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Dalla pandemia alla scarsità dell’acqua potabile, passando per i continui blackout: la fragilità della transizione democratica in Sudan è stata messa alla prova dalle condizioni economiche e sociali

Fino a poche ore fa pensavo che in questa puntata vi avrei raccontato delle proteste esplose a Khartoum nelle ultime settimane, delle difficoltà economiche del Sudan, e di come il governo di transizione fosse ancora in stallo dopo più di due anni dalla deposizione di al–Bashir.

Pensavo che il colpo di stato militare potesse essere solo uno degli scenari possibili di fronte alla spaccatura che divide il paese. E invece, oggi parliamo dell’ennesimo golpe militare della storia del Sudan.

All’alba del 25 ottobre, i militari, guidati dal generale Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan, presidente del Consiglio sovrano, hanno arrestato il Primo ministro Abdallah Hamdok, insieme a diversi altri ministri della componente civile del governo di transizione, tra cui il ministro all’Industria Ibrahim al-Sheikh e il ministro all’Informazione Hamza Baloul. È stato arrestato anche il governatore di Karthoum Ayman Khalid.

A partire dalle quattro del mattino l’accesso a internet è stato quasi completamente disattivato, poco dopo l’arresto di Hamdok — è una pratica ormai diffusa in momenti di crisi politica, in particolare nelle aree più delicate del mondo, lo abbiamo visto in Senegal, in Guinea, in Etiopia e in Iraq.

Ieri migliaia di persone sono scese in strada per protestare contro il golpe militare in Sudan, ma l’esercito ha immediatamente reagito con violenza: mentre scriviamo si parla di almeno 7 persone uccise e 140 ferite. 

Ma come si è arrivati al colpo di stato di ieri mattina?

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