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Ieri è uscito il video di CHICAS, l’ultimo pezzo di Beba prodotto da Rossella Essence.

 

In una ventina di ore CHICAS ha raggiunto quasi 30 mila persone e ha tutte le carte per raggiungere i numeri fatti dalle altre hit del duo rap femminile più valido della scena. Le ho incontrate per parlare di musica, donne e di come Milano sembri essere diventata il paese dei balocchi del rap.

Come state? È appena uscito il video di Chicas, è un bel periodo per il vostro progetto.

Beba: Sì, siamo molto emozionate

Rossella: CHICAS è il primo lavoro dopo 4 mesi da 3ND e ci aspettiamo un buon riscontro.

B: Abbiamo fatto un salto di qualità anche da punto di vista dell’immagine e del prodotto quindi abbiamo delle aspettative.

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Com’è nato il progetto Beba?

B: Beba in quanto artista è nata più o meno 5 anni fa quando ho iniziato a scrivere e a fare delle canzoni. Mentre il progetto Beba preso con una certa serietà e di conseguenza affiancato dalla collaborazione con Rossella risale a due anni fa.
Io ho cominciato in modo molto naturale perché ero una grande ascoltatrice di rap e parallelamente scrivevo storie, racconti, poesie. Poi ho iniziato a scrivere dei testi veri e propri ma non li mettevo in musica, finché un giorno ho provato, mi sono accorta che quello che dicevo non era così banale, e da lì ho costruito questo sogno di diventare molto molto brava e da lì il progetto è diventato più serio.

Rispetto ai primi testi che scrivevi cos’è cambiato nel tuo percorso?

B: Io sono una molto riflessiva quindi quando ho iniziato a fare musica scrivevo delle cose molto conscious, molto cupe. Poi crescendo, nel passaggio dai 16 anni ai 23 ho abbandonato le poesie riflessive e cupe.

C’è sempre più la tendenza forse a togliere significato al testo: lo si adatta al flow, si cura il ritmo delle barre ma non si cura troppo il significato. Senza nulla togliere a una scelta piuttosto che all’altra, tu ora sei più una che usa il testo come un mezzo comunicativo o come uno “strumento musicale”?

B: Cerco di fare entrambe le cose in realtà. Sono una estimatrice sia di un genere che dell’altro, non sono una di quelle cultrici del genere. Apprezzo anche quando vengono usate le parole come uno strumento musicale e senza parlare dei massimi sistemi. Poi i miei freestyle su Instagram sono magari più esercizi di stile, invece sui singoli cerco di concentrarmi su un argomento e su un topic centrale. In generale a me fa piacere parlare di cose che quando le senti ti rimangono.

In una intervista a Freeda hai detto che se uno è bravo, prima o poi la poltrona se la guadagna. Siete ancora convinte che l’Italia sia così meritocratica, soprattutto per le donne?

B: Io sono convinta di sì!

R: Anche io

B:  Alla fine, rispetto a chi viene messo lì con un calcio in culo, chi spacca veramente, non solo tecnicamente, ma in generale, come idee, stile, contenuti, da qualche parte arriva.

R: Magari ci mette un po’ più di tempo rispetto a uno spinto, ma se c’è il talento le persone se ne accorgono. Sarà più dura la salita, però secondo me rimani anche di più sulla cima una volta che ci arrivi con le tue forze.

B: Se te lo conquisti è un’altra cosa!

R: Magari guadagni follower subito e numeri alti, però poi se non lasci nulla al tuo pubblico, arriva un altro e perdi tutto. Infatti, noi ci teniamo molto a fare le cose con calma e a raggiungere piano piano la nostra vetta.

B: A maggior ragione perché è un periodo in cui se becchi la cosa giusta è facilissimo fare un volo incredibile sui social, secondo me è ancora più importante che ci sia talento, così dove arrivi rimani. Se invece sei stato spinto poi rischi di perdere tutto.

Quindi se in italia ci sono poche donne che fanno rap è perché manca la qualità?

B: Secondo me è perché è sempre stato così, quindi non viene concepita  né presa in considerazione la possibilità che le donne possano entrare in questo mondo e le ragazze che vogliono cominciare sono scoraggiate. Ci vuole una presa di posizione forte e dirsi: “questa cosa non c’è in italia? va beh io la faccio lo stesso” ma non è da tutti.

..e delle altre ragazze che fanno rap cosa ne pensate?

B: Senza fare nomi, io ho stima delle mie colleghe che lavorano ai loro progetti, come stimo gli uomini.

R: Io sono nella scena da anni perché produco da quando avevo 15 anni quindi le persone dell’ambiente mi conoscono e conoscono il mio lavoro; ho stima per chi so che lavorava fin da quando era piccolo, e so riconoscere chi invece è uscito all’ultimo. Ma il mio discorso è legato alla stima artistica non al genere: riguarda sia gli uomini che le donne.

B: Poi non è che perché ci sono poche donne allora bisogna stimarle e supportarle tutte.

R: Esatto, è un discorso molto stupido dovere essere per forza solidali con una donna perché è donna; infatti a me di gusto non me ne piace nessuna, a parte Beba con cui infatti ho deciso di lavorare.

Da fuori come si riconosce un progetto creato a tavolino? Per l’ascoltatore in generale non è così facile

R: Sì è vero, solo chi è nell’ambiente lo sa.

B: Comunque diciamo che in generale i progetti che non sono autentici hanno una grande spinta, quindi da quello si capisce molto, soprattutto se è un nome che non hai mai sentito.

R: Questo sia per gli uomini che per le donne.4

B: Sì, noi ci teniamo a ribadire che il nostro modo di relazionarci agli altri artisti è uguale che siano uomini o donne. Non è che se sei femmina ti devo supportare perché siamo in 4 nella scena.

R: Anche perché se ci auto-ghettizziamo noi parlando di rap femminile è ancora peggio. Invece dovrebbe trattarsi solo di musica, che lo faccia un uomo o una donna è la stessa cosa. Anche parlare di rap femminile io lo trovo troppo auto categorizzante.

All’interno della scena c’è un po’ il rischio che ogni donna si crei la sua casellina, mentre nella scena maschile non esiste questa cosa.

R: Esatto, perché c’è più la tendenza a voler essere le prime a fare una cosa.

Beba, quanto secondo te il dissing ha in sé una forte spinta creativa?

B: Se nasce un dissing c’è un sentimento forte dietro, quindi dal punto di vista artistico tutto quello che nasce da un sentimento forte è più figo: quando sei molto triste, molto felice, molto arrabbiato scrivi belle canzoni. Quindi sì, è anche un esercizio di stile il dissing.

https://www.instagram.com/p/BkARGblH9wx/?taken-by=beb.ounce

Vi siete trasferite entrambe a Milano, giusto?

B: Sì, io da qualche mese e vengo da Torino.

R: Io da Napoli e sono qui ormai da tre anni

E come vi trovate?

B: Bene! [poi ride]

R: Adesso che ho trovato la mia sfera, bene, prima è stata dura: da Napoli a Milano è un salto assurdo. Ma ora ho trovato il mio equilibrio qua, lavoro con lei e mi rendo conto che da Napoli non avrei mai potuto portare avanti un progetto del genere.

B: Senza dubbio: infatti anche io, nonostante Torino sia vicina a Milano, mentalmente era un ostacolo lavorare da un’altra città.

Poi Milano è una città che è stimolante sotto ogni punto di vista, va più veloce di te quindi devi andare ancora più veloce. A volte quando vado a torino poi lei mi dice «sembri rincoglionita» perché è vero, la città è un po’ più piccola, la vita è diversa e ti rincoglionisci. Invece a Milano devi essere sempre attiva.

Tante ragazze che fanno rap si sono trasferite a Milano di recente.

B: Perché qui è il centro di tutto, può capitare che vai a una serata magari anche solo a ballare con le amiche e poi conosci qualcuno, svolti un progetto, una serata a cui andare a suonare, ti fai vedere ecc.

È l’unica città vista così in italia?

B: Anche Torino era così ma ormai è morta. E comunque io mi sono trasferita perché mi conveniva ma non significa che se ti trasferisci a Milano svolti. Devi avere un progetto e noi. abbiamo raggiunto degli ottimi risultati qui, con determinazione e facendo praticamente solo musica qui a Milano.

Come è nata la vostra collaborazione?

R: Io produco da quando avevo 16 anni e ho sempre avuto il pallino di un progetto femminile. A Napoli ho prodotto molti artisti, poi ho prodotto Ghemon, ma mi sono sempre chiesta «è possibile che non esista una ragazza che faccia rap e che spacchi?». Allora ho scrittoun post su Facebook chiedendo di linkarmi ragazze che fanno rap e in tanti mi hanno linkato Grizzly di Beba. Io ci sono rimasta perché è stata la prima che mi ha colpito e quindi ho pensato che dovevamo assolutamente lavorare assieme e così le ho scritto e abbiamo iniziato questo progetto. Lei mi conosceva già perché producer donne in italia ce ne sono poche.

E ora avete in cantiere un album?

R: Per adesso stiamo andando step by step, non abbiamo ancora fatto molti singoli per poter dire che è arrivato il momento di fare l’album, anche se in molti ce lo stanno chiedendo. Secondo me l’album va fatto quando sei artisticamente pronto, quando hai tante cose da dire, per non fare un lavoro con la hit che ti trascina il disco e basta. Bisogna raggiungere una maturità artistica maggiore: noi comunque siamo a un buon punto secondo me, però ci vuole ancora un pochino per dire «ok, quest’anno facciamo il disco». Non manca moltissimo, ma ci stiamo un attimo assestando per capire anche il nostro pubblico cosa vuole.

Che idea vi siete fatte del vostro pubblico?

R: Ci siamo accorte di avere una forte influenza sulle ragazzine di 15-16 anni e quindi abbiamo anche una grande responsabilità. Siamo molto contente che ci scrivano e che con il nostro esempio riusciranno magari a imporsi in una società maschile.

B: La cosa che mi scrivono di più è «da quando ti ascolto ho più fiducia in me stessa e sento che posso farcela in molte cose». Io non me l’ero posto come obiettivo e anche se magari nei testi non lo dico esplicitamente, comunque il messaggio passa in chi mi ascolta, sentono la determinazione che c’è dietro.

R: A me scrivono che vogliono iniziare a produrre, mi chiedono consigli su come cominciare. Io rispondo sempre a chi mi chiede una mano perché se non lo fai allora sei solo  uno che fa musica per fare il personaggio.

Beba: In qualche modo abbiamo aperto le danze, e lo dico in maniera molto umile ma mi sono resa conto con il nostro percorso artistico che le donne ce la possono fare in Italia.

R: Un duo rap tutto al femminile non si era mai visto!

B: e ora le ragazzine si dicono «ah allora lo posso fare anch’io» e mi mandano i testi. Questa è una roba fighissima!


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