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Niente atei, ma nemmeno nessun prof che conviva invece di essere sposato: le norme del Vaticano per gli insegnanti delle paritarie tagliano la Chiesa fuori dalla contemporaneità

La Congregazione per l’Educazione Cattolica, l’organo che si occupa delle scuole paritarie di stampo religioso, ha pubblicato un nuovo documento che vuole individuare alcune linee guida per gli istituti in relazione al credo religioso, orientamento sessuale e altri aspetti della vita privata. Il titolo anticipa che il documento è “per una cultura del dialogo,” ma la Congregazione è ferma in una lista di richieste che si traducono in “parametri necessari” per l’assunzione. Parametri che sono obbligatori anche per il corpo docente delle scuole pubbliche che insegna religione.

Le scuole cattoliche sono inquadrate come paritarie dal 2000 (Legge 62/2000). Sono quindi tenute a fornire “un progetto educativo in armonia con la Costituzione” e al loro interno valgono “contratti individuali di lavoro per personale dirigente e insegnante che rispettino in contratti collettivi nazionali di settore.” Nonostante ciò il documento della Congregazione per l’Educazione Cattolica dà a tali istituti grande libertà di azione, soprattutto in merito alle sanzioni e al licenziamento del corpo docente.

Questi provvedimenti si basano inoltre su una precisa interpretazione dell’identità cattolica. Secondo il documento l’identità cattolica non può essere attribuita solo a specifici ambiti e persone e non va associata a un codice morale e spirituale chiuso, ma quando si parla del comportamento dei docenti, ci si muove in una direzione inversa: individuando chi è cattolico e chi no sulla base di principi rigidi e discutibili.

Chi e che cosa è cattolico viene stabilito dall’alto, senza lasciare spazio alle scelte individuali di definire e gestire il rapporto tra le diverse identità che caratterizzano un individuo, fede inclusa. “La pretesa e presunzione del possesso dell’unica verità e l’unica visione retta del mondo è un atteggiamento che sta portando la Chiesa all’isolamento,” dichiara a questo riguardo Zaccheo, il gruppo pugliese di persone cristiane e LGBTQ+.

L’educazione cattolica è una questione di standard

Il testo redatto dalla Congregazione si basa sulla volontà di definire e mantenere rigidamente un’identità cattolica. Innanzitutto si rimarca la missione evangelizzatrice dell’insegnamento cristiano, che deve “coordinare l’insieme della cultura umana con il messaggio della salvezza, sicché la conoscenza del mondo, della vita, dell’uomo, che gli alunni via via acquistano, sia illuminata dalla fede.” Quindi, si stabilisce che ogni insegnante si debba “attenere alle condizioni della scuola cattolica e della sua appartenenza alla comunità ecclesiale.” In caso contrario, la scuola dovrà “prendere le misure appropriate” e “può essere disposta anche la dimissione.” Agli insegnanti è chiesto di distinguersi per “retta dottrina e probità di vita nella formazione delle giovani generazioni.”

In linea teorica, si parla a lungo di un atteggiamento “di apertura e di solidarietà,” già anticipato dal sottotitolo, “per una cultura del dialogo.” Viene espressa una certa consapevolezza relativa alla necessità di allineare l’insegnamento scolastico con le esigenze contemporanee. Si legge infatti che “la scuola cattolica vive nello scorrere della storia umana.”

Dopo una tale esaltazione del dialogo, della necessità di adeguarsi ed essere in linea con i bisogni contemporanei, emergono però con fermezza le linee guida da seguire per “i soggetti responsabili per la promozione e la verifica dell’identità cattolica,” cioè i membri della comunità scolastica e, in particolare, il corpo docente. 

Non è di certo una novità che i docenti degli istituti paritari – come anche gli insegnanti di religione cattolica – debbano dare prova della propria idoneità morale. Per agire in questa direzione viene innanzitutto consigliato agli istituti di redigere i principi comportamentali richiesti al personale: “Per la chiarezza, le scuole cattoliche devono essere munite di una dichiarazione della propria missione oppure di un codice di comportamento. Questi sono strumenti per la garanzia della qualità istituzionale e professionale. Occorre quindi rafforzarli giuridicamente tramite contratti di lavoro o altre dichiarazioni contrattuali dei soggetti coinvolti con chiaro valore legale.”

Il testo cerca di tracciare una linea di demarcazione, artificiosa, tra la discriminazione basata sul proprio credo religioso, orientamento sessuale o condotta di vita, e i principi base della scuola cattolica. “Si prende atto che in tanti Paesi la legge civile esclude una “discriminazione” [tra virgolette nell’originale] a causa della religione, dell’orientamento sessuale nonché di altri aspetti della vita privata.” Viene ricordata l’autonomia delle scuole cattoliche e, quindi, la possibilità effettiva di sanzionare o licenziare chi non rispetta il codice morale previsto dall’istituto.

Fuori dalle scuole paritarie: chi insegna religione

Il corpo docente delle scuole paritarie non è l’unico tenuto a dimostrare un’idoneità morale per esercitare la propria professione. Anche gli e le insegnanti di religione cattolica devono rispettare criteri precisi – oltre ai titoli di studio – indicati dal Codice di Diritto Canonico.

Quali sono i comportamenti considerati problematici? Vengono elencati e sottoscritti da chi vuole insegnare religione cattolica mediante un’autodichiarazione:

  • pubblica e nota dichiarazione di ateismo o di non appartenenza alla Chiesa cattolica;
  • pubblica e nota appartenenza a sette o gruppi religiosi contrastanti con l’insegnamento cattolico (es. Scientology, Testimoni di Geova, etc.);
  • le situazioni di legame con un’altra persona che contrastano con la morale cattolica: la convivenza “more uxorio” (cioè vivendo come se si fosse sposati); il matrimonio civile; l’essere conviventi o sposati civilmente dopo una separazione o un divorzio per cui non sussista la dichiarazione di nullità del precedente matrimonio sacramentale (non cade, dunque, in questo comportamento la situazione di separazione o divorzio senza convivenza o matrimonio civile successivo);
  • presbiteri che hanno abbandonato l’esercizio del ministero senza aver regolarizzato la loro situazione davanti all’autorità ecclesiastica competente;
  • pubblica e nota abitudine alla diffamazione di Dio e della Chiesa (es. l’abitudine alla bestemmia in pubblico);
  • pubblica e nota attività o abitudine a sostenere posizioni in contrasto con il Magistero della Chiesa, sia in materia di fede, sia in materia di morale (per esempio, sostenere l’aborto);
  • sentenza passata in giudicato per uno dei reati stabiliti dalla normativa italiana o internazionale, in particolar modo per quelli commessi nei confronti di minori con abuso di poteri o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio.

La violazione di uno o più di questi punti comporterebbe il licenziamento

Ci si può chiedere come un controllo così serrato dei docenti delle scuole cattoliche o di chi insegna religione negli istituti pubblici, possa rendere possibile il dialogo che la Chiesa sostiene di voler perseguire. Un’indagine dell’idoneità morale degli insegnanti rischia di ridurre la complessità dei modi di vivere la fede e delle intersezioni tra l’identità cattolica e altre identità. Come scrive Marco Ruggeri, diacono ed educatore professionale: “Cosa significa rispettare la Chiesa? Certo probabilmente un docente satanista non sarebbe auspicabile, ma potrebbe essere epurato un bravo insegnante omosessuale che vive una relazione di coppia? O un filosofo che sostiene posizioni oggi non accettate, ma che lo saranno in un prossimo futuro? E un divorziato risposato sarà costantemente attenzionato? Non è che ci diciamo sinodali, ma sotto sotto il metodo Putin ci piace un sacco?”

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