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La politica scopre la tragedia delle morti sul lavoro solo a intermittenza, quando accade una tragedia evidentemente odiosa. Il risultato? Secondo i dati dell’Ispettorato nazionale del lavoro il 79% delle aziende non è in regola con le normative sulla sicurezza

Per la morte di Luana D’Orazio — la giovane operaia deceduta lunedì mattina sul lavoro in un’azienda tessile del prateseci sono finora due indagati: l’incidente, secondo alcune prime ricostruzioni, potrebbe essere stato dovuto all’assenza di una saracinesca protettiva.

La storia di D’Orazio sta facendo molto rumore a causa della giovane età della vittima, che aveva solo 22 anni ed era madre di un bambino di 5 anni. Purtroppo, però, non è il primo caso di morte sul lavoro nella zona, e testimonia come la situazione delle cosiddette morti bianche sia solo peggiorata dall’inizio della pandemia. Lo scorso 2 febbraio un altro operaio del settore tessile pratese, Sabri Jaballah, aveva perso la vita schiacciato da una pressa. Cgil, Cisl e Uil hanno fatto notare che “ancor oggi si muore per le stesse ragioni e allo stesso modo di cinquant’anni fa: per lo schiacciamento in un macchinario, o per la caduta da un tetto. Non sembra cambiato niente, nonostante lo sviluppo tecnologico dei macchinari e dei sistemi di sicurezza. È come se la tecnologia si arrestasse alle soglie di fabbriche e stanzoni, dove troppo spesso la sicurezza continua ad essere considerata solo un costo.”

Nel 2020 si sono segnalati 1270 decessi sul lavoro: una media di quasi 4 morti al giorno, con un aumento del 16,6% rispetto al 2019 — nonostante la generale contrazione dell’economia. A questa statistica di vittime registrate, va inoltre aggiunto un numero imprecisato di morti sul lavoro nero, impossibili da quantificare. È quantificabile invece l’ulteriore aumento dei morti sul lavoro nei primi mesi di quest’anno: nei primi tre mesi del 2021 si sono contati infatti 185 decessi, l’11,4% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

Ieri il ministro del Lavoro Andrea Orlando ha ricevuto una delegazione dell’Anmil, l’Associazione nazionale lavoratori mutilati e invalidi del lavoro, per fare il punto sulle questioni più urgenti riguardo alle morti bianche e in generale agli incidenti sul lavoro, parlando dell’urgenza di rivedere il Testo unico sulle assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro e annunciando “confronto con tutte le associazioni coinvolte e con il sindacato, sull’attuazione del piano nazionale per la sicurezza.” Citando gli obiettivi del Recovery Plan, ha dichiarato che l’obiettivo “è di arrivare a giugno con piano per la sicurezza sul lavoro, una normativa sull’amianto avviata e una ricognizione delle modifiche alla normativa su invalidità e prevenzione.” Anche Giuseppe Conte ha detto che la morte di D’Orazio non può lasciare indifferenti, rilanciando l’idea di “riscrivere” lo statuto dei lavoratori del 1970.

Come fa notare Chiara Brusini sul Fatto Quotidiano, la politica — e in particolare il governo — scopre la tragedia delle morti sul lavoro solo a intermittenza, quando accade una tragedia evidentemente odiosa, per poi disinteressarsene completamente. È facile notare che dovrebbe esistere una Commissione monocamerale d’inchiesta sulle condizioni di lavoro e la sicurezza che è stata creata nel 2019 al Senato — ma che non è stata ancora costituita. Nonostante le parole di circostanza del ministro Orlando, il Pnrr si concentra ampiamente sulla salute e gli incoraggiamenti alle imprese, mentre manca qualsiasi incentivo alla tutela della salute dei lavoratori. Risultato: il tasso di irregolarità riscontrato dall’Ispettorato nazionale del lavoro nelle 10mila aziende ispezionate lo scorso anno per verificare il rispetto delle normative sulla sicurezza è del 79,3%.

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