Martedì l’Assemblea generale delle Nazioni Unite si riunirà in una sessione d’emergenza per trovare una risposta all’aggressione israeliana della Striscia di Gaza. In una lettera al presidente dell’Assemblea Dennis Francis Egitto e Mauritania hanno fatto richiesta formale di convocare il meeting, invocando la risoluzione 377 dell’Assemblea Generale del 1950, indicata convenzionalmente come “Uniting for Peace.” Si tratta di un ulteriore passo che segna l’isolamento globale degli Stati Uniti e dei loro alleati nel sostegno all’aggressione israeliana: la risoluzione 377 era stato un tentativo da parte dell’Assemblea di bypassare il Consiglio di Sicurezza durante la guerra di Corea, quando l’opposizione tra Stati Uniti e URSS aveva paralizzato il Consiglio di Sicurezza. All’epoca, l’Assemblea aveva modificato il proprio regolamento, spiegando che: “Se il Consiglio di sicurezza, in mancanza di unanimità dei membri permanenti, non dovesse adempiere al suo compito primario di mantenere la pace e la sicurezza internazionali, qualora si profilasse una qualsiasi minaccia per la pace, violazione della pace o atto di aggressione,” allora “l’Assemblea generale dovrà occuparsi immediatamente della questione e indirizzare le opportune raccomandazioni ai Membri per deliberare misure collettive da adottare, incluso, se necessario, nel caso di una violazione della pace o di atti di aggressione, l’uso di forze armate, per mantenere o ripristinare la pace e la sicurezza internazionali.”
Nel frattempo, il Consiglio esecutivo dell’OMS ha approvato una risoluzione — la prima che un’agenzia ONU riesce ad adottare dall’inizio dell’aggressione — per sottolineare la “priorità universale” della salute, “in tutte le circostanze.” Per questo, l’OMS chiede che sia permesso “il passaggio immediato, continuo e senza restrizioni di aiuti umanitari, compreso l’accesso a personale medico.” Il documento chiede per l’ennesima volta a “tutte le parti” di “rispettare i propri obblighi di fronte alla legge internazionale.” Si tratta, ovviamente, solo di un punto di partenza. Il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus ha dichiarato che la risoluzione “non risolve la crisi, ma è una piattaforma su cui costruire”: “Senza un cessate il fuoco, non c’è pace. Senza pace, non c’è salute. Chiedo a tutti gli stati membri, e in particolare a quelli che hanno più influenza, di lavorare con urgenza per mettere fine a questo conflitto il più in fretta possibile.” Domenica è circolato su internet un video in cui alcuni soldati delle IDF davano fuoco a cibo e bottiglie d’acqua nel nord della Striscia di Gaza.
Il rischio che il conflitto si allarghi è sempre maggiore: le IDF e Hezbollah hanno condotto attacchi missilistici e drone nei territori da entrambe le parti del confine tra Israele e Libano. I bombardamenti dell’aviazione israeliana hanno distrutto cinque case, ma “per intervento divino” — citando un funzionario libanese — non ci sono stati morti. 5 persone sono rimaste ferite. Secondo la versione dei fatti israeliana, l’esercito avrebbe colpito obiettivi “terroristici” legati a Hezbollah.