foto: Euro-Med Human Rights Monitor
Dalla Striscia di Gaza continuano ad arrivare testimonianze raccapriccianti sul rinvenimento di fosse comuni vicino agli ospedali dove le IDF hanno condotto raid particolarmente violenti — la settimana scorsa all’ospedale al–Shifa, questa settimana al Nasser di Khan Yunis. Venerdì, parlando con Al Jazeera, un lavoratore della Protezione civile ha confermato la presenza di corpi esanimi di bambini tra quelli emersi vicino all’ospedale Nasser. La notizia ha ovviamente destato scandalo internazionale e le Nazioni Unite hanno auspicato l’avviamento di un’indagine indipendente, ma finora non ci sono stati sviluppi politici rilevanti in merito. Gli Stati Uniti insistono a dire che a indagare sulle stragi delle IDF dovrebbero essere le autorità israeliane — le stesse che sostengono che le fosse comuni siano una notizia falsa e che rispondono ai giornalisti chiedendo: “investigare cosa?”.
Contemporaneamente, si sono fatte sempre più intense le proteste in sostegno alla causa palestinese: dopo le molte proteste nelle università italiane, le immagini delle proteste nei campus statunitensi sembra stiano causando un effetto contagio globale, che vanno da Parigi a Sydney. Come scrive Iain Chambers sul manifesto, gli studenti sanno meglio di tutti che le agenzia di ricerca e le università, come tutte le altre istituzioni, “sono parte integrante di un apparato coloniale”: “Per evocare Hannah Arendt, stanno tirando fuori dai denti della storia ufficiale una narrazione più onesta e democratica della condizione umana.”
Un’asse di funzionari israeliani, opinionisti sionisti e giornalisti conservatori, però, hanno sfruttato la diffusione delle immagini delle proteste per cercare di coprire la notizia delle fosse comuni parlando di antisemitismo, una strategia ormai consolidata: lo scrive esplicitamente Jonathan Cook parlando del Regno Unito, mentre in Italia i media di destra hanno adottato l’espressione “propal” per bollare le manifestazioni studentesche e del 25 aprile in sostegno alla causa palestinese. Nel Regno Unito la narrazione secondo cui le manifestazioni contro l’aggressione di Gaza sarebbero “marce d’odio” sono diffuse da mesi, quando a Londra si tenevano le prime grandi manifestazioni contro il governo israeliano.