal cambiamento climatico, che crea condizioni sempre più favorevoli a incendi sempre più vasti e incontrollabili. La “stagione degli incendi,” un’espressione che si ripete fuori luogo sempre più spesso, non si configura come un effetto naturale: è un effetto della crisi climatica — uno dei temi su cui gli attivisti accusati di piromania dalla destra statunitense sono più attivi.

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