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Airbnb sembra già uscita dalla crisi causata dal lockdown. E tra i prezzi degli affitti sempre più alti e la debolezza del settore alberghiero, presto sarà troppo tardi per regolamentare l’azienda

Il 30 gennaio scorso scrivevamo di come la politica italiana non stesse facendo alcun passo degno di nota per regolamentare l’espansione di Airbnb. Italia Viva e una parte del Partito democratico erano insorti contro un timido emendamento presentato in proposito da due deputati, sempre del Pd. Il potere della piattaforma di affitti sulla politica italiana sembrava consolidato, forte anche di una controversa sentenza della Corte europea che permette ad Airbnb di funzionare come un operatore immobiliare o turistico senza essere sottoposto alle normative di questi due settori.

Poi, però, è arrivata la pandemia.

Tra gli effetti più tangibili del lockdown c’è stato, ovviamente, il blocco degli spostamenti quasi totale per tre mesi. Questo, com’è noto, oltre ad avere effetti psicologici rilevanti ha prodotto un grosso danno all’economia di tutto il mondo. In Italia il Pil è calato del 12,8%, mentre in altri paesi europei, come Spagna o Regno Unito, è andata addirittura peggio. Il settore alberghiero e del turismo, in particolare, ha rischiato di subire un colpo mortale.

Secondo dati di Confindustria, il fatturato del settore nel secondo trimestre del 2020 ha fatto segnare -88%. Anche nel periodo successivo le cose sono state comunque poco rosee e, se ancora mancano dati esaustivi, è noto che il calo è stato dovuto principalmente alla drastica riduzione delle presenze di stranieri nel paese. È interessante notare che il calo è stato avvertito soprattutto nelle città — in particolare nelle città d’arte — mentre mare e montagna hanno ammortizzato meglio gli effetti della crisi, essendo favorite dal turismo interno.

E in questo scenario, come sta andando Airbnb, che in Italia è forte soprattutto nei borghi e nelle città storiche? Abbiamo parlato di nuovo con Sarah Gainsforth, che in si è occupata dell’impatto di Airbnb e del turismo nel suo libro Airbnb città merce. “Ci sono un po’ di dati interessanti: in generale secondo molte fonti a marzo e inizio aprile la situazione sembrava abbastanza drammatica e disastrosa, con un calo degli affitti brevi. Tanto che Airbnb ha chiesto due prestiti da un miliardo di dollari l’uno, col 10% degli interessi.” 

Questi dati provengono soprattutto da AirDNA, un’azienda che si occupa prevalentemente di analisi di mercato da offrire a chi vuole investire in case da affittare su Airbnb — sono, dunque, dati quantomeno di parte. Sono molto utili, però, ad avere indicazioni sul vento che tira, anche perché Airbnb non è tenuto a divulgare i propri dati. E le cose sembrano essere cambiate piuttosto in fretta: “nel giugno 2020 rispetto al 2019 le prenotazioni sono calate solo del 30% e agosto potrebbe addirittura non essere molto diverso da quelle dell’anno scorso. Le prenotazioni sarebbero sono riprese a maggio, con persone che hanno prenotato anche per Natale. AirDNA fa un’analisi per città, secondo cui anche in Europa secondo c’è una crescita. Le prime città che si stanno riprendendo sono Napoli e Milano, non Venezia, Firenze, e Roma. Anzi, a Napoli e Milano i prezzi sarebbero in aumento. La situazione non è tragica come si pensava.”

Tra i motivi per cui un’espansione illimitata di Airbnb non è desiderabile per il benessere comune, c’è soprattutto il fatto che più l’azienda è presente in una città, più i prezzi degli affitti di quella città tendono a salire — anche per chi con Airbnb non ha niente a che fare. Sempre più proprietari trovano conveniente mettere i propri alloggi sulla piattaforma online a scapito degli affitti a lungo termine. E riducendosi l’offerta di questi ultimi, con una domanda invariata, i prezzi salgono. A Milano la situazione dei prezzi degli affitti è drammatica, con i prezzi che negli ultimi dieci anni sono quasi raddoppiati, e non sembra che la pandemia abbia avuto un vero effetto spugna — anzi, i prezzi starebbero continuando a crescere, con la politica locale che non sembra in grado di fronteggiare l’emergenza.

Airbnb, inoltre, ha annunciato che si quoterà in borsa. La stima del valore dell’azienda ha subito delle variazioni piuttosto brusche negli ultimi mesi. In occasione dei prestiti di cui parlava Gainsforth, la quotazione è crollata da circa 31 miliardi di dollari nel 2017 a “solo” 18. Secondo Gainsforth, “in realtà da qualche mese c’è un’aspettativa rispetto alla mossa di Airbnb di quotarsi in borsa, appunto perché i dati mostrano che si sta riprendendo.”

Con il rafforzarsi del turismo domestico sul piatto della bilancia, c’è una ricaduta che favorisce anche in Italia località rurali anziché le città. “In questo Airbnb è molto avvantaggiata rispetto al settore alberghiero perché ha molta più offerta, che sta andando molto bene. Fino a qualche anno fa il settore alberghiero era più forte, e aveva anche un peso nel lobbying economico più forte — aveva anche contribuito con varie campagne contro Airbnb. Ora che questo settore è in crisi Airbnb adesso effettivamente ha una posizione abbastanza dominante nel mercato.”

E le proposte di regolamentazione allo studio del Parlamento italiano? Ovviamente, è tutto fermo a causa della pandemia — e non solo: abbiamo già fatto notare come una buona parte della politica italiana non veda di buon occhio troppi paletti all’espansione di Airbnb. Ad esempio il ministro dei Beni culturali e del Turismo, Dario Franceschini, autore di una proposta di regolamentazione molto poco incisiva. “Franceschini nel 2017 aveva fatto un accordo con Airbnb per la rinascita dei borghi, non mi aspetterei nulla di positivo da lui. La sua proposta consisteva nello stabilire un limite di case che si sarebbero potute affittare: superando i tre alloggi si sarebbe diventati un imprenditore. Una cosa ridicola. Questa è una distinzione poi che esiste in molti regolamenti regionali e non avrebbe cambiato nulla, di fatto.” 

Eppure, sarebbe proprio questo il momento in cui fare qualcosa per limitare l’espansione e l’ascendente di Airbnb sulla società e sulla composizione delle città italiane. “Se non si fa qualcosa ora credo che quando riprenderà davvero il turismo sarà molto peggio di prima. Anzi, con la crisi che ci sarà e la quantità di inquilini morosi… A Roma finora 50 mila famiglie hanno chiesto il contributo all’affitto. Quanti altri proprietari preferiranno andare su Airbnb anziché avere inquilini stabili?” A Milano le famiglie che hanno chiesto un contributo all’affitto sono state circa 16 mila.

La sfida, quindi, è riuscire a fermare la corsa di Airbnb, e dei proprietari verso Airbnb, prima della ripresa del turismo di massa, o prima della diffusione su larga scala di un vaccino che farebbe tornare tutto “come prima.” Gainsforth conclude con una nota ironica e amara: “In città come Londra Airbnb viene usato sempre più per farci feste, o per attività illegali come deposito di droga o armi. Qui questo utilizzo ancora non sembra essere arrivato. Forse se Airbnb diventasse anche in Italia un problema di movida lo regolamenterebbero subito, lo bandirebbero dopo due giorni.”

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