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Oggi tutti parlano di Emiliano Zappalà, felice rider che guadagna più di 2 mila euro netti al mese. La sua storia, però, fa acqua da tutte le parti

Bello fare i rider, vero? O, almeno, questo è ciò di cui provano a convincerci le principali aziende del settore, nonostante la cronaca racconti un umore ben diverso tra i lavoratori: turni massacranti, paghe ridotte all’osso, alto rischio di infortuni e poca tolleranza verso rimostranze sulle condizioni di lavoro — oltre che discriminazione da Trenord, per quelli di Milano.

Sembra esserci solo un rider in Italia particolarmente soddisfatto e felice del suo lavoro: Emiliano Zappalà, che fa il rider a Roma. Sarà perché, a suo dire, guadagna addirittura dai 2 ai 4 mila euro al mese. Riporta così, sulla Stampa, Antonella Boralevi, in un articolo d’opinione che sta facendo molto discutere in queste ore:

Aveva aperto uno studio di commercialista, il covid gliel’ha fatto chiudere. E lui, invece di chiedere il reddito di cittadinanza, si è messo a lavorare.

Da quasi un anno, il Dottor Zappalà è un rider di Deliveroo. Cioè fa circa 100 chilometri al giorno in bicicletta, con un borsone giallo sulle spalle e consegna pizze e pranzi e spesa. Guadagna 2000 euro netti al mese e, certi mesi, anche 4000. Uno stipendio da manager. Ed è felice.

Boralevi passa poi a intavolare un discorso moraleggiante — e un po’ passivo aggressivo — su coloro che prendono invece il reddito di cittadinanza, che insomma sono davvero degli sfaccendati: 

La dignità è il rispetto di sé. Ed ecco i dati sul reddito di cittadinanza all’ottobre 2020. Lo ricevono due milioni e centomila persone. Di queste, solo il 2% ha trovato lavoro In tutto, chi ha lasciato il reddito di cittadinanza per mettersi a lavorare sono 40.000 (quarantamila ) persone. Ecco, il Dottor Emiliano Zappalà io credo che ci dica parecchie cose da tenere in considerazione. 

Complimenti al Dottor Emiliano Zappalà, insomma. Ma siamo sicuri che facesse effettivamente il commercialista e sia poi passato a fare il rider? 

La fonte è un’intervista pubblicata il 15 gennaio sul Messaggero (se ne può leggere una trascrizione su Dagospia), che poi Boralevi ha ripreso per il proprio articolo sulla Stampa.

Di Emiliano Zappalà però sui social network non sembra esserci traccia, né sembra possibile risalire con certezza al suo passato da commercialista. Diversi utenti  su Twitter, al contrario, fanno notare che nessuna persona con questo nome risulta iscritta al momento all’ordine dei commercialisti. Si sarà tolto — si potrebbe obiettare — visto che è così contento di fare il rider: “All’inizio dello scorso anno ho chiuso lo studio che avevo avviato da poco, oggi guadagno in media più di duemila euro netti al mese e sto pure mettendo da parte i soldi per aprire un mutuo e comprare casa con la mia compagna.”

Un rider chiamato Zappalà — ma Emanuele, non Emiliano — però esiste, ed era già in sella per Deliveroo nell’ottobre del 2019, quindi ben prima che la pandemia potesse fargli chiudere qualsiasi studio da commercialista. Stando al suo profilo Linkedin, Zappalà lavora per Deliveroo dal 2018 — ed è sempre stato molto entusiasta della propria professione di fattorino, tanto da rilasciare numerose interviste al riguardo. Così entusiasta da scendere in piazza per manifestare contro il decreto Dignità, varato dall’ex ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, per la tutela dei lavoratori che utilizzano le piattaforme digitali. 

Durante una manifestazione contro l’introduzione di una paga oraria fissa al posto del cottimo, Emanuele/Emiliano Zappalà — indicato dalla testata il Metropolitano come uno degli organizzatori della manifestazione stessa — si lancia in un interessante monologo: “Noi non vogliamo che venga abolita la parola ‘cottimo’. Lavorando tanto, riesco a guadagnare anche 2mila euro al mese. Io voglio rimanere così.”

Ma è davvero possibile guadagnare tutti questi soldi facendo il rider? Per guadagnare “più di duemila euro netti al mese,” Zappalà — o chi per lui — dovrebbe lavorare un monte ore spropositato: ipotizzando un già solido pagamento per il settore di 7,5 € lordi all’ora, si traduce in 9 ore al giorno, tutti i giorni della settimana. Per arrivare ai fantomatici quattromila euro — sempre lordi, per giunta — bisogna lavorare quindi quasi 18 ore al giorno!

Il settore delle consegne a domicilio è stato attraversato alla fine del 2020 da fortissime tensioni in seguito al contratto “pirata” siglato da Assodelivery e Ugl, un sindacato da sempre vicino ai partiti di destra. Il contratto introduce un “cottimo mascherato” e per questo è stato sconfessato e ritenuto illegittimo dallo stesso ministero del Lavoro. Molti rider hanno denunciato che la sottoscrizione del contratto è stata utilizzata dalle aziende per ricattare più o meno velatamente i lavoratori: chi non firma, viene estromesso dalle piattaforme. Guardacaso, tra i firmatari del contratto spunta di nuovo il nome di Emanuele Zappalà.

— Continua a leggere: La lotta dei rider contro Assodelivery, la pandemia e il contratto pirata di Ugl

Se Emanuele Zappalà e Emiliano Zappalà fossero la stessa persona, il quadro si farebbe ancora più singolare. Abbiamo contattato Francesco Bisozzi, autore dell’intervista pubblicata sul Messaggero, per chiedere conferma se si tratti di un errore o di un incredibile caso di omonimia, ma per il momento non abbiamo ancora ricevuto risposta. 

“Quello che Zappalà non dice è che Deliveroo ha introdotto il sistema di free login, e dunque negli ultimi mesi le paghe dei rider sono calate dal 30 al 50%,” fa notare Angelo Junior Avelli, rider e attivista di Deliverance Milano — un sindacato indipendente in prima linea per i diritti dei rider. “Emanuele Zappalà fa parte di Anar,” ci racconta inoltre Avelli. Cos’è Anar? Secondo diverse fonti, è un sindacato “aziendalista” nato molto, molto vicino a Glovo — qualcuno sosterrebbe addirittura per volontà aziendale — nel settembre del 2019, come riportato anche da Report. Insomma, magari Zappalà guadagnerà anche “fino a 4000 euro al mese” — ma di certo molti altri rider non sono così fortunati.

EDIT 15:15

Lo stesso Emanuele Zappalà ha chiarito che si tratta di lui, attribuendo le inesattezze all’autore dell’intervista e chiarendo di essere stato tirocinante in uno studio commercialistico, ma di non essere passato “direttamente dal commercialista al rider”

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