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“Un giorno ho scelto di non credere più alle coincidenze, di considerare tutto ciò che appare reale come un grande film, di recitare qualsiasi parte mi venisse chiesta. Ho smesso di voler fare per, più semplicemente, essere.”

Simone Fagherazzi è un giovane medico italiano che si è trasferito da ormai quasi un anno in Nepal, in un villaggio poco distante da Katmandu, Panauti. Qui, con la sola compagnia del suo labrador Dike, ha fondato Dike Salute, una realtà attiva in diversi progetti legati all’ecosostenibilità e alla collaborazione tra persone e popoli.

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La componente spirituale locale convive con l’educazione medica europea, e per questo il Dottor Fagherazzi non è riuscito a trovare in Italia la propria dimensione. “Non trovando più una risposta adeguata alle mie domande ho deciso di completare lo studio della medicina classica con quello che difficilmente in Occidente viene insegnato: l’attenzione alla sfera emotivo-spirituale e i medicamenti che essa comporta.” Ecco spiegato il perché del Nepal — anche se inizialmente avrebbe dovuto essere una semplice tappa del viaggio di ricerca.

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Le conseguenze del terribile terremoto che nel 2015 ha colpito il paese si fanno sentire ancora oggi: molte persone hanno perso familiari, amici, casa. Nonostante gli aiuti umanitari, intere comunità sono lasciate a loro stesse, specialmente chi, ancora prima del disastro, non aveva nulla. Il popolo nepalese si trascina un retaggio di gravi problematiche sociali legate al sistema delle caste, tra cui i “Dalits” sono il gradino più basso.

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Proprio loro si trovano ora in maggiore difficoltà, come afferma Dhiraj Shah, fondatore di SHIV: “Nonostante il Nepal abbia ricevuto un supporto mondiale a seguito del terremoto, i progetti di ricostruzione oggettivamente vanno molto lenti e sono stati molto criticati per la loro inefficienza. Inoltre, c’è una grandissima fetta di popolazione che non ha sofferto i danni del terremoto semplicemente perché non aveva una casa. A loro non è andato nessun aiuto.”

Grazie all’iniziativa di un ingegnere edile, arrivato per dare una mano tramite associazioni internazionali e seccato dalla poca considerazione per i “Dalits,” è nato il progetto Shah Hemp Inno-Ventures (SHIV), frutto della collaborazione con Dike Salute.

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“SHIV è stata lanciata all’inizio di quest’anno e ha sede a Katmandu, la capitale del paese. Sta sviluppando diversi prodotti basati sulla Canapa che cresce naturalmente in Nepal. Attenzione particolare è stata posta alle qualità della Canapa che la rendono anche ottimo materiale di costruzione. Questo materiale può essere usato, data l’abbondanza di materia prima nel paese, per la ricostruzione necessaria a seguito del terremoto del 2015. L’azienda ha però anche iniziato a produrre cibo e prodotti per il “benessere” in modo da garantirsi una iniziale sostenibilità su microscala,” racconta Dhiraj Shah.

Grazie a ottime conoscenze e un brevetto innovativo che permettere di usare una miscela di canapa e calce “a presa rapida,” SHIV è stata in grado di costruire la prima casa con un investimento di circa 5000 euro e ora ne sono in programma altre 6 finanziate con crowdfunding. Ciò che manca, oltre ai fondi, è la manodopera. Per questo Dike Salute organizza periodi di volontariato in quello che sarà un villaggio multietnico e multifunzionale. Già oggi convivono italiani, russi, francesi, irlandesi e Charlie, un baba — un santo o saggio — di origine irlandese ma ormai adottato dal Nepal. Charlie è più una guida spirituale che un cittadino e ha gettato le basi per un modello di sviluppo “slow development,” prestando attenzione più alla sostenibilità che alla prontezza, compensando le emissioni prodotte piantando alberi, utilizzando al 95% materiali da costruzione reperiti in loco.

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Oltre a questo, Charlie è la pietra angolare che sorregge Trees for relief, un progetto nato per cercare di combattere i gravi problemi sociali — dall’alcolismo alla violenza domestica — e occupazionali dei giovani nepalesi. Nella sua fattoria con permacoltura organica al 100% sta creando un ambiente domestico che mira all’insegnamento delle tecniche agrarie e l’arte di “coltivare alberi” con tanto di nursery per circa 36 tipi di alberi da frutto e noci. I prodotti saranno destinati all’autosostentamento della popolazione e all’approvvigionamento di alcuni ristoranti nella vicina Katmandu.

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L’esperienza decennale di Charlie è stata d’aiuto anche dopo il terremoto: la sua fattoria infatti ne è uscita indenne, data la modalità di costruzione Nepal roof, e così ha potuto offrire riparo e centinaia di chili di cibo prima ancora che arrivassero gli aiuti umanitari. Nella fattoria sarà presente un presidio medico, gestito da un medico locale e dal dottor Fagherazzi, ideatore anche del progetto forse più interessante: Dike HC, sull’epatite c.

In Nepal e India vengono prodotti farmaci per curare vari tipi di epatite: gli stessi che possiamo trovare in Europa, ma a un prezzo decisamente più accessibile. Da qui l’idea di mettere in comunicazione le cliniche specializzate locali con pazienti occidentali che non sono in grado di permettersi la cura nei loro paesi. “È possibile anche fare un semplice viaggio di un paio di settimane, comprare la cura e tornare a casa,” spiega lo stesso dottor Fagherazzi, “il percorso di cura andrebbe affrontato nella sua interezza.” Sarebbe indicato vivere appieno l’esperienza himalayana e unire medicina e spiritualità.