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Il primo luglio, secondo i piani di Netanyahu, doveva iniziare il processo di annessione illegale della West Bank. Sembra che l’operazione sarà rimandata di almeno ancora una settimana, ma la situazione, in queste ore, non potrebbe essere piú tesa.

Ieri, in un commento trasversale, il ministro della Difesa — e Primo ministro “alternato” — israeliano Benny Gantz aveva annunciato che i piani di annessione per la West Bank “avrebbero dovuto aspettare,” perché la massima priorità è affrontare la crisi economica scaturita dalla pandemia. Si tratta della prima spaccatura degna di nota nel nuovo governo di coalizione: la presa di posizione di Gantz ha infatti molto infastidito Netanyahu, che ha commentato dicendo che sta lavorando “con discrezione” con le autorità statunitensi per i prossimi passi dell’annessione, e che “la questione non riguarda il Blu e bianco [il partito di Gantz].”

La crepa tra Netanyahu e Gantz non è una semplice questione di atteggiamento, ma fa emergere come, dietro le quinte, il piano “Visione per la pace” è molto meno definito di quanto Netanyahu e Trump vogliano ammettere pubblicamente: da parte statunitense, ad esempio, solo l’ambasciatore David Friedman è ufficialmente schierato per l’estensione della sovranità israeliana sui territori annessi, mentre, anche all’interno del governo di coalizione, le posizioni sono molto varie. Il ministro degli Esteri Gabi Ashkenazi, ad esempio, crede che l’estensione della sovranità israeliana sulla West Bank non sia l’aspetto piú importante dell’accordo proposto da Trump. Al contrario, secondo Ashkenazi, si tratta di un’occasione unica per coordinarsi con Egitto e Giordania, e anche con parti della popolazione palestinese, con l’obiettivo di spezzare il fronte della West Bank attraverso una parvenza di cooperazione internazionale, e non con un’azione unilaterale.

Sempre ieri l’Alta Commissaria ai diritti umani delle Nazioni Unite, Michelle Bachelet, si è unita alle molte voci internazionali che hanno condannato l’operazione, chiamando i piani di Israele “illegali,” e spiegando che le conseguenze dell’annessione saranno “disastrose.” Bachelet ha sottolineato che non è possibile trovare un compromesso sulla vicenda, “Ogni forma di annessione è illegale, che sia del 30 o del 5 percento della West Bank.” L’annessione, secondo Bachelet, “aggraverà e perpetuerà ulteriori violazioni dei diritti umani, che hanno caratterizzato questo conflitto da decenni.” Il ministero degli Esteri israeliano ha commentato dicendo che Bachelet stava “politicizzando” la propria carica, ma opinioni simili nelle scorse settimane sono state espresse dal Segretario generale delle Nazioni Unite, dall’Unione europea, e da molti stati arabi.

Un compromesso, al contrario, sarebbe disposto a strapparlo l’Autorità Palestinese, che ieri ha annunciato di essere pronta a riaprire i dialoghi bilaterali per il negoziato con Israele, chiusi ormai nel 2014. L’Autorità Palestinese, si è detta anche disposta a “concessioni territoriali,” seppur “minori.” Si tratta, ovviamente, di un provvedimento extrema ratio, di fronte a quello che sembra un evento non solo imminente ma ormai inevitabile.

Tuttavia, secondo fonti statunitensi del Jerusalem Post, le procedure di annessione non inizieranno almeno per tutta questa settimana, mentre il governo israeliano finalizza i dettagli dell’operazione con la diplomazia statunitense: sono infatti presenti in Israele, in questo momento, l’emissario speciale Avi Berkowitz e Scott Leith, del Consiglio di Sicurezza nazionale statunitense, già parte del comitato congiunto tra Stati Uniti ed Israele che ha tracciato la famigerata, disastrosa mappa che l’amministrazione Trump aveva proposto nel contesto della sua “Visione per la pace.”

Bertowitz e Leith hanno incontrato Netanyahu sabato, ed è previsto per oggi un loro meeting con il ministro degli Esteri Ashkenazi. Non è loro compito tuttavia dare il via libera a Netanyahu: l’ultima parola sembra debba venire direttamente da Trump, dopo che i due avranno conferito con il suo consigliere speciale Kushner. Da questo punto di vista Gantz ha ragione: è vero che l’emergenza della pandemia viene prima dell’annessione della West Bank: ma è l’emergenza statunitense, che Trump è occupato ad affrontare.


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