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Il governo di Mario “i dittatori che ci servono” Draghi è stato finora silenzioso sui casi Zaki e Regeni, e per liberare il ricercatore non basta una mozione in Senato

Con una maggioranza bipartisan di 208 voti — soltanto i senatori di Fratelli d’Italia si sono astenuti — il Senato ha approvato l’ordine del giorno che impegna il governo “ad avviare tempestivamente mediante le competenti istituzioni le necessarie verifiche al fine di conferire a Patrick George Zaki la cittadinanza italiana.” Amnesty International ha commentato positivamente — lo sviluppo “dimostra che la vicenda è una priorità per il parlamento italiano”. La mozione non risparmia parole dure contro il regime egiziano, citando i depistaggi sul caso Regeni e le decine di migliaia di prigionieri politici, e impegna il governo anche ad adoperarsi “con maggiore vigore” perché l’Egitto provveda “senza ulteriori indugi” al rilascio del ricercatore dell’Università di Bologna.

La vicenda di Zaki ha ricevuto ampio spazio sui giornali negli scorsi giorni anche grazie alla testimonianza della sua fidanzata, che è riuscita ad incontrarlo in carcere e ha divulgato il suo messaggio di ringraziamento per il supporto che sta ricevendo dall’Italia, scritto a penna su una copia di Cent’anni di solitudine. In settimana, a Zaki è stata rinnovata la “custodia cautelare” per altri 45 giorni, a causa della quale è prigioniero del regime di Sisi da più di un anno. La fidanzata ha detto di averlo trovato in quelle che sembravano buone condizioni di salute, ma avrebbe perso la speranza di tornare libero.

Rispetto alle due mozioni iniziali, però, l’ordine del giorno di ieri è stato attenuato con le raccomandazioni della viceministra agli Esteri Marina Sereni (Pd), con un riferimento alla necessità di “verificare tutte le condizioni” per il conferimento della cittadinanza. Il testo precedente impegnava semplicemente il governo a intraprendere “tutte le dovute iniziative affinché a Zaki sia riconosciuta la cittadinanza.” Secondo la stessa Sereni, che ha parlato in aula, la misura potrebbe essere “priva di effetti pratici a tutela di Zaki” e potrebbe rivelarsi “controproducente,” dato che Zaki è cittadino egiziano e quindi “prevarrebbe la cittadinanza originaria.” Sereni ha detto che il governo “segue con la massima attenzione il caso Zaki sin dalle prime ore successive all’arresto del giovane e condivide le preoccupazioni espresse dalla mozione.”

Il governo in realtà finora è stato piuttosto silente sulla vicenda, e continua a tenere un basso profilo con l’Egitto di al-Sisi. In base alla legge 91 del 1992, la cittadinanza può essere concessa a chi “abbia reso eminenti servizi all’Italia,” o quando “ricorra un eccezionale interesse dello stato.” In questo caso, deve essere il presidente della Repubblica a firmare un decreto, “dopo aver sentito il Consiglio di Stato e previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’Interno.” L’iniziativa insomma deve partire dal governo, e il fatto che si sia arrivati a una mozione parlamentare è già un fallimento: l’esecutivo avrebbe potuto muoversi già mesi fa, quando sono state firmate le prime lettere aperte e le petizioni per chiedere lo stesso obiettivo.

“Il parlamento ha battuto un colpo,” commenta il portavoce di Amnesty Italia Riccardo Noury, “ora tocca al governo.” “Non si può però però non rilevare l’incoerenza di un esecutivo che pur dimostrandosi, con l’impegno assunto oggi, preoccupato per le sorti di Patrick Zaki, ha proseguito letteralmente fino a ieri e senza soluzione di continuità i propri rapporti con un governo repressivo com’è quello del presidente al-Sisi.” Meno di una settimana fa, infatti, è partita per l’Egitto anche la seconda fregata Fremm venduta al Cairo nell’ambito della maxi commessa militare da oltre un miliardo di euro siglata l’anno scorso dal governo Conte.

L’atteggiamento del governo italiano è reso ancora più problematico dal fatto che, ovviamente, resta aperta con l’Egitto anche la questione Regeni. Tre nuove testimonianze al vaglio della procura di Roma accusano i servizi segreti egiziani di essere gli autori del sequestro, della tortura e dell’omicidio del giovane ricercatore, e permettono di ricostruire come i servizi egiziani abbiano inscenato — con scarso successo — una rapina “finita male” per provare a depistare le indagini.

In aula era presente per votare anche la senatrice a vita novantenne Liliana Segre, cofirmataria della mozione. “Avendo provato io ad essere prigioniera, a stare in una prigione italiana con una porta chiusa, mi ricordo che non sapevamo, noi che eravamo dentro, se preferire essere isolati, o se quella porta fosse meglio aperta. Oggi sono una vecchia signora, potrei essere la nonna di Zaki, e come tale, come nonna, ho voluto venire a dire la mia parola.” “Ho fatto questo viaggio — ha aggiunto — perché ci sono delle occasioni in cui uno deve vincere le forze che non sono sempre brillantissime. Sarò sempre presente almeno spiritualmente quando si parla di libertà.”

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