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A guardarla sulla mappa, Bushwick è un rettangolo sbilenco e frastagliato, a est di Williamsburg, dove Brooklyn confina con il Queens. A visitarla la prima volta, Bushwick è un agglomerato di capannoni industriali, garage e edifici più o meno malridotti; le strade sono sporche, i graffiti sono meravigliosi.

A guardarla un poco meglio, Bushwick è un labirinto irresistibile di locali, giardini nascosti, autorimesse rimodernate in modaiole pizzerie, taco trucks, posti dove andare. A viverci, Bushwick è un parco dei balocchi per ventenni, dove tutto quello che puoi volere c’è, Manhattan non è poi così lontana, da Wyckoff avenue si può vedere la punta dell’Empire State Building infiammata dal tramonto, e si ha la sensazione più unica che rara di essere nel posto giusto al momento giusto. È il posto ‘hip,’ ‘cool,’ fico del momento, dove ci stanno gli artisti, i giovani, e dove aprono le discoteche nuove. Come ti dirà qualsiasi veterano, una decina di anni fa Bushwick era un postaccio. Ora gli affitti crescono vertiginosamente e un locale nuovo apre i battenti a ogni svoltare di settimana. Il quartiere sta in equilibrio sul suo momento d’oro, perché non sarà molto prima che inizi a declinare, lasciando il posto a qualche altro angolo di città ancora da coltivare.

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C’è chi dice Bed-Stuy, chi parla del Bronx. La linea L della metropolitana — soprannominata appropriatamente ‘hipster train’ — chiuderà ad Aprile, troncando il collegamento diretto con Manhattan. La gentrificazione feroce farà il suo lavoro, sradicando l’autenticità tanto amata dai gentrificatori, e gli affitti abbordabili.

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Diventerà insomma, dichiarano tutti con fatalismo, pettinata, costosa e senz’anima come è diventata Williamsburg, che vent’anni fa era tutto quello che Bushwick è adesso, e a sentire i nostalgici ancora di più. Ma nel frattempo perché non godere dell’evanescente momento di gloria.

Bushwick è meravigliosa, i deli vendono ancora i pacchetti di sigarette a metà prezzo, e gli autoctoni messicani grattugiano ancora enormi blocchi di ghiaccio per farne granite fosforescenti.

img_3224Negli scorsi dieci mesi, giorno più giorno meno, ho vissuto a Bushwick. A inizio di questo mese ho dovuto lasciarla per Harlem, che è più vicina a tutti i posti dove dovrò andare l’anno prossimo. La prospettiva di un nuovo quartiere e di un nuovo appartamento, non più maleodorante di cibo cinese perché non più collocato sopra un ristorante cinese, è deliziosa. L’addio è stato sorprendentemente nostalgico. E così ho deciso di stilare una breve, personalissima guida della mia Bushwick, che in nessun modo vuole essere esaustiva, o originale, ma un arrivederci al quartiere, che se tornerò a viverci tra un anno so già che sarà tutto cambiato.

I bar che più mi piacciono

Boobie Trap — come si può intuire dal nome, bar rosa shocking a tema ‘tette’. Riconoscibile dall’esterno per il piccolo stormo di fenicotteri di plastica assiepati all’angolo della strada. Giochi in scatola e serata bingo, dove una volta vinsi una mascherina per dormire con due raffinati occhi di ghepardo stampati sopra.

Left Hand Path — il bar preferito. Servono il prosecco in larghe coppe da champagne, e hanno un bellissimo giardino sul retro, dove farsi divorare dalle zanzare nei giorni caldi.

Carmelo’s — uno dei bar più economici di Bushwick (per 4 dollari ti danno una lattina di birra e uno shot di qualcosa), infatti sono tutti sempre barcollanti e ubriachi. Racchiude in sé un’atmosfera inspiegabilmente marcia e irresistibile, da locale universitario con i pavimenti appiccicosi, e sembra logorato dal tempo e dalle sbronze, nonostante Google mi dica che non è aperto da più di un anno.

Birdy’s — pinballc, illuminazione colorata che oscilla tra Stranger Things e Natale, tavoli all’angolo della strada che ti danno una breve ed evanescente sensazione di essere in Europa.

The Keep — parrebbe essere un negozio di antiquariato, o la casa di un collezionista seriale di stranezze, o un ritrovo cyber-punk. I martini sono buoni, la musica dal vivo pure e la domenica sera ballerine di burlesque si esibiscono sul bancone del bar.

Cibo

Lucy’s — vietnamita minuscolo, delizioso, ideale per i più gelidi inverni, quando la vetrina e gli occhiali da vista di appannano del vapore delle zuppe bollenti. Un singolo tavolo rosso con cinque sedie, ma in qualche modo si trova sempre posto.

Bunker — situato in quella zona di Bushwick più industriale, dove sei convinto di esserti perso e che non ci siano più tracce di case, persone, civiltà. Da fuori sembra una fabbrica, da dentro un chiosco tropicale. Cucina vietnamita più costosa e leggermente meno buona di quella di Lucy’s, ma hanno un delizioso gelato il cui gusto non mi ricordo, grigio e arancio pallido.

Union Pizza Works — Pizza e italiani e Bushwick.

Los Hermanos — Non si può stare a Bushwick senza mangiare tacos, i tacos sono ovunque, ad ogni angolo di strada, costano pochissimo e questi sono grossi e buoni. Sembra di essere in un posto dimenticato da dio in mezzo all’America del Sud, ventilatori ronzanti e tovaglie di plastica a fiori incluse.

BK Jani — barbecue pakistano talmente piccante da essere assolutamente intollerabile per me, ma adorato da palati più forti. Effettivamente, nonostante stessi lacrimando e trangugiando litri di acqua, la carne mi era parsa deliziosa – ma forse era tutto talmente piccante che avevo le traveggole.

Caffé e similia

Dopo mesi di approfondite ricerche, posso dire che ci sono due o tre posti con un caffè decente a Bushwick, e che è bene per tutti stare alla larga da Variety, covo di macbooks e caffè bruciati. I due o tre posti sono i seguenti:

Milk & Pull

Wyckoff Starr Coffee Shop

Cypress Inn Café — gestito da un’italiana. Se anche voi siete affetti dalla maledizione della celiachia, qui possono nutrirvi. Ottimo per metter su le tende per un paio d’ore e leggere/studiare/lavorare.

Molasses Books non ha un ottimo caffè, ma se dovessi iniziare a tesserne le lodi non mi fermerei mai. E’ una piccola libreria di usati, con due o tre tavoli dove i clienti stazionano principalmente a leggere o scrivere, e un bar dove si può prendere una tazza di caffè o tè per un paio di dollari, e un bicchiere di vino per poco più. Organizzano serate di scacchi, musica e letture. Stanno aperti dalla mattina alla a mezzanotte.

Pitanga — caffè discutibile, ma ottime Acai Bowls – per chi non si fosse ancora auto-gentrificato a sufficienza, ciotole di frutta, cereali e un gelato viola che non è gelato ma acai frullato e poi congelato e ha quasi sapore di gelato ma dicono che faccia benissimo e ti riempia di energia.

La spesa

Se, come il 99,9% degli italiani residenti a New York, si è terribilmente diffidenti di quasi tutti i prodotti che vendono i supermercati americani, e si stenta a comprare qualcosa che non abbia un’enorme ORGANIC a caratteri brillanti stampato sopra (poi alle tre di notte ci si abbuffa gioiosamente dei tacos al pollo radioattivo del taco truck stazionato sotto casa, ma questa è un’altra questione), fare la spesa a Bushwick può essere difficile. Whole Foods è a Williamsburg, e comunque costa un occhio. Trader’s Joe è a Manhattan, e comunque c’è sempre troppa gente in coda. I supermercati biologici di zona fanno firmare la modulistica per un mutuo all’ingresso, e così via. Ma non bisogna disperare.

Food Bazaar, alla fermata Myrtle-Wyckoff della metropolitana, ha una buona selezione di tutto a buoni prezzi, anche se personalmente mi terrei alla larga dalle confezioni famiglia di pollo e manzo del reparto carne. Un signore alticcio in un bar un giorno, non appena saputo che sono italiana, mi ha consigliato la macelleria Ridgewood Pork Shop, e, nonostante il mio aspetto tutt’altro che deperito,  ha aggiunto con aria triste che doveva essere difficilissimo per me mangiare a New York, dove niente è buono come in Italia. Un buon pane lo vende la pizzeria Ops. Frutta e verdura la si può trovare dal fruttivendolo messicano sul lato sud di Maria Hernandez Park. Irving Bottle vende vino, alcolici vari e tutti i dipendenti sono simpatici.

Menzioni speciali

House of Yes, casa dell’assurdo, del famoso ‘consenso entusiastico’, del glitter e del improbabile, dove le serate hanno nomi tipo ‘Meowstronauts at summer camp’, ‘Acid Mermaid Pajamarama Superbowl Trip’ e ‘Santa vs. Space dolphins.’

Bushwick Collective — a sentire un signore che dichiarava di essere esperto di graffiti, e di aver viaggiato a destra e a manca per vederne, tra la migliore collezione a cielo aperto di street art del mondo.

Syndicated — cinema, ristorante e bar, perché fare una cosa alla volta ci rende irrequieti. Affascinante selezione di film, tra il vecchio e l’appena uscito.

Maria Hernandez Park, IL parco di Bushwick


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