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Sara Catalano ha collaborato alla stesura di questo articolo

Inter e Milan insistono con i propri progetti per il nuovo stadio Meazza, che non convincono gli abitanti di Zona 7, e  nemmeno i tifosi. Ma entro domani il Comune dovrà decidere cosa fare.

Ieri, martedì 8 ottobre, i rappresentanti di Inter e Milan sono andati a proporre l’idea di costruire un nuovo stadio agli abitanti di Zona 7, ma non hanno avuto grande fortuna. All’incontro, i cittadini si sono presentati con una serie di striscioni di protesta contro le due società — e più in generale contro “la speculazione” e “la cementificazione per salvare i bilanci delle squadre.” Le due squadre sono ovviamente Inter e Milan, e negli ultimi mesi sembrano aver deciso di premere l’acceleratore su una vecchia idea: abbattere l’attuale stadio comunale Meazza per costruirne uno nuovo fiammante, di loro proprietà.

Lo Stadio Giuseppe Meazza, detto anche “La Scala del Calcio” o semplicemente “San Siro,” fa parte della geografia milanese dal 1926, quando sostituì l’Arena napoleonica come principale impianto sportivo cittadino, ed è oggi lo stadio più capiente d’Italia. Ma rischia di arrivare al centenario e poi lasciare spazio a un successore. Nel 2026 potrebbe essere segnata la sua fine, subito dopo la cerimonia di apertura delle Olimpiadi invernali di quell’anno.

L’idea è di demolirlo per lasciare spazio a un altro stadio, meno capiente, e a un distretto multifunzionale nella zona adiacente. Dall’inizio del 2019 sembra esserci stata un’accelerazione: Inter e Milan a fine settembre hanno presentato i progetti. In particolare, le società sostengono che la struttura attuale non sia in alcun modo ristrutturabile a causa della poca interconnessione tra i vari anelli.

I progetti presentati dalle due società, dopo una cernita iniziale che ha escluso, tra l’altro, il progetto di Stefano Boeri, sono stati soltanto due, con autori gli studi Manica Sportium e Populous — no, non quel Populous. Il primo prevede una struttura composta da due anelli “uguali ma in opposizione,” come Inter e Milan; il secondo una costruzione prevalentemente di vetro, con il piano di gioco ribassato rispetto all’asse stradale. Secondo Repubblica, “entrambi i progetti prevedono la costruzione di centri commerciali, grattacieli, hotel e nuova edilizia residenziale, su cui né le due società di calcio né gli studi di progettazione si sono soffermati in discorsi e presentazioni.”

Ora si aspetta di capire come ha intenzione di muoversi il Comune, che è il proprietario dell’attuale impianto. Secondo gli entusiasti, ci sono ottime ragioni per desiderare la costruzione di un nuovo stadio: maggior funzionalità, qualità architettonica più elevata, e un’opinabile operazione di “riqualificazione” dell’attuale zona San Siro, che punterebbe a renderla più internazionale e vivibile, facendo diventare di fatto lo stadio un’attrazione turistica. 

È senz’altro vero che l’attuale Meazza avrebbe bisogno di ristrutturazioni: l’ultima importante è stata effettuata nel 1990, ormai trent’anni fa, in corrispondenza dei fiumi di denaro spesi per i mondiali in Italia. E in effetti l’idea di ristrutturarlo è stata presa in considerazione soprattutto dal Comune. “Entro il 10 ottobre, in teoria, il Comune deve dare una risposta definitiva: ti anticipo che molto probabilmente non lo faremo,” ci ha dichiarato il consigliere comunale Angelo Turco. 

“Il progetto è stato trasmesso a noi consiglieri in maniera parziale, secondo un iter complesso ma corretto, e non abbiamo accesso al progetto completo, ne abbiamo solo una sintesi; questo perché il progetto completo è stato secretato ed è accessibile solo all’ufficio tecnico. La presentazione che abbiamo ricevuto ha sollevato numerosi dubbi e domande, ai quali le società non hanno ancora risposto.”

Non solo dunque le società non hanno reso noto al pubblico i dettagli degli eventuali progetti — non ne hanno reso partecipi nemmeno l’organo collegiale dell’autorità cittadina. “Il fatto è che, avendo il progetto solo parzialmente, quello che possiamo fare noi come Consiglio Comunale è aspettare le risposte delle società alle nostre domande e poi indirizzare il voto della giunta,” fa notare ancora Turco. “La giunta poi decide, votando, se il progetto ha o meno valenza pubblica e se sì, allora si apre il bando di gara.” 

È fondamentale osservare che la parte su cui le società non si sono dilungate troppo è quella del contorno di edifici, palazzi e “grattacieli” che dovrebbero sorgere intorno al nuovo stadio. A questo punto, oltre alla segretezza che circonda i progetti, è anche importante chiedersi se sia opportuno imbarcarsi in progetti edilizi faraonici quando il consumo di suolo di Milano, di cui abbiamo parlato lo scorso 20 settembre a TRAPPIST, è tra i più elevati ed allarmanti del paese, nonostante gli impegni ambientalisti recentemente intrapresi dalla giunta Sala, ad esempio con la dichiarazione di emergenza climatica.

Ma com’è effettivamente diviso il consiglio comunale sulla questione? Dei 48 consiglieri, 20 si sono espressi per il no al nuovo stadio, 7 si dichiarano tendenzialmente non favorevoli e 19 sarebbero indecisi, secondo il blog Pianetamilan. Di esplicitamente favorevoli ce ne sono soltanto 2, e uno di questi è Stefano Parisi, lo sfidante di Giuseppe Sala alle scorse elezioni, che ha sempre avuto un debole per le operazioni immobiliari di larga scala. È interessante notare che la Lega si è dichiarata contraria facendo leva come al solito su motivazioni “di pancia,” senza una vera e propria analisi del problema, ma dichiarando semplicemente la propria affezione a San Siro — basta leggere le dichiarazioni dell’ex consigliere comunale Salvini a riguardo.

Continua Angelo Turco: “Noi come consiglio comunale non abbiamo ancora abbandonato l’idea di ristrutturare lo stadio attuale, in altri paesi come l’Inghilterra si è fatto spesso. Le società dicono che è troppo dispendioso e bisognerebbe trasferire le squadre. Ecco, su questo non so se possiamo essere del tutto d’accordo, vogliamo andare a fondo della questione e stiamo aspettando risposte. In più, il progetto è passato anche sotto la verifica della Soprintendenza, che sta valutando l’impatto culturale e monumentale della cosa, e che potrebbe anche porre il veto. Diciamo che per adesso il progetto sembra essere solo economicamente orientato; pur avendo promesso maggiore attenzione per il verde pubblico e per la vitalità dell’area in ogni periodo dell’anno, ci sono ancora molti punti da chiarire e risposte più approfondite che stiamo aspettando.”

La costruzione di un nuovo stadio, corre il rischio di essere una nuova tappa della gentrificazione galoppante a cui sono state sottoposte varie aree della città. In passato, su the Submarine, ci siamo occupati della parte più popolare del quartiere San Siro: un’area con varie difficoltà, che però è circondata da quartieri di lusso, abitati da classi sociali di alto tenore economico. Qualsiasi intervento su quel quartiere, e sullo stadio che ne sta al centro, dovrebbe partire da un’idea accettabile della parola stessa “riqualificazione:” non come tattica per cacciare i poveri in favore di nuove case per ricchi, ma come rendere una zona più abitabile per la comunità che già ora vi risiede.

“Che serva qualche intervento in quell’area intorno allo stadio attuale è indubbio. Il punto è che ora il progetto ha valenza solo come ritorno economico per le due società, che vogliono creare spazi sociali e di investimento. Il quartiere di San Siro ha due facce: quella chic e benestante e quella popolare, dunque la logica non può essere solo di profitto, altrimenti una delle due facce viene esclusa automaticamente.” 

Non ci sono, tuttavia, solo motivazioni architettoniche o urbanistiche da discutere: ce ne sono anche, e molto importanti, di tifoseria. I tifosi sono i veri utenti dello stadio, da molto prima che le logiche di mercato trasformassero il calcio in un fenomeno prettamente televisivo. Abbiamo parlato con Pavel, del comitato “San Siro non si tocca,” che ci ha illustrato le ragioni della contrarietà ai grandi progetti delle due squadre meneghine. “Sono abbonato al Milan, e mi sono reso conto che in tutta la questione dello stadio c’è un lato di cui non si parla: chi ci entra nello stadio? Se fanno lo stadio nuovo, io potrò continuare ad andarci?”

L’operazione commerciale in cui intendono imbarcarsi Inter e Milan non rischia di mettere in difficoltà le persone meno abbienti intorno allo stadio, ma anche quelle dentro lo stadio. “Ci sono dati preoccupanti: lo stadio nuovo avrebbe 60.000 posti contro i 78.000 di San Siro di oggi. In più a San Siro ci sono circa 4000 posti “executive”, il 5% del totale: nello stadio nuovo i posti “premium”, per quanto abbiamo potuto vedere, sarebbero circa 12.000, il 20%.” Questo vuol dire che ci sarebbero meno posti, più cari.

“Facciamo un confronto con altri impianti di proprietà. L’abbonamento allo stadio della Juve minimo è di 650 €, circa 4 volte più caro di quello minimo per San Siro. Il modello è questo: cacciare i poveri e rendere lo stadio un posto per turisti ricchi, anche a quelli a cui del calcio non frega niente. Guardando il rendering ci si rende conto che non sono progetti da stadio classico.” I rendering delle nuove tribune, in effetti, sembrano più quelli di una nave da crociera rispetto a uno stadio — un luogo che è sempre stato frequentato soprattutto da un pubblico popolare. 

La costruzione di un nuovo stadio secondo queste premesse, a conti fatti, significherebbe anche che un’opera pubblica come lo stadio diventerebbe in sostanza di proprietà di privati: “Lo scorso anno sono stati versati al comune 10 milioni di euro da parte di Inter e Milan. Tecnicamente non sarebbe una vendita di patrimonio pubblico in senso stretto, ma una cessione per una costruzione nuova.” Una situazione comunque altamente problematica in per l’interesse della comunità. L’impressione è che le squadre stiano approcciando l’intera questione come qualcosa di manageriale anziché di politico – nel senso ultimo del termine, ovvero come di qualcosa che deve fare l’interesse di tutte le persone coinvolte.

L’operazione San Siro insomma, per quanto non sia a priori sbagliato, ovviamente, rinnovare una città, come molti progetti presentati negli ultimi anni a Milano — uno su tutti quello del Campus Human Technopole nell’ex area Expo — parte da presupposti classisti, che mirano a rendere accessibile solo a chi è più ricco, rimarcando le disuguaglianze sociali, un numero sempre maggiore di servizi e opportunità prima accessibili e destinati a tutti.