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Non chiamatelo obbligo vaccinale

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Dopo settimane di dibattito sempre più radicalizzato, l’espansione del green pass voluta dal governo Draghi è la più aggressiva d’Europa. Ma anche questa volta la politica ha scaricato le responsabilità dei propri fallimenti sulle persone

Le anticipazioni sono state confermate: il nuovo decreto legge sul green pass, approvato ieri all’unanimità dal Consiglio dei ministri, prevede l’obbligatorietà, a partire dal 15 ottobre, del certificato verde per tutti i lavoratori del pubblico e del privato, inclusi i lavoratori autonomi, occasionali e volontari. In totale parliamo di una platea di circa 23 milioni di persone. L’onere di controllare il possesso e la validità del pass spetta al datore di lavoro: chi ne è sprovvisto rischia una multa da 600 a 1500 euro, la sospensione dal lavoro e dallo stipendio, ma non il licenziamento o altre conseguenze disciplinari — unica concessione ottenuta dai sindacati dopo l’incontro di mercoledì con il governo. I tamponi continueranno ad avere prezzi calmierati — 15 euro per i maggiorenni, 8 per i minorenni, gratis per i soggetti che non possono fare il vaccino — e sono previste sanzioni per le farmacie che non li applicano.

A proposito di tamponi, il governo è intenzionato ad accogliere la richiesta di estendere a 72 ore la validità dei tamponi molecolari, ma la modifica sarà inserita con un emendamento al “decreto bis,” che a breve dovrà essere convertito in legge. L’altra novità rilevante inserita già nell’ultimo decreto, invece, è che il green pass sarà valido subito dopo la prima dose, e non più dopo 15 giorni: un dettaglio che conferma lo scopo fondamentale del provvedimento — non tanto garantire direttamente la salute pubblica, dato che nessuno sviluppa la risposta immunitaria dopo un giorno dal vaccino, ma spingere gli ultimi indecisi a vaccinarsi rendendo sostanzialmente impossibile la vita a chi non è vaccinato.

Nella conferenza stampa successiva al Cdm — dove, nonostante l’importanza del provvedimento, Draghi ha deciso di non parlare — il ministro Brunetta ne ha parlato cinicamente in termini di produttività, citando la crescita del Pil e il fatto che “il capitale umano tutto vaccinato in presenza” non potrà che rafforzare questa crescita. Sulla stessa linea anche la ministra Gelmini, secondo cui l’obbligo del green pass garantirà “libertà e aperture.”

Una piccola polemica riguarda il green pass obbligatorio anche per i parlamentari e i membri delle altre assemblee elettive: il governo non può intervenire sui regolamenti di Camera e Senato, e quindi nel decreto si limita a invitare le due Camere ad adeguarsi — ma ovviamente c’è qualcuno che vorrebbe evitarlo. Il senatore di Italexit Gianluigi Paragone, ad esempio, si è già detto pronto a “forzare questa regola” ed entrare lo stesso in Senato.

E la Lega? Matteo Salvini continua a borbottare la propria contrarietà, ma ha deciso sostanzialmente di abbandonare la battaglia contro il green pass, convinto dagli esponenti “governisti” del partito a non percorrere una strada evidentemente impopolare.

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in copertina, elaborazione foto CC-BY-NC-SA 3.0 IT Presidenza del Consiglio dei Ministri

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