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Anche quest’anno alla COP la trattativa continuerà oltre l’ultimo minuto: le Nazioni Unite hanno pubblicato l’ultima bozza del testo dell’accordo avanzato dalla presidenza emiratina, e sono scoppiate subito polemiche ferocissime. Il documento infatti sembra uscito da un’altra realtà e non contiene nessun riferimento alla necessità di abbandonare progressivamente i combustibili fossili — quello che era espressamente l’obiettivo principale della conferenza climatica ONU di quest’anno. Tracciando i cambiamenti nella revisione dei testi, si può osservare come nell’ultima bozza non solo è stato rimosso il phaseout di tutti i combustibili fossili, ma è anche stato rivisto in generale il linguaggio, rimuovendo ogni riferimento ad azioni pratiche e sostituendole con incoraggiamenti e liste à la carte di azioni tra cui gli stati possono scegliere liberamente, senza obiettivi specifici.

La reazione alla pubblicazione della bozza è stata durissima: Al Gore, non esattamente un fondamentalista climatico, ha twittato che “questa bozza vergognosa sembra dettata dall’OPEC parola per parola,” e costituisce un documento “dei petrostati, per i petrostati.” Oxfam parla di uno “scandalo”: “L’attuale proposta della COP28 non fa neanche lontanamente abbastanza per impedire le morti di massa” causate dalla crisi climatica. L’Alleanza dei piccoli Stati insulari, l’organizzazione che rappresenta alcuni degli stati naturalmente più esposti agli effetti della crisi climatica, ha dichiarato che gli stati membri non firmeranno l’accordo: “Non firmeremo il nostro certificato di morte.” Un altro gruppo di stati — tra cui Australia, Regno Unito, Stati Uniti, Canada e Giappone — ha raccolto la denuncia, dichiarando che neanche loro saranno “co–firmatari” della “condanna a morte” dei dei piccoli stati insulari.

Anche l’Unione europea ha espresso il proprio disappunto: la ministra della Transizione ecologica spagnola Teresa Ribera Rodríguez ha descritto il testo come “insufficiente,” con passaggi che sono “completamente inaccettabili.” Le ha fatto eco la ministra dell’Energia francese Agnès Pannier-Runacher. La ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock ha sottolineato che la delegazione europea era preparata a rimanere oltre la scadenza della conferenza. Le critiche più morbide sono arrivate purtroppo dall’Italia — il ministro Pichetto ha dichiarato che “si può e si deve fare di più” — durante la COP28 l’Italia si è sostanzialmente schierata con chi vuole rallentare la decarbonizzazione.

L’arrocco di stati e grandi aziende legate ai combustibili fossili si fa sempre più duro e anche per quanto riguarda l’indipendenza dei principali media italiani, la situazione non è delle migliori: l’Espresso, storico periodico d’inchiesta e colonna della libertà d’informazione in Italia, è stato acquistato dal gruppo petrolifero Ludoil della famiglia Ammaturo. Il comitato di redazione ha appreso la notizia tramite il Giornale e ha emesso un duro comunicato: “Sarà compito del comitato di redazione — che opera col mandato dell’intera assemblea — vigilare e agire sempre a tutela del prestigio e dell’indipendenza della testata.” La testata andrà ad unirsi a un potente insieme di giornali di proprietà di aziende compromesse per quanto riguarda la crisi climatica e i combustibili fossili: Agi è di proprietà del gruppo Eni; la Repubblica e la Stampa sono di Gedi, a sua volta controllata dalla famiglia Elkann-Agnelli, il cui legame con Fiat e l’industria dell’automotive è cosa scontata da più di un secolo.

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copertina: grab via Twitter / @COP28_UAE

Blogger, designer, cose web e co–fondatore di the Submarine.

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