cover-mondo-bambini-02

Un nuovo studio realizzato da OMS e UNICEF in collaborazione con Lancet lancia l’allarme: dall’inquinamento alla pubblicità martellante, la nostra società non sta costruendo un pianeta dove i nostri figli potranno vivere felici.

Ieri sul Lancet, la prestigiosa rivista scientifica inglese, è stato pubblicato un importante report intitolato “A future for the world’s children?” che mette in relazione il futuro delle nuove generazioni con il cambiamento climatico. Lo studio è stato realizzato da OMS e UNICEF in collaborazione con Lancet. Al suo interno vengono classificati 180 Paesi in base alla probabilità che un bambino che nasce in uno di questi Stati riesca a realizzarsi nella vita.

Gli ambiti presi in considerazione sono: l’educazione, l’alimentazione e la mortalità infantile, ma lo studio considera anche le emissioni di anidride carbonica dei singoli Paesi. I risultati pubblicati non sono incoraggianti. Se nei prossimi decenni non ci sarà una decisa inversione di rotta nelle politiche ambientali dei singoli Stati, il futuro delle nuove generazioni sarà estremamente precario e sconfortante. Il gruppo di esperti ha realizzato il proprio scenario seguendo le proiezioni correnti di un aumento della temperatura globale di 4 gradi Celsius entro il 2100. Questo aumento, se si verificherà,  non si tradurrà in “semplici” disastri ambientali, ma avrà un preciso costo umano. Già oggi sono più di due miliardi le persone che vivono in Paesi “dove lo sviluppo è impedito da crisi umanitarie, conflitti e disastri naturali — sempre più legati agli effetti del cambiamento climatico,” ha dichiarato la ministra senegalese Awa Coll–Seck, tra le figure alla guida della commissione che ha realizzato il report. Gli effetti devastanti che il cambiamento climatico avrà nei Paesi in via di sviluppo sono inoltre due volte ingiusti e drammatici, perché colpiranno Paesi che, per ragioni evidenti ed endemiche, sono tra quelli che inquinano di meno. Lo studio approfondisce anche i rischi a cui la società contemporanea espone bambini e giovani, e si sofferma con attenzione sulla pubblicità ingannevole e sui meccanismi predatori del marketing, in particolare quando veicolata su internet da algoritmi sviluppati appositamente per raggiungere i primi interessi di bambini e adolescenti.

In conclusione, lo studio si sofferma su cinque punti che ritiene necessari per garantire la costruzione di una società in cui sia più sano crescere i nostri figli:

  • È necessario interrompere le emissioni di CO2 al più presto – questo è un imperativo categorico assoluto se vogliamo che il pianeta resti abitabile;
  • Lo sviluppo di nuove politiche per la sostenibilità deve partire dalle necessità dei bambini e degli adolescenti, che saranno vivi, e soprattutto anziani, molto dopo la nostra morte;
  • Sono necessari nuovi e importanti investimenti nell’ambito della salute e dei diritti dei bambini;
  • È necessario ascoltare direttamente l’opinione e le voci dei bambini prima di attuare politiche che li riguardano;
  • Bisogna regolamentare in modo più stringente la comunicazione commerciale indirizzata verso i bambini, seguendo quanto indicato dalla Convenzione sui diritti dell’infanzia delle Nazioni Unite — un protocollo il cui rispetto resta però volontario.

Per classificare i 180 Paesi mondiali considerati nello studio i ricercatori hanno calcolato un “indice di realizzazione.” Questo indice è stato ottenuto facendo la media geometrica tra altri due indici: quello di sopravvivenza e l’indice di prosperità. L’indice calcolato secondo questa espressione è compreso tra 0 e 1. I Paesi che hanno un indice molto vicini allo zero, come la Repubblica Centrafricana, il Chad e la Somalia sono quelli messi peggio, ovvero quelli dove un bambino avrà poche possibilità di realizzarsi nel futuro. Norvegia, Corea del Sud e Olanda sono invece gli Stati dove, secondo questo studio, ci sono più possibilità per le nuove generazioni di condurre una vita prosperosa. L’Italia, con un indice di realizzazione di 0,89, si trova alla 26esima posizione, tra la Slovenia e l’Estonia. 

Leggi anche: Perché dovremmo prendere esempio da Pechino per la lotta all’inquinamento nelle nostre città

Lo studio inoltre inquadra questi dati in un framework storico confrontando per ogni Paese l’indice di realizzazione con un indice di sostenibilità. Dal confronto l’Italia risulta messa molto male. È si un Paese in cui un bambino ha buona probabilità di realizzarsi nella vita, ma si trova al 134esimo posto — su 180 — per la sostenibilità. Questo confronto permette quindi di rapportare l’impronta ecologica con le possibilità di crescita di un bambino: ovvero, quanto impatteranno le condizioni fortunate dei bambini nati nei Paesi più sviluppati sui bambini del futuro?

L’Italia non è in una posizione brillante per la qualità della realizzazione dei bambini, ma a questo livello di qualità della vita è collegato oltretutto un livello di sostenibilità estremamente basso, che incide pesantemente — in proporzione alle dimensioni del nostro Paese — sul pianeta e inciderà sempre di più sulle prossime generazioni.