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L’economia italiana è stata travolta da una tempesta perfetta, tra postumi degli effetti economici dei lockdown, siccità e guerra in Ucraina. Mentre i prezzi continuano ad aumentare, la politica cerca una soluzione in tempi stretti, che però non esiste

Il consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità il Def, il documento fondamentale della programmazione economica del governo. Il testo prende atto del significativo peggioramento del quadro economico dovuto alla guerra in Ucraina: la previsione tendenziale di crescita del Pil per il 2022 scende dal 4,7% — che era stato ipotizzato a settembre — al 2,9%, e dal 2,8 al 2,3% per il 2023.

L’inflazione sta crescendo e la crisi colpisce soprattutto le famiglie meno abbienti, che di fronte all’aumento dei prezzi hanno meno margine per rivedere le proprie spese, dato che tendenzialmente consumano meno beni considerati superflui. In questa crisi la situazione si presenta ancora più preoccupante, dato che ad aumentare sono quei beni che già pesano di più sul conto delle famiglie più povere: prodotti alimentari ed energia.

L’aumento dell’inflazione è dovuto a diversi fattori e la crisi è trasversale, spiega Fabio del Bravo – responsabile area analisi Ismea – Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare – in una intervista per Today Economia. Il rialzo dei prezzi sulle materie prime si poteva già osservare prima dello scoppio della guerra in Ucraina, per diverse ragioni geopolitiche e finanziarie. In questa situazione di tensione dei mercati si è inserita la crisi sull’approvvigionamento energetico e alimentare, che ha rincarato la dose.

I prodotti alimentari che sono più soggetti al rincaro dei prezzi sono cereali, latte e derivati. I paesi occidentali contano su Russia e Ucraina non solo per l’approvvigionamento energetico, ma anche per quello di grano; forniscono rispettivamente un 20 e un 10 per cento delle esportazioni mondiali di grano. I prezzi della filiera alimentare aumenteranno dunque esponenzialmente in tutto il mondo, secondo l’Ocse dall’8.5% fino al +12.6 per cento in caso di blocco delle esportazioni agricole dell’Ucraina.

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