Le misure anti-coronavirus per i carcerati hanno causato violente rivolte che si sono estese ai penitenziari di tutto il paese, portando a evasioni e soprattutto morti in strutture non adatte a sostenere un’emergenza sanitaria.
Le nuove misure adottate dal governo per limitare la diffusione del nuovo coronavirus hanno colpito anche le carceri italiane, con norme restrittive soprattutto per quanto riguarda i colloqui con i parenti, attualmente sospesi fino al 3 aprile. Nello specifico, il decreto approvato dalla presidenza del consiglio dei ministri nella notte dell’8 marzo limita anche la libertà vigilata, sospende qualunque attività, compresi i servizi di istruzione e l’ingresso nelle strutture di volontari e persone esterne, mentre le udienze verranno eseguite via Skype, ma senza traduttori.
A destare maggiore preoccupazione, però, è la situazione igienico-sanitaria delle carceri e l’eventuale gestione di un’epidemia, viste anche le poche celle a disposizione per un isolamento dei soggetti in pericolo. “Le preoccupazioni sono comprensibili dato che le carceri non hanno una buona reputazione in fatto di livelli igienico sanitari” ha spiegato al Fatto Quotidiano Alessio Scandurra, coordinatore dell’Osservatorio di Antigone “e mi domando ciascuna struttura quanti eventuali contagiati sarà mai in grado di gestire.”
Va ricordato che le carceri sono sempre più piene di detenuti, mentre i reati continuano da decenni a essere in calo per tutto il paese. Una contraddizione che si spiega con l’inasprimento delle pene voluto dalla politica negli ultimi anni, con una retorica securitaria che sta inquinando anche il dibattito sulle rivolte di queste ore. Secondo il XVI rapporto sulle condizioni di detenzione, curato proprio dall’associazione Antigone, dal 2013 al 2017 la delittuosità è diminuita di quasi 100.000 reati su un totale di 3 milioni
Nel suo report annuale, Antigone aveva già sottolineato le sempre peggiori condizioni delle carceri: l’accesso all’acqua calda sanitaria non è garantito nel 35% degli istituti, mentre virus e infezioni si diffondono facilmente per via delle scarsissime condizioni igienico-sanitarie delle strutture che in molti casi non garantisco una doccia per cella, costringendo così i detenuti ad una “doccia a turni” in luoghi spesso ammuffiti e insalubri, come nelle ampie strutture di Torino e Napoli Secondigliano. Inoltre, in molte strutture le già molto ridotte attività ricreative che si possono svolgere in cella sono prossime allo zero.
Attualmente, ci sono state rivolte o sono ancora in corso proteste in 27 penitenziari del paese. Dopo i primi casi di sabato a Poggioreale (Napoli) e Salerno, ieri, sono scoppiate numerose rivolte in molte carceri, proseguite oggi con diversi detenuti che hanno occupato i tetti del carcere di San Vittore, a Milano, chiedendo più tutele per la salute e meno restrizioni riguardanti l’isolamento forzato dai pochi affetti che visitano i detenuti. La protesta è iniziata intorno alle 10:30 quando i detenuti hanno bruciato dei materassi all’interno del carcere, per poi salire in cima alla struttura intonando cori e urlando per spiegare la propria situazione, mentre un cordone di forze dell’ordine presiedeva la zona, che intorno a mezzogiorno è stata invasa da alcuni contestatori pacifici che chiedevano libertà per i detenuti. La protesta — che ha visto pure i detenuti intonare “O’surdato nnamorato” — si è conclusa intorno alle 13, quando i carcerati hanno affisso al tetto della struttura uno striscione che recitava una sola parola e richiesta: “Indulto.”
La situazione più critica però si è avuta nel carcere di Modena, dove sono morte sei persone, a quanto riportato per overdose di metadone. La protesta, che ha coinvolto oltre 100 reclusi, si è sviluppata con incendi di materassi e lancio di oggetti agli agenti di polizia penitenziaria, con diversi detenuti che hanno tentato la fuga, mentre altri si sono barricati dentro il carcere. Per reprimere la rivolta è stata necessaria una mobilitazione degli agenti delle forze dell’ordine, molti dei quali sono stati chiamati anche nonostante fossero liberi dal servizio.
A Pavia sono state prese in ostaggio — e poi liberate — due guardie carcerarie, ma in serata il procuratore Mario Venditti ha smentito dicendo che non c’è stato “nessun atto di violenza, nessun sequestro. C’è stata una gran confusione e alcuni atteggiamenti che sono stati equivocati.” A Foggia diversi detenuti sono evasi in seguito alla confusione generata dalle violente proteste relative alle nuove normative, ma anche al sovraffollamento delle strutture. Quella di Foggia è stata probabilmente una delle rivolte più violente di tutta la penisola: i detenuti non solo hanno preso il pieno controllo della struttura, occupando tetti e piazzale, ma hanno anche addirittura sfondato il cancello del carcere con le auto del personale di polizia. A Frosinone la protesta ha portato alla fuga di diversi detenuti, che sono tuttora in fuga, come riportato dal Segretario Generale del Coordinamento Nazionale Polizia Penitenziaria, Giuseppe Di Carlo.
A febbraio ci eravamo già occupati della situazione carceraria. Le strutture detentive italiane sono sempre più piene di detenuti e sempre più dimenticate dalla politica, che negli ultimi anni ha tagliato sostanziosamente i finanziamenti al sistema delle carceri. Di questi luoghi si parla soprattutto quando, come ha fatto il ministro Lamorgese per i piccoli spacciatori, si invocano “pene più severe” per questo e quel reato, dimenticandosi spesso che secondo la Costituzione il carcere ha una funzione tendenzialmente riabilitativa, e non punitiva.
Ieri Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, si è rivolto “a tutti i direttori delle carceri e a tutti i magistrati di sorveglianza affinché assicurino un contatto telefonico quotidiano dei detenuti con i propri famigliari e affinché più gente possibile, che sta scontando una parte finale della propria pena, possa accedere alle suddette misure alternative alla detenzione. È un grande sforzo che va fatto immediatamente, anche per allentare la tensione che sta crescendo negli istituti di pena, oltre che per riconoscere i diritti fondamentali.” Il presidente di Antigone ha anche ribadito la richiesta al governo riguardante “l’aumento della durata delle telefonate con i parenti e l’incentivo ad adottare misure alternative e di detenzione domiciliare.”
AGGIORNAMENTO 10/03/2020
Anche ieri nelle carceri di tutta Italia è stata una giornata di proteste: le rivolte si sono estese a Bologna, Padova, Isernia, Udine, Pescara, Melfi — dove i detenuti hanno preso in ostaggio sette persone — Prato, e varie altre città. A Foggia, dopo l’evasione di alcune decine di reclusi, ci sono ancora 34 ricercati. A San Vittore la situazione è parzialmente tornata alla normalità ieri pomeriggio, dopo che i detenuti sono saliti sul tetto esponendo uno striscione con la scritta “indulto.” A quanto pare, due reparti del penitenziario sono distrutti, e circa 400 detenuti dovranno essere spostati.
Il bilancio più tragico resta quello del carcere di Modena, dove ci sono sette detenuti morti (quattro di loro dopo essere trasferiti in altre strutture) e sei in prognosi riservata. La dinamica dell’accaduto è ancora poco chiara: secondo la versione dell’amministrazione penitenziaria, almeno due dei reclusi sono morti in seguito a un’overdose di farmaci trafugati dall’infermeria. Ma il timore maggiore era che il contagio da Covid-19 potesse diffondersi all’interno del carcere, e sembra che sia successo: proprio all’interno del carcere di Modena l’Ausl locale ha confermato che un detenuto è risultato positivo al tampone.
In tutto questo, il ministro della Giustizia Bonafede ha parlato soltanto ieri, e in maniera piuttosto piccata, con un discorso su Facebook che dimostra nessuna comprensione per le ragioni della protesta e nessuna empatia con le condizioni di vita dei detenuti, a cui ha consigliato di “mantenere la calma e rispettare le regole” perché “ogni protesta attraverso la violenza è solo da condannare e non porterà ad alcun risultato.” Domani il ministro riferirà in parlamento.
Una precedente versione di questo articolo riportava sei vittime anche nel carcere di Foggia, dove invece non ce ne sono fortunatamente state. Ci scusiamo per l’imprecisione.
in copertina, una colonna di fumo si alza dal carcere di Modena, via Twitter