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Nel centro di accoglienza allestito all’Hotel Sedra ci sono all’incirca 400 persone di cui la metà sono minori e bambini. Ci sono anche bambini molto piccoli.

Habab è in cammino da due anni, insieme al padre, la madre, il fratello maggiore, e due sorelle, più piccole di lui. Ha 10 anni e da tre non si siede sui banchi di scuola. Quando ci siamo incontrati, riproduceva i suoni delle lingue incontrate lungo il cammino. Rideva pronunciando “teshekular,” “grazie” in turco. Ha attraversato la Turchia, la Grecia, la Macedonia, il Montenegro e ora sta provando a oltrepassare la Bosnia.

Ha vissuto per molti mesi a Velika Kladuša, in una casa di fortuna,lasciata vuota dalle emigrazioni di questo Paese. Molte famiglie, a differenza sua, vivono all’Hotel Sedra, ex struttura alberghiera messa a disposizione per l’emergenza migranti nel luglio di quest’anno. La struttura è gestita dall’Organizzazione Mondiale per le Migrazioni (IOM) in collaborazione con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati e altre Organizzazioni Internazionali quali Save the Children, il Danish Refugee Council e Medici Senza Frontiere che operano al suo interno.

Non ci si può liberamente allontanare dal centro d’accoglienza, si deve mostrare la propria carta d’identificazione ad ogni passaggio, i minori devono attendere l’approvazione dei genitori perché da soli non possono uscire. Sono ospitate famiglie afgane, iraniane, irachene, siriane, pakistane e somale. Apprendiamo le logiche della struttura osservandola dall’esterno, appostandoci alla stazione di servizio situata di fronte all’Hotel e recuperando, così, le testimonianze delle persone che in quel posto vivono tutti i giorni.

Abbiamo inviato una richiesta ufficiale alle autorità che lo gestiscono, per verificare noi stessi le condizioni del centro, ma non abbiamo ricevuto alcuna risposta. Sono passate ormai più di due settimane.

“Ci sono all’incirca 400 persone di cui la metà sono minori e bambini. Ci sono anche bambini molto piccoli, non so come faranno a proseguire il loro viaggio. Sono preoccupata al pensiero di dover rimanere in questo posto tutto l’inverno.”

Madina ci racconta come si vive all’Hotel e molte altre voci si uniscono alla sua preoccupazione. Habab e la sua famiglia hanno già provato otto volte ad oltrepassare il confine bosniaco-croato. La nona è in corso in queste ore.


The Game è un reportage per documentare il “gioco” crudele a cui sono costretti i migranti che vogliono oltrepassare il confine tra Bosnia e Croazia. Leggi le altre puntate.

Il collettivo “Checkmate” è composto da due cineasti, Luca e Francesco e da Paolo, ex operatore d’accoglienza.  Se hai voglia di sostenere il progetto, partecipa alla nostra raccolta fondi e seguici su Facebook. Siamo online anche su Osservatorio Balcani e Caucaso.

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