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La manifestazione di domani è solo una delle tante lotte contro le delocalizzazioni, mentre il decreto del governo che dovrebbe ostacolarle ancora non si vede

Sono passati due mesi da quando ai lavoratori della GKN Driveline di Campi Bisenzio (Firenze) è stato comunicato il loro licenziamento. La proprietà, che fa capo al fondo inglese Melrose, vuole esternalizzare la produzione nell’Est Europa. Dopo le prime proteste in estate, domani 18 settembre 2021, gli operai manifesteranno nelle strade di Firenze. Le richieste sono di non chiudere la fabbrica ancora operativa e che il governo intervenga con una legge sulle delocalizzazioni.

Da quando il 9 luglio è arrivata notizia della prossima chiusura degli stabilimenti GKN, multinazionale leader nel settore automotive, i lavoratori e le lavoratrici coinvolti – circa 500 famiglie – si sono attivati in una campagna contro le decisioni dei datori di lavoro. Riuniti nel collettivo di fabbrica , i lavoratori hanno conquistato la solidarietà di numerose realtà associative della società civile. La fabbrica oggi è in presidio permanente. Si fanno i turni e servizi d’ordine per mantenerla aperta, concludere i lavori e le consegne in corso (tra cui quelle a Stellantis). 

Quello che ha stupito della chiusura di GKN è che, dai racconti degli operai, non ci sono stati segni di crisi prima del messaggio ricevuto da Melrose — avvenuto in un giorno in cui i lavoratori erano fuori dalla fabbrica per un venerdì di permesso. Anche dopo le prime decise manifestazioni di dissenso, l’amministratore delegato di GKN ha confermato l’intenzione di chiudere la fabbrica, nonostante le prese di posizione della politica nazionale e locale. La FIOM ha depositato al Tribunale di Firenze la richiesta alla rimozione dell’atto di Melrose, secondo l’articolo 28 dello Statuto dei Lavoratori, per comportamento antisindacale dell’azienda.

“Insorgiamo” si legge come parola d’ordine delle manifestazioni di piazza, sugli striscioni e i volantini dei lavoratori fiorentini (disegnati da Zerocalcare): le stesse parole del canto della brigata partigiana Sinigallia che liberò Firenze — ci tengono a specificare dal collettivo. Nelle ultime settimane, delegazioni della GKN sono state impegnate in un tour in tutta Italia per spiegare le proprie ragioni e per organizzare l’evento di sabato. “La manifestazione serve a continuare a fare pressione, riempire i viali con tutte le persone che ci sono state vicine — ci dice Matteo Moretti, operaio della GKN e attivo nel collettivo di fabbrica  — per continuare a dare importanza alle nostre parole.” Quali? “Lo ribadiamo, quando diciamo non osate a far partire quelle lettere, ci rivolgiamo al fondo Melrose, certo, ma anche al governo: esigiamo che il governo decreti in maniera urgente sulla sospensione delle procedure di licenziamento in atto, è una decisione che serve, perché siamo in un momento di emergenza sociale, e si concentri sulla legge sulle delocalizzazioni.” 

Dopo quasi vent’anni (l’ultima fu con il Social Forum nel 2002), una manifestazione torna così sui Viali a Firenze  — importante snodo che circonda il centro storico  — con l’intenzione di riempirli. “Arriveranno tante realtà, dal nostro giro a livello nazionale abbiamo capito che si stanno organizzando molti pullman e delegazioni dalle più importanti città italiane”. Si parla di Roma, Milano, Siena, Padova, Venezia, Genova, Torino, Reggio Emilia, Lucca, Taranto, Ancona e Pavia. “Ci aspettiamo anche quelli del nostro sindacato, la Cgil, non solo con i delegati, ma anche con lavoratori: non stiamo lottando solo per noi, ma per tutti”, continua Moretti. L’attesa per domani è palpabile.

Il collettivo ha rivolto, infatti, l’invito a partecipare anche a tutti i precari che non hanno un contratto, “che non potranno mai dirsi licenziati”, ma che soffrono delle storture e le debolezze del mercato del lavoro. Come esprimono le parole di Dario Salvetti, altra voce della mobilitazione della GKN: «Noi stiamo così, e voi come state? Perché a volte c’è una cosa paradossale, noi fino al 22 settembre, ad oggi, sappiamo che abbiamo uno stipendio, e poi ci sarà il TFR e poi forse degli accordi. A volte quelli che ci vengono a domandare come stiamo, pure in questa situazione, stanno messi peggio di noi, perché magari, non lo dicono, ma hanno il contratto precario che gli scade questa settimana, magari il giornalista che mi viene a intervistare fa il pezzo a 5 euro l’ora, a cottimo. Quanto siete disposti ad andare avanti ad accettare questo? Nel nostro caso è stato un licenziamento in tronco, nel vostro magari farà meno rumore e allora siamo noi a chiedervi “come state?”»

E sul rapporto con Melrose, hanno le idee chiare: “Le parole sono finite, ci dice Moretti, abbiamo parlato anche con la viceministra Todde, anche lei riconosce la scorrettezza aziendale, ma non bastano più le conferenze stampa per dire come sono andate le cose, ci vogliono atti concreti.” E sui licenziamenti avvenuti via WhatsApp? “Non ci interessa soffermarci sui modi usati, è il dito che guarda la luna, non ci sorprendono più: vogliamo che tutti capiscano con quali interessi ha agito il fondo speculativo Melrose, mentre la nostra fabbrica non è in crisi e anzi utilizza metodi moderni, sani e produttivi”. 

Il fondo Melrose ha rilevato la GKN nel 2018, le perdite nel 2019 e 2020 sembravano riparate con il guadagno del 7% nel primo trimestre del 2021 e del 14% sul budget di previsione. Già ad aprile i due soci di Melrose vendevano le azioni dell’azienda ricavandone in totale 25 milioni di euro: ma l’obiettivo del fondo è probabilmente sempre stato la speculazione, migliorare per rivendere lo stabilimento. 

Dato lo scontento delle stesse istituzioni, a fine agosto il governo si era mosso con una bozza di legge per disciplinare la chiusura degli stabilimenti industriali (e aggiornare la disciplina sulla materia, ferma alla legge n.223 del 1991). Il riferimento giuridico di ispirazione è sembrato essere la Loi Florange, emanata da Hollande in Francia nel 2014 in piene elezioni per il caso di ArcelorMittal, che però ha avuto poco impatto nella volontà di delocalizzare di un’azienda. 

La multa del 2% sul fatturato per chi non vende è sparita dal decreto, così come la creazione di una black list per le imprese che hanno delocalizzato, complici le pressioni di Confindustria. Motivo per cui, gli operai di GKN hanno deciso di fare da soli: “In questi giorni abbiamo scritto una bozza di legge, che stiamo ancora articolando, con un team di giuslavoristi”, dichiara Moretti “La presenteremo presto, vogliamo che si scriva una legge con le nostre teste, non sopra le nostre teste”. 

Il caso GKN è quello che ha acceso più attenzione negli ultimi mesi, ma numerose sono le vertenze in atto nel settore industriale, che si accavallano dagli ultimi anni, tra diversi governi, senza una vera politica industriale definita. Si alternano tra le notizie di cronaca con i lavoratori della Whirlpool a Napoli, ad esempio, che hanno protestato i primi giorni di settembre per l’attesa chiusura della procedura di licenziamento collettivo. La multinazionale americana aveva deciso di chiudere nel giugno 2019, per delocalizzare, non rispettando gli accordi presi con il Ministero del Lavoro l’anno prima, grazie ai quali ha incassato dallo Stato quasi 100 milioni di euro: da allora sono oltre 400 i lavoratori che hanno perso il posto. Sempre del gruppo Whirlpool è l’ex Embraco di Riva di Chieri, vicino Torino: anche qui, dal 2018, è attesa la chiusura e i licenziamenti di 497 lavoratori, rimbalzando tra tavoli ministeriali e sottosegretari. A Mel (Belluno), c’è l’ex Zanussi, oggi Wanbao Acc di proprietà cinese, che un piano del governo voleva accorpare all’Embraco per un la creazione di un nuovo polo tecnologico (ItalCamp): 300 gli operai coinvolti, ma l’arrivo del ministro Giorgetti ha cambiato i progetti.

I primi giorni di luglio 2021, subito dopo lo sblocco dei licenziamenti previsto dal governo Draghi, è toccato invece alla Gianetti Ruote di Ceriano Laghetto, in provincia di Monza. Anche qui, la crisi non era attesa, sebbene una vera politica strategica mancasse da un po’. L’ultima proposta  è la cassa integrazione per 13 settimane e gli ammortizzatori sociali per i 152 lavoratori, per poi pensare ad un progetto di reindustrializzazione. Così anche il gruppo Elica a Fabriano, che ad aprile ha annunciato 400 esuberi (il 70% dei lavoratori di fabbrica) per il sito a Cerreto D’Esi in provincia di Ancona. Lascerebbe l’Italia: direzione Polonia. Nello stesso Paese, negli ultimi giorni è la notizia di trasferimento della Riello in Abruzzo, in provincia di Pescara, di proprietà Carrier. Storia simile l’ha vissuta, in Toscana, la Bekaert, ex-Pirelli a Figline Valdarno: 60 anni di attività e tre di lotte, ha chiuso la scorsa primavera con le ultime lettere di licenziamento per un centinaio di lavoratori, più di 300 le famiglie che non hanno potuto accedere agli ammortizzatori sociali, la produzione ora è in Romania. Siamo anche al nono anno di ammortizzatori sociali per i lavoratori dell’Alcoa, nel Sulcis in Sardegna: dopo dieci anni di battaglie, in attesa di un nuovo progetto industriale che partirà nel 2022, più di 600 operai dovrebbero ritrovare lavoro.

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in copertina, foto di Comincia Adesso via Twitter