Normal People

Se il romanzo di Sally Rooney ha generato opinioni contrastanti, il suo adattamento televisivo, realizzato da BBC Three in collaborazione con Hulu e disponibile in streaming dal 26 aprile, non può che mettere d’accordo tutti

Persone normali, il secondo romanzo di Sally Rooney pubblicato nel 2018 — in Italia nel 2019, da Einaudi —, è stato osannato o bistrattato senza vie di mezzo. Se da un lato Sally Rooney è stata annunciata come “il Salinger della generazione di Snapchat” e la voce dei millennial, dall’altro si è scontrata con una parte di critica che non trova una spiegazione valida a questo suo enorme successo. 

La serie resta fedele all’intento del libro. Nello scrivere la sceneggiatura Rooney ha avuto infatti un ruolo molto importante, anche se affiancata da Mark O’Rowe e Alice Birch (sceneggiatrice della seconda stagione di Succession/HBO) — con cui sta realizzando anche l’adattamento del suo primo romanzo Parlarne tra amici

La storia di Persone normali ci accompagna nella complessa relazione tra Marianne (interpretata da Daisy Edgar-Jones) e Connell (interpretato da Paul Mescal), che inizia durante l’ultimo anno di liceo, per proseguire all’interno di uno scenario completamente diverso, quello dell’università. L’inadeguatezza è un sentimento che corre lungo tutto l’arco della narrazione e che tocca entrambi i protagonisti. Se nell’ambiente liceale Marianne è presentata come sola ed ostile nei confronti dei suoi compagni, Connell è lo sportivo perfettamente integrato, schiavo di una reputazione che non gli appartiene ma che cerca in tutti i modi di difendere. All’università il gioco delle parti si inverte: mentre Marianne trova la sua dimensione, Connell si sente perso, non trovando nei nuovi compagni di corso la sintonia in cui aveva sperato. 

La coppia instaura una relazione alimentata da un’intesa magnetica, che pone sullo stesso livello attrazione fisica e mentale (si alternano spesso battute in cui è rimarcata questa stima reciproca: ciascuno dice dell’altro che è il più intelligente). Nel libro viene dato particolare risalto ai pensieri e all’emotività dei personaggi, e gli avvenimenti perdono quasi importanza in confronto al legame tra i due protagonisti. Quando si ha a che fare con una storia raccontata in questo modo, il passaggio allo schermo risulta meno facile e immediato. Tuttavia sia Daisy Edgar-Jones che Paul Mescal, nonostante siano agli esordi, sono stati capaci di ricreare quella chimica imprescindibile perché l’adattamento si potesse dire riuscito. 

– Leggi anche: Joe Exotic ha mentito anche sulle canzoni di Tiger King

L’arrivo di Sally Rooney ha segnato il panorama culturale irlandese: “C’è un prima e un dopo Sally Rooney” ha dichiarato lo scrittore e drammaturgo Sebastian Barry. Quindi la dimensione spaziale in cui la narrazione si svolge, la provincia irlandese e poi Dublino con il suo Trinity College, gioca un ruolo particolarmente rilevante. Questo aspetto è stato colto perfettamente durante la produzione della serie. La regia, infatti, è stata in parte affidata a Lenny Abrahamson (Room, 2010). Il regista, nato e cresciuto a Dublino, ha frequentato il Trinity College e intreccia quindi tratti della sua biografia con quelli della storia.

A circa metà della serie c’è un cambio di ambientazione con l’invito che Marianne rivolge a Connell e ai suoi amici di passare le vacanze nella sua villa estiva in Toscana. Girare la puntata al di fuori della propria zona sicura poteva rappresentare una trappola. Invece, dimostrando di non cadere in facili cliché, ha fornito un’ulteriore conferma della cura con cui è stato affrontato questo progetto.  

Persone normali si sviluppa in 12 puntate da 30 minuti. Il formato adottato da Abrahamson è insolito per una serie drammatica ma è stato frutto di una scelta precisa, come ha spiegato lui stesso: “In passato solo le sitcom erano da mezz’ora e se volevi raccontare una storia drammatica, doveva essere da un’ora. Ma ci è piaciuta molto l’idea di episodi brevi, perché ti consente di concentrarti sul singolo. Non si potrebbe avere la stessa densità di concentrazione per un’ora.” Ed è anche questo aspetto che permette alla storia di travolgere emotivamente lo spettatore, al quale non rimane che scegliere la modalità di visione più immersiva — il binge watching. 

I temi che si trova ad affrontare la serie, spesso appena tratteggiati nel libro, sono tanti e complessi: la differenza tra classi sociali, la violenza, il bullismo, il sadomasochismo. Sebbene non tutti siano indagati a fondo, mostrano comunque gli effetti che generano sulla relazione tra Connell e Marianne. 

L’intimità viene affrontata con una delicatezza e un realismo rigenerante

La differente classe sociale di provenienza gioca un ruolo importante, è infatti una delle cause del loro avvicinamento, dal momento che Lorraine, madre di Connell, lavora come donna delle pulizie per la famiglia, benestante ma disastrata, di Marianne. Questo aspetto viene rimarcato anche durante la loro esperienza al Trinity College. In questo senso, le scelte scenografiche sono accurate e realistiche: mentre l’appartamento di Marianne è spazioso, ben arredato e abitato solo da lei, quello di Connell è decisamente meno confortevole. 

– Leggi anche: Ultras dimostra che non basta saper fare bei videoclip per fare bei film

Inoltre l’intimità, altro aspetto fondamentale all’interno del libro, viene affrontata con una delicatezza e un realismo rigenerante. Come spiegato dalla stessa Sally Rooney, le scene di sesso all’interno del romanzo hanno una precisa funzione narrativa: “Quando sento la frase ‘scena di sesso’, penso a una scena di dialogo. Cosa vogliono dirsi questi personaggi? Non scriverò solo una scena in cui due personaggi si scambiano parole in modo casuale. Allo stesso modo, le scene di sesso devono effettivamente svolgere un ruolo drammatico.” Quindi una decisione rivelatasi centrale, è stata quella di affidare queste scene a una coordinatrice, che si occupasse di coreografarle in prima persona. Nonostante la scelta inizialmente preoccupasse Lenny Abrahamson, che temeva di ottenere un risultato perfettamente impacchettato per la produzione cinematografica post #MeToo, questa si è dimostrata vincente. 

Il compito è stato affidato a Ita O’brien, che aveva già collaborato alla realizzazione di Sex Education, un’altra serie che si è distinta per il suo approccio sorprendentemente sincero. La sua presenza ha contribuito ad affrontare una tematica spesso ignorata, il consenso. Il secondo episodio, in particolare, è la dimostrazione di come la rappresentazione di una relazione basata sul rispetto e la cura reciproca non impedisca di ottenere un risultato comunque estremamente sensuale. 

Questa stessa attenzione viene posta anche all’uso della nudità, sulla scia di quello che è accaduto con Euphoria lo scorso anno: c’è una uguale raffigurazione di entrambi i corpi e come è stato messo in evidenza dalla stessa Daisy Edgar-Jones: “Significa che c’è più parità dal punto di vista del genere.” 

L’adattamento è quindi riuscito su tutti i fronti e possiamo definirlo impeccabile. L’esito è il ritratto elegante e perfettamente calibrato di una relazione, che permette di portare a un livello ulteriore l’empatia provata durante la lettura del libro nei confronti dei personaggi. Vedere Persone normali in un momento così particolare, nel quale molte delle esperienze di intimità raccontate ci sono negate, in un certo senso contribuisce a rendere la sua visione un’esperienza ancora più coinvolgente dal punto di vista emotivo. 

– Leggi anche: Westworld e l’esplorazione del concetto di identità