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Sostenere la lotta dei lavoratori della filiera di Amazon è fondamentale: solo con l’aiuto dei consumatori è possibile scalfire la posizione monopolista dell’azienda, che la pone saldamente al di sopra della legge

Oggi si terrà il primo sciopero della logistica italiana che coinvolgerà tutta la filiera di Amazon — non soltanto gli impiegati diretti della grande multinazionale dell’e commerce, ma anche tutte le aziende collaterali e appaltatrici a lei direttamente legate, che costituiscono una parte fondamentale del sistema-Amazon. I lavoratori potenzialmente coinvolti saranno circa 40 mila. Amazon è ormai qualcosa di così enorme che ottenere migliori condizioni di lavoro per i suoi impiegati è una materia di interesse comune. Dunque, i lavoratori e Federconsumatori hanno invitato a non comprare nulla su Amazon per oggi.

Con una lettera agli utenti, la scorsa settimana anche i sindacati confederali hanno chiesto direttamente il sostegno di tutti i consumatori per lo sciopero. “Lavoratori e lavoratrici indispensabili, così vengono continuamente definiti da tutti, ma come tali non vengono trattati,” secondo i sindacati. “I driver che consegnano la merce arrivano a fare anche 44 ore di lavoro settimanali e molto spesso per l’intero mese, inseguendo le indicazioni di un algoritmo che non conosce né le norme di regolazione dei tempi di vita né tanto meno quelli del traffico. Dentro i magazzini si lavora 8 ore e mezza con una pausa pranzo di mezz’ora, ma nessuna verifica dei turni di lavoro, nemmeno nei magazzini di smistamento. Nessuna contrattazione, nessun confronto sui ritmi di lavoro e per il riconoscimento dei diritti sindacali.”

Nonostante l’impulso agli acquisti online ricevuto dalla pandemia, il settore della logistica continua a registrare storie e dati di sfruttamento, paghe basse e precariato. L’unico metodo valido per costringere le grandi multinazionali statunitensi a concedere ai lavoratori quanto quanto spetta loro si è dimostrato essere finora lo sciopero duro, come quello messo in atto dal Si Cobas alla Tnt-FedEx di Piacenza. Lo sciopero di oggi è stato invece organizzato dai sindacati confederali: il fatto che anche Cgil, Cisl e Uil, in genere meno dure dei sindacati autonomi, abbiano deciso di lanciare un’operazione su così vasta scala, mostra quanto sia inaccettabile la situazione per i lavoratori di Amazon. Allo sciopero si è unita parlando di “giusta ribellione” addirittura Ugl, la sigla sindacale molto vicina alle aziende del food delivery spesso criticata per le sue posizioni spesso assimilabili agli interessi delle società.

— Leggi anche: La repressione politica dei lavoratori della logistica a Piacenza 

Se nel pieno della pandemia, e fuori dalle città, spesso è difficile riuscire a boicottare completamente Amazon, è giusto fare uno sforzo attivo per usufruire il meno possibile dei servizi dell’azienda fondata da Jeff Bezos, e partecipare allo sciopero di oggi senza ordinare niente. Abbiamo provato a elencare alcuni dei motivi per cui è fondamentale boicottare il negozio online:

I rincari per lucrare sulla pandemia

La pandemia ha reso ancora più complesso evitare di servirsi del negozio online. Non può sorprenderci che l’azienda sia il più grande affarista della pandemia al mondo, avendo visto entrate senza precedenti durante il corso dell’ultimo anno. Queste entrate però non hanno portato a migliori condizioni di lavoro per i dipendenti, e nemmeno prezzi più accessibili per i clienti. Quella di Amazon è sembrata una vera e propria speculazione — i guadagni non sono aumentati semplicemente perché sempre più persone usano il sito internet per fare gli acquisti. Negli Stati Uniti un report di Public Citizen ha svelato che Amazon ha praticato una puntuale strategia di rincari su beni di prima necessità, addossando la responsabilità ai rivenditori di terze parti, senza fare nulla per fermarli. Secondo la no profit statunitense, il comportamento di Amazon potrebbe configurarsi in rialzo fraudolento dei prezzi, ma non essendo vigente negli Stati Uniti una legge federale a riguardo, probabilmente non ci saranno conseguenze legali.

Un’azienda al di sopra della legge

Il caso riportato da Public Citizen non è un’eccezione, anzi: Amazon, come le altre grandi multinazionali della Silicon Valley, ha raggiunto dimensioni grazie alle quali è effettivamente al di sopra delle leggi nazionali. Questo gli permette, ad esempio, di mettere in atto schemi ai limiti dell’elusione fiscale, pagando pochissime tasse in proporzione a quanto guadagna. Secondo un report di Fair Tax Mark, che ha misurato 100 miliardi di tasse non pagate negli Stati Uniti da parte delle grandi aziende della Silicon Valley, Amazon è, con un buon margine, quella che in proporzione paga meno tasse.

Amazon contro l’ambiente

La distribuzione rapidissima e al dettaglio di Amazon è estremamente dannosa per l’ambiente: nel 2019, prima ancora che il mondo si fermasse di fronte alla pandemia, il carbon footprint dell’azienda stava già crescendo in modo smisurato, con un aumento delle emissioni del 15%. Nel corso dell’anno, il gigante dello shopping è stato responsabile dell’emissione di 51,17 milioni di tonnellate di diossido di carbonio. Non è possibile tracciare un percorso preciso della crescita delle sue emissioni, perché i primi dati sono solo dell’anno precedente — 44,4 milioni di tonnellate. Amazon ha iniziato a pubblicare questi dati proprio grazie alla pressione esercitata dai propri dipendenti, che la accusavano di non fare abbastanza per combattere il cambiamento climatico. L’azienda ha presentato un piano per convertire la propria filiera ad energia solare entro il 2025, ma poi, silenziosamente, ha licenziato i due dipendenti che avevano guidato la lotta per maggiore trasparenza ambientale.

Il rapporto con la sindacalizzazione

Negli Stati Uniti, dove la lotta sindacale è ancora più complessa che in Europa, proprio in queste ore sta iniziando l’ultima spinta dei lavoratori di Bessemer, in Alabama, per sindacalizzarsi. I voti, per stabilire la possibilità di formare il sindacato, dovranno essere consegnati entro il 29 — Amazon si era opposta al voto postale per la raccolta dei voti, avanzando sostanzialmente le stesse falsità che Trump aveva usato in campagna elettorale. Il risultato non riguarda solo i lavoratori di Amazon in Alabama, ma l’intero movimento progressista negli Stati Uniti. Se il voto sarà approvato, infatti, si tratterà del primo sindacato di dipendenti di Amazon negli Stati Uniti dalla fondazione dell’azienda, 27 anni fa. Le condizioni di lavoro negli stabilimenti, dettagliate anche di fronte al Senato, sono ormai note, ma senza un’organizzazione capillare dei lavoratori – la stessa che stiamo vedendo all’opera in Italia — è impossibile aspettarsi che ci siano cambiamenti.

Cosa vuol dire boicottare un monopolio

È difficile giustificare il boicottaggio continuativo di un’azienda che ha raggiunto strutturalmente il ruolo di un monopolio: i rapporti di forza non funzionano così — il boicottaggio non ha il potere di danneggiare economicamente l’azienda, che non sente l’impatto del nostro impegno individuale, per cui deve essere usato in modo chirurgico, per accrescere il potere contrattuale dei lavoratori che oggi scioperano. Il successo della campagna di boicottaggio che si è svolta a inizio mese in Alabama dimostra che è un modello che funziona, ma che richiede livelli di coordinamento e organizzazione tra lavoratori, consumatori, e filiera adiacente che negli ultimi anni non si sono mai visti — l’organizzazione del boicottaggio, infatti, non può partire dal sindacato, ma deve crescere organicamente attorno alla battaglia dei lavoratori. Entro i limiti noti del nostro sistema economico, insomma, il boicottaggio chirurgico è uno strumento di grande efficacia, perché evidenzia in modo innegabile una contiguità di interessi tra lavoratori e consumatori che l’azienda è ideologicamente portata a ignorare.

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