Dai cartelli su Animal Crossing ai remix di Cardi B su TikTok, la campagna di Joe Biden sta cercando in tutti i modi di portare al voto la Generazione Z — e potrebbe riuscirci
“Joe Biden ha commentato riguardo al fatto che la polizia spara alla gente al cuore — per uccidere! E ha detto, perché non sparano alle gambe? È una cosa terribile da dire, ma se ci pensate è una perfetta rappresentazione di queste elezioni. È il cuore, o una gamba. Con Donald Trump è il cuore. Ci sparano tutti al cuore. Ma con Joe Biden, tesoro… è una gamba. Io voterò GAMBA 2020!”
Dire che a inizio campagna i giovani statunitensi non erano entusiasti della candidatura di Joe Biden sarebbe un eufemismo. Alle primarie del Partito democratico in New Hampshire, a febbraio, circa il 50% degli elettori tra i 18 e i 29 anni ha votato per Bernie Sanders. Il distacco è stato ancora più schiacciante in Michigan e Missouri, dove Sanders ha ottenuto rispettivamente il 74 e il 70% tra i giovani che si sono recati alle urne.
Eppure, arrivato il Super Tuesday — quando un grande numero di Stati è chiamato a votare alle primarie e si comincia a identificare quello che con ogni probabilità sarà il candidato alla presidenza — Bernie non è riuscito a stravolgere il trend che storicamente ha visto una bassissima affluenza tra i più giovani. “Ho avuto il successo in cui speravo nell’includere i giovani nel processo elettorale? La risposta è no,” ha dovuto ammettere il candidato progressista poco prima di ritirarsi dalla corsa.
Attribuire alla superficialità o all’apatia della Generazione Z — come anche di quelle che l’hanno preceduta, a dirla tutta — la colpa di questo scarso coinvolgimento nella politica nazionale sarebbe un errore. “Secondo diversi parametri, la maggior parte dei giovani è politicamente interessata e motivata,” hanno spiegato al New York Times John Holbein e D. Sunshine Hillygus, autori di Making Young Voters: Converting Civic Attitudes into Civic Action. “Nonostante il rancore crescente verso la classe politica in America, da certi punti di vista si può anzi dire che i giovani sono più interessati alla politica che in passato.” Perché, allora, in certi Stati l’affluenza giovanile non raggiunge nemmeno il 20%?
Per essere un paese a cui piace moltissimo considerarsi la più grande democrazia al mondo, gli Stati Uniti non agevolano esattamente i cittadini quando è tempo di votare. A dire il vero, in moltissimi casi l’impressione è proprio quella che si faccia di tutto per rendere difficile il voto se non impedire, a vaste fasce della popolazione — si chiama voter suppression ed è in gran voga da decenni (soprattutto tra i repubblicani) nonostante vari emendamenti e decisioni della Corte Suprema abbiano tentato di arginare il fenomeno. Spesso sfruttate per tenere lontane dalle urne minoranze, working class e altri “indesiderabili,” queste tecniche colpiscono anche i giovani in quanto tali.
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Soltanto quest’anno, ad esempio, il Texas controllato dai repubblicani ha messo al bando qualsiasi seggio elettorale che non fosse aperto per il periodo di voto anticipato di 12 giorni dello Stato, costringendo buona parte dei college e università locali a chiudere i seggi temporanei nei loro campus Una cosa simile è accaduta in Florida, dove è stato praticamente impedito il voto nei campus universitari in base a una legge richiedente “parcheggio sufficiente” in tutti i siti di voto anticipato. Un requisito semplice da soddisfare in campagna o nei sobborghi, ma impossibile per luoghi densamente popolati come le sedi universitarie. Gli studenti universitari che vivono e studiano lontano da casa devono poi spesso cambiare residenza per registrarsi per votare. Molti Stati hanno inoltre vietato l’uso di carte d’identità per l’identificazione degli elettori, richiedendo patenti di guida. Anche solo il fatto che per poter votare sia necessario superare un ostacolo arbitrario come la registrazione a delle apposite liste elettorali prima di una certa data — che varia di Stato in Stato — certamente non aiuta chi si trova a poter votare per la prima volta.
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I numeri non sono irrisori: dalle ultime elezioni presidenziali, oltre 15 milioni statunitensi hanno compiuto 18 anni. Sono 24 milioni totali — il 10% delle persone idonee a votare — i membri della Generazione Z che avranno l’opportunità di dire la propria il 3 novembre. Una prospettiva non esattamente rosea per Donald Trump, dato che secondo la Knight’s Foundation soltanto il 19% dei giovani vede di buon occhio l’attuale presidente. È qui che entra in ballo TikTok.
Per avvicinarsi a quei giovani che non l’hanno votato alle primarie, la campagna per eleggere Joe Biden — che a 77 anni ricorda a molti lo stereotipo del nonno un po’ imbranato col computer, a maggior ragione considerate le gaffe tecniche dietro ad alcuni suoi comizi digitali e la sua presenza dimenticabile sui social network — sta mettendo in campo un livello inaspettato di pensiero laterale. Così, gli studenti alla ricerca di una botta e via in vari college dell’Arizona hanno trovato su Tinder, Bumble e Hinge una schiera di attivisti pronti a rispondere a qualsiasi domanda sul voto di novembre e il processo di registrazione. Allo stesso modo, bandiere e cartelli del ticket Biden-Harris sono sbarcate su Animal Crossing — popolarissimo videogioco di Nintendo che ha fatto compagnia a milioni di statunitensi dal lockdown in poi. E che potrebbe per questo diventare presto bersaglio di campagne di disinformazione.
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Ma è con TikTok che i supporter di Biden sperano davvero di fare breccia nel cuore dei Gen Z. A maggior ragione dato che questo social network è notoriamente nel mirino di Trump, che ha promesso di vietare l’app negli Stati Uniti a partire dal 15 settembre se i negoziati per l’acquisizione della società da parte di un’altra società “molto americana” dovessero fallire.
Trigger warning: ciò che segue potrebbe urtare la sensibilità di chi vuole ancora credere che TikTok non sia altro che un social network scemo e superficiale dove si replicano balletti all’infinito, le teenager muovono il culo e i sogni vanno a morire. Parallelamente al cosiddetto “straight TikTok” — quello, sì, dei balletti — esiste un sottobosco sconfinato di profili che con quei contenuti hanno poco o nulla a che fare: Alt TikTok. Ci si trovano, tra le altre cose, meme, rane, streghe, cosplay, spade e discussioni sincere sulla salute mentale. E, beh, politica, come ci ha d’altronde insegnato la storia del rally di Tulsa.
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Una ricerca condotta da CIRCLE presso la Tufts University mostra che la maggior parte dei giovani sente parlare delle elezioni da coetanei ancora più che dai genitori — e gli attivisti si stanno organizzando di conseguenza. Così sono spuntate, una dopo l’altra, hype house (come vengono chiamati i collettivi di TikToker che spesso vivono insieme e collaborano per creare contenuti) ispirate sia al campo democratico — come Biden Digital Coalition, Democrat Hype House e Bigtent Creative — che a quello repubblicano — come Conservative Hype House, Republican Hype House e The MagaHouse. Come d’altronde ovunque, anche sull’app capita che le due fazioni si scontrino, rispondendosi a vicenda. E anche all’interno del fronte Dem le ragioni per votare Biden sono molteplici: se Uncle Joe ha qualche fan sfegatato, il sentimento più diffuso è quello di un sacrificio per il male minore. Tanto che i post con l’hashtag #settleforBiden hanno raccolto un totale di 126 milioni di visualizzazioni. Per non parlare dell’audio diffuso che, al grido di #LEG2020, invita gli utenti a pensare a Biden come a una pallottola alla gamba piuttosto che al cuore.
Al di là delle schermaglie ideologiche, l’obiettivo dichiarato di tantissimi — che siano affiliati ai Dem o meno — è convincere quante più persone possibile a registrarsi alle liste elettorali. Inaspettata colonna sonora di questa impresa è WAP di Cardi B e Megan Thee Stallion, inno molto esplicito alla sessualità femminile che ha, tra le altre cose, fatto uscire di testa Ben Shapiro e ispirato un quantitativo straordinario di mashup e remix, soprattutto su TikTok. In uno di questi, la canzone si interrompe per lasciare spazio alla voce di Cardi B stessa che dice “I don’t wanna make everything political, but we have to vote!” Altri preferiscono ballare sulla canzone originale, taggando altri utenti e invitandoli a usare la loro piattaforma per ricordare ai giovani follower di iscriversi alle liste elettorali. In tantissimi lasciano nella propria biografia il link a tiktokvoters.com, un portale che promette di aiutare chiunque a registrarsi in due minuti. A mettere in piedi questa infrastruttura sono quei bravi ragazzi di Rock the Vote, un’organizzazione progressista no-profit che dagli anni Novanta cerca nuovi modi di includere i più giovani nel processo elettorale.
@iconiccpinkkWe gotta vote guys click the in bio to register♬ WAP votes remix – votesounds
Altre organizzazioni guardano invece agli influencer. “Blogger di makeup, membri di confraternite universitarie, profili Instagram sui cagnolini, drag queen e tutti gli altri: in tantissimi si sono mostrati davvero disponibili quando ci siamo infilati nei loro DM per salvare la democrazia,” ha detto la direttrice della comunicazione di NextGen America Heather Greven. Fondata nel 2013 dal miliardario progressista (?) Tom Steyer, uno di quella moltitudine di candidati alle primarie Dem che non hanno mai avuto grandi speranze di vincere, la missione di NextGen è quella di individuare, intercettare e mobilitare il voto giovanile per far eleggere candidati ambientalisti e sensibili alla giustizia sociale. Su TikTok collaborano con micro-influencer con poche migliaia di follower che normalmente non si occupano di politica ma che sono riusciti a costruire uno stretto rapporto umano con i propri seguaci. Un lavoro simile lo fanno anche quelli di Feel Good Voting, che lavorano con content creator attorno ai 10mila follower per “ispirare, educare e attivare” le persone tra i 18 e i 30 anni e portarle a registrarsi per votare.
Sembrano che questi sforzi stiano dando qualche frutto. Secondo un sondaggio pubblicato dal sito di informazione politica The Hill ad agosto, il 77% delle persone tra i 18 e i 35 anni che vivono in tredici Stati in bilico a novembre hanno detto che voteranno senza alcuna ombra di dubbio. Soltanto un mese prima erano il 70%. Un risultato che fa ben sperare: il direttore esecutivo di NextGen America Ben Wessel ha commentato che “i giovani erano già più entusiasti di votare alle elezioni rispetto a quattro anni fa, o anche otto anni fa, ma stiamo raggiungendo livelli mai visti prima.”
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