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Sulla Gazzetta Ufficiale saranno pubblicate domani le due lettere con cui il presidente della Camera Roberto Fico convocherà i 1009 grandi elettori chiamati a eleggere il presidente della Repubblica. Si saprà quindi anche la data della prima votazione — probabilmente il 24 o il 25 gennaio. L’incognita principale riguarda le misure anti-covid da prendere, ma è già stato escluso il voto a distanza.

Draghi al Quirinale, Franco a Palazzo Chigi

Nel cosiddetto “partito di Draghi” sta emergendo come preferenza maggioritaria quella dell’attuale premier al Colle, prenderebbe il suo posto il ministro dell’Economia Daniele Franco. La prospettiva delle elezioni anticipate sembra in questo caso improbabile per diversi motivi, in primis il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Per non perdere i fondi del Pnrr c’è infatti bisogno di un governo sulla stessa direzione del precedente: chi meglio di Franco, che sta anche acquistando visibilità? 

Il ritorno di Silvio Berlusconi

Berlusconi sta cercando di affossare l’opzione Draghi. Il leader di Forza Italia vuole arrivare al Quirinale — e secondo alcuni avrebbe già i numeri sufficienti per farlo alla quarta votazione. Questo se i voti degli altri gruppi riusciranno a compensare le defezioni a destra.

Non dobbiamo però dimenticare il suo curriculum giudiziario: l’ex Cavaliere vanta una condanna per frode fiscale, diverse prescrizioni e assoluzioni e processi ancora in corso che lo vedrebbero legato alla mafia.

Marta Cartabia

E poi c’è Marta Cartabia, ministra della giustizia che contenderà a Berlusconi i voti del centrodestra, potendo vantare autorevolezza e un profilo super partes. Il primato di una donna al Colle rischia di oscurare il conservatorismo di Cartabia, vicina al movimento cattolico Comunione e Liberazione. La giurista in passato ha preso posizioni contrarie ad eutanasia e aborto, e ha definito il matrimonio non-eterosessuale come una “pretesa di falsi diritti.”

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Il presidente della Repubblica viene scelto con voto segreto dai “grandi elettori”, ovvero i 951 parlamentari più 58 delegati regionali, tre ogni regione – tranne per la Valle d’Aosta, che ne ha uno solo. Nei primi tre scrutini serve un quorum dei due terzi, mentre a partire dal quarto basta la maggioranza assoluta. 

Se i numeri restano questi, nessuno dei due schieramenti ha una maggioranza sufficiente per eleggere da solo il presidente. Ago della bilancia saranno quindi i “centristi” di Italia Viva, Coraggio Italia e altre coalizioni minori, che potrebbero raccogliere 91 voti.

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in copertina elaborazione foto CC-BY-SA 3.0 The sandman84

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