villepinte

Il programma di Reconquête è destinato a polarizzare ancora di più il dibattito politico e la società francese sulla xenofobia e sul discorso anti-immigrazione. Éric Zemmour si è presentato a Villepinte come un candidato anti-sistema che vuole salvare la Francia dalle élites culturali e dai “benpensanti”

Con il comizio di Villepinte, il 5 dicembre Éric Zemmour ha aperto la propria campagna elettorale in vista  delle prossime elezioni presidenziali francesi con la presentazione del partito Reconquête“Riconquista.” Nel palazzo delle esposizioni del comune a nord di Parigi – circa 20 mila militanti dell’estrema destra francese si sono riuniti per salutare il progetto politico di Zemmour. All’esterno, molti degli manifestanti antifascisti che avevano già contestato l’ex polemista nel suo tour in giro per la Francia e in particolare a Marsiglia.

Il discorso di Zemmour è stato definito dai media francesi come “bellicoso,” sottolineando come il candidato dell’estrema destra non aiuterà a pacificare il paese. “L’immigrazione zero diventerà un obiettivo chiaro della nostra politica,” ha affermato Zemmour dal palco di Villepinte. Tra i buoni propositi per “salvare la Francia”: “Eliminare gli aiuti sociali agli stranieri extra-europei,” e “abolire l’aiuto medico di Stato” agli stranieri e ai migranti. Ha poi spiegato di voler eliminare anche lo “ius soli” ed “espellere sistematicamente tutti i clandestini presenti sul territorio francese.” Insomma, l’obiettivo – o capro espiatorio – è dichiarato: l’immigrazione è il nemico numero uno del partito Reconquête, con il sogno di poter “unire le classi popolari e la borghesia francese,” contro “i benpensanti: i media, il governo dei giudici e le elite culturali.”

Il video di presentazione della candidatura alle presidenziali – pubblicato sui social e su YouTube il 30 novembre – ha preceduto il battesimo di Villepinte. Nel video, realizzato in salsa degaullista con la greve colonna sonora della settima sinfonia di Beethoven, e nostalgico della Francia-bianca-che-fu: “Il paese di De Gaulle e Giovanna D’Arco, di Brassens e Lavoisier,” Zemmour parla così alle paure dei francesi. La Francia appare il Paese della paura, irriconoscibile e depotenziata della sua identità da (nell’ordine di apparizione delle immagini nel video): musulmani, donne che portano il velo, calciatori con il pugno chiuso in solidarietà con Black Lives Matter. Zemmour si presenta come un outsider, estraneo non solo alla sinistra ma anche alla destra. Un uomo anti-sistema, un messia che avrebbe la missione di riportare la Francia verso il suo “destino,” verso l’autarchia e contro il “terzomondismo.”

Zemmour ha fatto del proprio razzismo il motore principale della propria carriera come opinionista, e le sue idee non sono nuove — anzi, sono ancora radicate nella cultura e nelle istituzioni francesi, residuo di una storia coloniale che le istituzioni non hanno mai saputo affrontare. Zemmour è infatti un fermo sostenitore della teoria dell’assimilazione dei migranti, un’ideologia post–colonialista che contrappone al “separatismo.” Il sostegno all’assimilazione culturale dei migranti è strumentale per le tesi di Zemmour, perché gli permette di dichiarare che “alcuni” migranti, e specificamente le persone islamiche, non sono compatibili con gli ideali della Repubblica francese. La falsa premessa dell’“universalismo” della Repubblica è tradizionalmente utilizzato nella retorica conservatrice — anche fuori dall’estrema destra — per giustificare la sistematica repressione delle idee politiche di minoranze e frange non rappresentate nell’arco parlamentare.

Il pubblico ascolta Zemmour. Foto via Facebook

Il 5 dicembre, mentre Zemmour parlava ai suoi seguaci a Villepinte, la questura di Parigi contava circa duemila manifestanti che stavano sfilando per le vie della città per denunciare la candidatura dell’ex polemista. Lo staff del candidato ha riferito ad Afp che Zemmour avrebbe subito un’aggressione, con una ferita al polso e nove giorni di prognosi. Nei giorni scorsi, Zemmour era stato fortemente contestato a Marsiglia da una militante antifascista che si era avvicinata facendo un doigt d’honneur — il dito medio — al candidato dell’estrema destra, che ha ricambiato il gesto. La vicenda ha sollevato le polemiche, con Gabriel Attal, portavoce del governo Macron, che ha indicato Zemmour come “un candidato inadatto alla presidenza della Repubblica.” Il termometro delle proteste indica che la Francia può arrivare a una polarizzazione del dibattito intorno alla figura di Zemmour, ma non solo. Anche le proteste contro Emmanuel Macron, testimoniano che il malcontento della popolazione è più profondo e non è solo limitato alle vicine elezioni presidenziali.

Secondo gli ultimi sondaggi Zemmour raccoglierebbe il 14 % dei voti favorevoli nella corsa all’Eliseo, dietro a Marine Le Pen, che ottiene il 19% delle preferenze. La candidata del Rassemblement National resta dunque la sfidante più accreditata per la sfida al presidente uscente Emmanuel Macron. La terza candidata della destra francese è Valérie Pécresse, che concentra il 10% dei voti per il partito repubblicano. La destra disunita è sempre più estrema, con tutti i candidati favorevoli a soluzioni come “immigrazione 0” o “frontiere chiuse” e l’assimilazione culturale come priorità.

Il sistema elettorale francese, maggioritario con il doppio turno, prevede che solo due tra i candidati che avranno raccolto più voti potranno accedere alla ‘sfida diretta’. Se la Francia avesse un sistema elettorale misto come quello italiano – e presupponendo un’alleanza di destra come è ipotizzabile per l’Italia – la coalizione Zemmour-Le Pen-Pécresse otterrebbe il 44% dei voti. Anche la Francia si presenta come un Paese dove il pensiero nazionalista e xenofobo ha guadagnato terreno fino a spaccare la società.

Sostieni l’informazione indipendente di the Submarine: abbonati a Hello, World! La prima settimana è gratis

in copertina, foto via Facebook