Perché lamentarsi della “cancel culture” è stupido
Chi si lamenta della “cancel culture” e afferma di voler difendere la libertà di parola lo fa, puntualmente, da una posizione di privilegio
Chi si lamenta della “cancel culture” e afferma di voler difendere la libertà di parola lo fa, puntualmente, da una posizione di privilegio
Un mese fa Facebook ha bloccato la circolazione dei post della nostra pagina. Dopo ripetuti e interminabili tentativi di risolvere la situazione con il supporto clienti del social network, vi raccontiamo cosa ci è stato detto.
La pagina Facebook di Milano InMovimento è stata cancellata questa mattina con l’accusa di “terrorismo.”
“Susamam” è un brano di oltre quattordici minuti a cui hanno collaborato venti artisti turchi che contiene critiche esplicite al governo di Recep Tayyip Erdoğan.
La discussione verrà per forza rimandata a gennaio. Non solo saremo nell’anno nuovo, ma scatterà anche un nuovo semestre di presidenza europea — e le elezioni si avvicinano.
Secondo Eric Schmidt, nei prossimi anni la rete non verrà frammentata, ma biforcata: e nessuno sa come affrontare la situazione.
Da qualche giorno i muri di Milano hanno iniziato a sfoggiare capezzoli di ogni tipo, tette grandi o piccole, appiccicate sui muri dei quartieri del centro su foto 30×30, affiancate dall’hashtag #feelthenipple.
Abbiamo intervistato Akshita Chandra, artista e designer indiana di 21 anni, autrice di Being Censitive, un libro illustrato contro la censura e il bigottismo della società indiana.