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Dalla quarantena di sette giorni allo scontro con il Cts il viceministro alla Salute è sempre più spesso protagonista di dichiarazioni avventate, e a volte contrastanti. Ma in questo momento serve fare più attenzione

I nuovi casi aumentano, la pandemia torna ad essere il principale argomento di tutti i telegiornali del paese, e tutti i volti a cui siamo stati abituati ad avere sui nostri schermi durante i primi drammatici mesi del lockdown tornano a popolare il nostro dibattito pubblico — e i nostri incubi. Tra questi un posto defilato ma non irrilevante va riservato al viceministro della Salute, il pentastellato dottor Pierpaolo Sileri, professore associato presso l’università del San Raffaele di Milano.

Proprio una comparsata televisiva a Di Martedì ha trascinato Sileri al centro di un caso politico. Il Comitato tecnico scientifico sembra essere molto arrabbiato con il viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri, che ha rilasciato alcune dichiarazioni piuttosto ruvide verso il Cts — a Di Martedì ha dichiarato che “c’è troppa burocrazia nel Comitato tecnico scientifico.” Il Cts avrebbe chiesto a Conte di prendere una posizione pubblica contro il viceministro, che è sempre stato un pochino più… frizzante nelle sue esternazioni rispetto alla linea strettamente istituzionale adottata dal governo riguardo alla pandemia, e il caso è arrivato anche in Consiglio dei ministri.

Il viceministro è parso piuttosto confuso sulla ripartizione istituzionale dei compiti durante questa pandemia — compiti che riguardano anche lui stesso, e di cui dovrebbe occuparsi in prima persona. La conversazione con il conduttore Giovanni Floris è andata così: 

Floris: “Non è compito vostro comprare i tamponi?”
Sileri: “È compito di un Cts al quale arrivano richieste che valutano. I tamponi li compriamo noi su indicazioni su cosa fare.”

Il Cts ha specificato, piccatissimo, che ovviamente “non ci occupiamo dell’organizzazione dei tamponi che è in capo al Ministero, lo stesso che Sileri rappresenta.” Il presidente del Consiglio ha cercato di mettere una pezza sullo strappo, ringraziando i membri del Cts — “Sono gli esperti della comunità italiana e lavorano gratuitamente” — ma riportando in modo un po’ leggero le parole del viceministro, che secondo Conte “ha sempre pubblicamente apprezzato l’operato, la professionalità, la competenza di tutti i componenti del Cts.”

Non è la prima volta che Sileri prende posizioni discutibili, o che è costretto a ritrattare, o che si comporta in modo evidentemente goffo. Al contrario, in particolare nel corso dell’estate, si è speso in una fitta lista di dichiarazioni, alternando i codici allarmisti con uscite sopra le righe. Così in dieci giorni si passa dalla volontà di permettere l’ingresso allo stadio Olimpico a 25 mila tifosi — una proposta che aveva scosso l’assessore alla Sanità della Regione Lazio, che l’aveva definita “Mi sembra il modo più rapido per tornare a nuovi lockdown” —  alla dichiarazione più legata al mondo reale di prevedere lockdown “chirurgici” a livello locale. Sileri è diventato, così, uno dei favoriti della stampa, che trova nel viceministro un ospite che garantisce notiziabilità — che si traduce in riprese su altri mezzi stampa, diffusione di clip quando si tratta di ospitate televisive, eccetera — su un argomento in cui il resto del governo, anche chi ha più difficoltà a controllare la lingua, è impegnato a mantenere una linea non solo istituzionale ma molto prudente. Sileri sembra in qualche modo cosciente del meccanismo, tant’è che la sua pagina Facebook è in larga parte composta da condivisioni delle proprie interviste e ospitate.

Non si tratta solo di dichiarazioni avventate, a scopo televisivo, però: se è facile archiviare la sua difesa del campionato di calcio — a differenza dell’atteggiamento decisamente più disincantato del ministro Speranza — come la necessità comunicativa di un politico parte di un partito in difficoltà, non si può dimenticare la sua presa di posizione a favore della quarantena di sette giorni, una posizione che è in aperto contrasto con le indicazioni degli esperti e dell’OMS, e ha ovviamente delle conseguenze potenzialmente anche molto pericolose. Sull’argomento degli stadi, e sul fatto che le priorità del governo e del paese debbano essere altre, almeno, il ministro poi si è ravveduto.

Il curriculum di Sileri, in realtà, è di tutto rispetto: laurea con lode in medicina a Tor Vergata, con un dottorato di ricerca in robotica applicata alla chirurgia, più di 270 pubblicazioni scientifiche in cui ha almeno contribuito segnate sul curriculum. L’avvicinamento con il M5S sembra naturale: è tra i fondatori, ad esempio, dell’associazione “Trasparenza e Merito. L’università che vogliamo.” Probabilmente, nessuno avrebbe mai avuto nulla da obiettare sul suo modo di comunicare se non fosse arrivata la pandemia, e il suo nome fosse rimasto nell’ombra insieme a quello di molti altri funzionari pubblici di grado anche alto: quanti di noi sono in grado di nominare tutti i viceministri del governo? E il viceministro alla Salute del governo scorso?

La pandemia, però, è arrivata, e qualsiasi lavoratore, esperto o funzionario impegnato nella consulenza al governo nell’ambito della Salute è stato messo in qualche modo al centro dei riflettori. Mai come in questo momento ruoli come quello di Sileri e Speranza sono stati ruoli pubblici: una parola detta da loro può modificare la percezione della realtà, e quindi la vita, di sessanta milioni di italiani, che hanno imparato a considerare la pandemia come la cosa più importante con cui il paese e il mondo hanno a che fare in questo momento. 

Oggi, la comunicazione dev’essere efficace anche perché il governo sta proseguendo con la stessa linea della fase 1: spiegare ai cittadini che la situazione è seria e pregarli, sostanzialmente, di comportarsi responsabilmente — in altre parole: in assenza di politiche più attive da parte del governo per mitigare i contagi, bisogna almeno riuscire a convincere le persone a rispettare le norme di sicurezza. Un buon esempio di come questo aspetto comunicativo della salute continuerà ad essere importante nei prossimi mesi è il dibattito, non ancora affrontato pienamente, sull’obbligo o meno di vaccinazione per la popolazione, una volta che il vaccino sarà disponibile. Difficilmente si deciderà di rendere il vaccino obbligatorio — ma proprio per questo sarà fondamentale una campagna comunicativa capillare ed efficace per mettere il paese al riparo da ogni possibile rischio. 

Su questo fronte, anche se Sileri, sia chiaro, non si è mai speso in dichiarazioni complottiste, o anche solo che minimizzassero il pericolo del virus — quando scriviamo che potrebbe esserci un “problema,” non è per fortuna così grave. Tuttavia, per stessa ammissione dell’OMS, questo autunno e inverno costituiranno una sfida drasticamente diversa a quella dello scorso autunno, perché il morale della popolazione, e il diffuso senso di sconfitta che inevitabilmente si farà dilagante con l’aumento dei contagi, rischia di minare in modo irrimediabile l’esecuzione e il rispetto delle norme anti–contagio. Per questo, da parte delle massime autorità sull’argomento, è lecito pretendere un altro tipo di compostezza — una comunicazione umana, che parli in modo franco e maturo, in modo da responsabilizzarle — anche a costo, nelle prossime settimane, di vedersi invitati qualche volta in meno ai propri talk show preferiti.

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