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I rappresentanti di Israele e Sudafrica dibatteranno oggi al Palazzo della Pace all’Aia se le uccisioni di massa e la crisi umanitaria scatenate dal governo Netanyahu VI sulla Striscia di Gaza costituiscono genocidio. Pretoria sostiene che Tel Aviv abbia infranto gli impegni presi firmando la Convenzione sul genocidio di Ginevra. Nel documento consegnato alla Corte internazionale di giustizia, il Sudafrica sostiene che le azioni delle IDF sono “di carattere genocida” “perché sono pensate per causare la distruzione di una parte sostanziale del gruppo nazionale ed etnico palestinese.”

Israele nega ovviamente le accuse, ed è sostenuta a livello internazionale dai funzionari dell’amministrazione Biden. Il dipartimento di Giustizia ha pubblicato una nota del portavoce Matt Miller che sostiene che le accuse sono “infondate”: “Anzi, sono quelli che attaccano violentemente Israele che continuano a chiedere apertamente la distruzione di Israele e l’omicidio di massa degli ebrei.” In questi tre mesi di aggressione, le IDF hanno ucciso 21 palestinesi per ogni israeliano morto il 7 ottobre.

Alla vigilia dell’apertura del processo, il parlamentare del Likud Nissim Vaturi ha difeso la propria posizione secondo cui Gaza era da “bruciare subito” e che non aveva “nessuna pietà” per gli abitanti della Striscia, dove “non ci sono persone innocenti.” Le sue affermazioni sono le ultime di una lunga serie di dichiarazioni incendiarie rilasciate da membri del governo e parlamentari di coalizione.

Non serve specificare che un processo per genocidio sia una cosa grave — e che l’iter sia lungo diversi anni. Per questo, il Sudafrica ha chiesto che la Corte implementi “misure provvisorie,” che potrebbero comprendere anche un ordine di cessate il fuoco immediato. Una condanna è uno scenario insomma lontano, ma nell’immediato il governo Netanyahu VI deve preoccuparsi del fatto che la Corte potrebbe stabilire che ci sia una “plausibilità” nelle accuse sudafricane: questo sviluppo costituirebbe un danno irreparabile per la statura dello stato israeliano a livello internazionale e che porterebbe a conseguenze materiali rilevanti.

Secondo l’esercito israeliano dall’inizio dell’aggressione sono stati uccisi 8.500 combattenti — i sostenitori di Israele rifiutano il numero di morti contati dalle autorità di Gaza, ma in realtà quel numero (oltre le 23 mila persone) è con ogni probabilità una stima molto conservativa: ci sono anche più di 7.000 dispersi, molti dei quali morti intrappolati sotto le macerie di Gaza.

Mentre all’Aia ci si preparava a dibattere del caso, su Gaza le IDF stavano bombardando di nuovo nei pressi dell’ospedale al–Aqsa, e i carri armati delle IDF si avvcinavano all’ingresso del campo profughi di al–Maghazi. Il segretario di Stato statunitense Blinken, nel frattempo, si è recato a Ramallah e ha fatto visita al presidente palestinese Abbas, con cui ha parlato della possibilità che l’Autorità palestinese torni a governare la Striscia una volta che Israele abbia concluso la propria aggressione — Hamas controlla la Striscia dal 2007 a causa del declino di popolarità dell’Autorità palestinese.

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Il Palazzo della Pace, sede della Corte internazionale di giustizia. Foto CC BY–SA 4.0 Velvet
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