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Il paese doveva essere sui binari della pace, e invece nelle ultime settimane è caduto quasi completamente sotto il controllo dei talebani. Ma cosa è successo? E perché l’occidente era così impreparato?

I talebani hanno annunciato di aver conquistato Kandahar, la seconda città del paese. Il governo afgano non ha ancora ammesso la sconfitta, ma fonti di Associated Press confermano che il gruppo avrebbe occupato il palazzo del governatore e le strutture di potere della città. Nel corso della giornata i talebani avevano conquistato anche le importanti città di Herat e Ghazni. In totale gli insorgenti hanno preso il controllo di 13 capoluoghi provinciali e stanno facendo pressione per chiudere i territori ancora contesi sia al nord che al sud. Di fatto, sotto il completo controllo del governo resta solo il centro del paese e la zona immediatamente circostante a Kabul. Una fonte dell’intelligence statunitense ha detto a Reuters che i talebani potrebbero isolare Kabul entro 30 giorni, e prenderne il controllo entro 90 — un’analisi che a prima vista poteva sembrare catastrofista ma che potrebbe rivelarsi persino ottimista. Oggi, il ministro della Difesa britannico Ben Wallace ha dichiarato a BBC News che a suo parere il paese stava andando inevitabilmente verso la guerra civile.

L’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari conferma che solo negli ultimi giorni migliaia di persone hanno lasciato le proprie case per cercare rifugio nella capitale: dal primo luglio al 12 agosto le organizzazioni umanitarie hanno contato più di 10 mila persone sfollate che hanno raggiunto Kabul. TOLOnews ha raccolto la storia straziante di una famiglia che, dovendo lasciare la propria casa, ha dovuto scegliere chi lasciare indietro, per mancanza di trasporto e risorse per tutti. Gli aiuti umanitari non riescono a raggiungere tutte le persone che ne hanno bisogno, per cui, in assenza di un programma governativo, il sostegno delle persone costrette a vivere in tende nella città ricade sulla società civile. Kamal Afzali ha raggiunto Wafi T. Latifi, un imprenditore di Kabul che sta cercando di coordinare i lavori di sostegno immediato per le persone che arrivano nella capitale.

Il rapidissimo collasso della situazione ha lasciato gran parte della comunità internazionale disarmata: gli Stati Uniti hanno mobilitato 3.000 soldati per assistere all’evacuazione dell’ambasciata statunitense di Kabul e di tutti i propri cittadini ancora presenti nel paese; fonti di Associated Press confermano che anche il Canada si sta attivando per inviare militari ed evacuare i propri cittadini. L’ambasciata di Washington ha rilasciato una serie di messaggi di allerta preoccupanti, istruendo i cittadini statunitensi a “lasciare l’Afghanistan immediatamente usando i voli commerciali disponibili.” Nonostante l’evacuazione, però, il portavoce del dipartimento di Stato Ned Price ha sottolineato che non c’è l’intenzione di chiudere l’ambasciata. La Germania è ancora più avanti di Stati Uniti e Canada, e già parla come se il governo afgano fosse caduto: il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas ha esplicitamente criticato il ritiro delle truppe statunitensi, dicendo che la Germania “non darà un centesimo” a un Afghanistan talebano, “in cui venga introdotta la Sharia.” Maas forse non ha presente che i due partner arabi principali della Germania — gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita — sono noti per la propria interpretazione particolarmente conservatrice della Sharia.

Ma quindi una soluzione di pace, o comunque politica, è ormai completamente fuori discussione? Il Primo ministro pakistano Imran Khan ha speso parole pesanti nei confronti della gestione della crisi da parte degli Stati Uniti, e ha specificato che i leader talebani gli hanno detto che non sono interessati a nessuna soluzione diplomatica al conflitto finché il presidente, Ashraf Ghani, non avrà dato le dimissioni. Gli Stati Uniti da tempo accusano il Pakistan di aver fornito ai talebani il sostegno necessario per sopravvivere durante i vent’anni di occupazione militare, ma le autorità pakistane da sempre negano, dicendo che si tratta di accuse volte a rendere più solida l’alleanza con l’India. Ieri gli emissari di Stati Uniti, Cina, e molti altri stati hanno firmato una dichiarazione congiunta al termine della sessione di trattative di pace a Doha, dicendo che la comunità internazionale non riconoscerà un governo “imposto con l’uso della forza militare.” I firmatari chiedono che gli scontri si fermino immediatamente, e promettono il proprio sostegno economico “alla ricostruzione” una volta che venga raggiunto un accordo politico “sostenibile.”

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in copertina, ripresa aerea di Kandahar. Foto CC-BY-SA Afgbeast