in copertina, foto stampa AstraZeneca
Quanto successo al vaccino di AstraZeneca rientra nella normalità delle procedure scientifiche — sono potenzialmente più preoccupanti i vaccini realizzati con tabelle di marcia molto affrettate, come quello russo
I test per il vaccino sviluppato dall’Istituto Jenner — l’istituto vaccinale dell’Università di Oxford — e da AstraZeneca sono stati temporaneamente sospesi. Ne ha dato notizia il giornale specialistico STAT, secondo cui uno dei pazienti a cui è stato somministrato il preparato ha avuto una seria reazione avversa — al momento non sono noti altri dettagli oltre al fatto che fortunatamente il paziente dovrebbe riprendersi. Con reazione avversa si indicano comunque tutti gli effetti indesiderati causati dall’uso del medicinale.
AstraZeneca ha confermato la notizia, specificando inoltre che la sospensione dei test è una misura volontaria e di routine quando si presentano episodi di questo genere. L’incidente, però, si tradurrà inevitabilmente in un ritardo sulla tabella di marcia auspicata dai governi mondiali per averlo a disposizione. L’Italia è tra i paesi europei impegnati ad acquistare 400 milioni di dosi di questo vaccino, che era considerato anche uno dei candidati possibili per la distribuzione entro i primi di novembre tanto desiderata da Trump, che spera di usarlo come potente arma elettorale.
Fin dallo scoppio della pandemia si è infatti innescata una sorta di “corsa al vaccino” tra le più o meno grandi potenze mondiali, qualcosa che ricorda vagamente la corsa allo spazio di mezzo secolo fa. Anche alla stampa italiana piace molto affrontare l’argomento come se fosse una competizione in cui il nostro paese deve cercare di prendersi la sua fetta di gloria, ad esempio con il vaccino sviluppato tra l’Ospedale Borgo Roma di Verona e lo Spallanzani di Roma. Spesso questi discorsi sfociano in una retorica insopportabile sulle cosiddette eccellenze italiane, quando i ricercatori meriterebbero e preferirebbero venire pagati puntualmente anziché incensati a mezzo stampa e poi poco valorizzati e sfruttati.
Gli esperti hanno più volte messo in guardia dal riporre eccessiva fiducia in soluzioni semi-miracolose, o addirittura in vaccini-lampo come lo Sputnik-V elaborato in Russia nelle scorse settimane, che il governo ha deciso di distribuire al pubblico parallelamente al procedere dei test su larga scala — dunque senza aspettare l’esito di questi ultimi, sostenendo che il vaccino è “sicuro.” L’utilizzo dovrebbe cominciare, secondo il ministero della Salute russo, nel futuro immediato. Visto che nessuno è nella posizione di fermare il regime putiniano dal mettere la bandierina sul primo vaccino del mondo, si può solo sperare che vada tutto bene.
Il vaccino russo, di per sé, non è strano, o evidentemente pericoloso: si preconfigura con la somministrazione di due dosi — come molti altri. Con una prima inoculazione di virus Ad26 — come il vaccino in sviluppo presso Janssen, di Johnson & Johnson — e una seconda di virus Ad5, come il vaccino sperimentale della cinese CanSino Biologics. Il problema, come viene ripetuto spesso, non è di per sé sviluppare un vaccino contro il virus che causa il Covid–19 — in tutto il mondo ci sono altri 167 candidati vaccini — ma produrre un vaccino sicuro, e farlo rapidamente.
La sospensione dei test del vaccino di AstraZeneca invece non è di per sé una notizia che deve destare paure — si tratta semplicemente di AstraZeneca che si comporta in modo responsabile. Ma l’incidente indubbiamente avrà effetti anche fuori dalla produzione di questo singolo vaccino — un dato di fatto che Trump vuole ignorare a tutti i costi. Martedì sera, durante un comizio elettorale in North Carolina, il presidente degli Stati Uniti è tornato a promettere che il vaccino sarà disponibile “tra poche settimane.” Per la seconda volta in due giorni, Trump ha attaccato i democratici per aver espresso dubbi sulla sicurezza di un vaccino sviluppato così in fretta: “Mettendo tantissime vite a rischio con la loro retorica antivaccinale.” L’ottimismo di Trump è stato respinto anche da Anthony Fauci, secondo cui la distribuzione del vaccino per i primi di novembre sarebbe “improbabile.” La settimana scorsa, in Italia, il ministro Speranza si era sbilanciato dicendo che le prime dosi del vaccino AstraZeneca sarebbero state disponibili entro la fine dell’anno.
In questo momento in tutto il mondo ci sono 37 candidati vaccini in diverse fasi di testing su esseri umani. Di questi, nove sono nella “Fase 3,” quella che prevede test di efficacia su larga scala. In seguito all’incidente di AstraZeneca e di fronte a pressioni politiche sempre più insistenti, nove aziende — tra cui AstraZeneca, appunto — che stanno lavorando allo sviluppo di questi medicinali hanno rilasciato un comunicato in cui si impegnano a “garantire l’integrità del processo scientifico” in questa fase complessa. Le aziende sottolineano che stanno testando i rispettivi candidati vaccini “secondo gli standard etici più alti e con solidi principi scientifici.” I firmatari infine si impegnano a non offrire i propri prodotti per autorizzazione di emergenza finché non si è dimostrata la loro sicurezza attraverso uno studio di Fase 3 “progettato e condotto secondo i requisiti delle autorità regolatrici.” Tra i firmatari ci sono anche Moderna e BioNTEch, le altre due aziende in lizza per il vaccino “Warp Speed” promesso da Trump.
Garantire un vaccino non solo rapido ma anche e soprattutto sicuro sarà fondamentale per non lasciare spazio a teorie complottiste e per smorzare la forza dei movimenti no-vax, che da sempre gettano dubbi sulla sicurezza di tutti i vaccini. Per questo bilanciare uno sviluppo rapido — per ovvie ragioni — con alti standard e metodi rigorosi è fondamentale: la diffusione di un vaccino non solo inefficace ma potenzialmente dannoso rischia di fare danni ancora più grandi di quelli diretti, solidificando convinzioni pericolosissime.