Palestinians inspect the damage following an Israeli airstrike on the El-Remal area in Gaza City

Dopo giorni di incertezza, il ministero dell’Interno ha emesso una circolare di pubblica sicurezza che invita le questure a rinviare ad altra data le manifestazioni in sostegno alla causa palestinese e di condanna all’aggressione israeliana della Striscia di Gaza previste per il Giorno della memoria — domani. La questione era stata anticipata dal ministro nel corso della conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri.

Secondo Piantedosi la misura “non significherebbe negare la libertà di manifestare,” perché le manifestazioni sarebbero ritardate e non cancellate. Secondo il testo della direttiva, se svolte in concomitanza con le manifestazione per il Giorno della memoria, le proteste “potrebbero assumere connotazioni lesive, sotto l’aspetto formale organizzativo e contenutistico, del valore nazionale che la Repubblica Italiana ha attribuito con la citata legge allo spirito commemorativo in favore delle vittime delle leggi razziali, nonché di condanna alla persecuzione del popolo ebraico.” “Nondimeno, le suddette manifestazioni potrebbero determinare, anche in relazione all’attuale contesto conflittuale internazionale, il sorgere di tensioni con il conseguente rischio di effetti negativi sulla tenuta dell’ordine pubblico e sociale.”

È ovvio che dal punto di vista dello stato le preoccupazioni per l’ordine durante la giornata di domani sono legittime, ma la decisione arriva dopo diverse dichiarazioni durissime da parte dei presidenti delle Comunità ebraiche di Roma e Milano, che avevano avanzato — in modo probabilmente strumentale — accuse di antisemitismo per cercare di limitare il diritto a manifestare di chi è contrario all’aggressione di Gaza. Victor Fadlun, presidente della Comunità di Roma aveva dichiarato che “la manifestazione pro-Palestina a Roma indetta per il 27 gennaio, Giorno della Memoria, sarebbe una sconfitta per tutti.” Walker Meghnagi, presidente della Comunità di Milano, aveva rincarato la dose, definendo la manifestazione pro–Palestina “un’iniziativa inquietante”: “Che nel Giorno della Memoria possano marciare persone e associazioni che vogliono un genocidio di ebrei ci pare vergognoso.” In seguito alla notizia della decisione del ministro, Fadlun ha ringraziato “per avere evitato questo oltraggio alla Memoria.”

Non serve specificare che le manifestazioni che chiedono il cessate il fuoco immediato e sostengono la causa palestinese non chiedono il genocidio della popolazione ebraica, ed è importante sottolineare che in questi tre mesi la comunità palestinese ha manifestato ogni sabato per chiedere il cessate il fuoco. Il presidente della Comunità palestinese di Roma e del Lazio Yousef Salman ha parlato di “un atto contro la democrazia”: “La lotta dei palestinesi non è contro gli ebrei, nonostante i sionisti affermino il contrario. Sono stati i nostri fratelli, abbiamo vissuto insieme a loro e vogliamo continuare a farlo.”

A Gaza: i cecchini fuori dall’ospedale al–Amal

Continuano gli attacchi delle IDF sulla Striscia di Gaza: sono continuati i bombardamenti diffusi su Khan Yunis, mentre il corrispondente da Gaza di Al Jazeera riporta che le IDF hanno stanziato cecchini fuori dall’ospedale al–Amal, che stanno aprendo il fuoco indiscriminatamente contro le persone che cercano di lasciare la struttura. Nella città di Gaza un attacco ha colpito un gruppo di persone che erano in coda per ricevere cibo distribuito nel contesto dei pochi aiuti umanitari che arrivano nella Striscia. Nell’attacco sono state uccise 20 persone, e ci sono almeno 150 feriti. Sean Casey, un coordinatore dell’OMS per Gaza, ha descritto la situazione nel nord della Striscia come “assolutamente orribile”: “Non c’è praticamente cibo disponibile, e tutte le persone con cui parliamo implorano per ricevere cibo.”

Oggi la Corte internazionale di giustizia comunicherà la propria decisione ad interim sul caso di genocidio avanzato dal Sudafrica. Sarah Shamim ha tracciato alcuni degli scenari possibili. Non è detto, ovviamente, che la Corte ordini un cessate il fuoco: potrebbe anche arrivare solo l’ordine di aumentare l’accesso agli aiuti umanitari — uno scenario che si tradurrebbe in una vittoria informale per il governo Netanyahu VI, che potrebbe fare promesse a riguardo senza che ci siano meccanismi perché garantire che vengano mantenute. Se arrivasse l’ordine di un cessate il fuoco, starà a Tel Aviv decidere se rispettarlo o meno. Non c’è possibilità di fare appello, ma uno stato membro del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite potrebbe portare l’ordine all’attenzione del Consiglio, che dovrebbe a quel punto esprimersi a riguardo — in quel caso, gli Stati Uniti potrebbero decidere di porre di nuovo il proprio veto.

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