Israele ha risposto all’attacco di Hamas con bombardamenti incessanti su Gaza. Mentre scriviamo l’ultimo aggiornamento del ministero della Salute palestinese parla di 413 morti e 2.300 feriti, tra cui 78 minori e 41 donne, secondo i dati aggregati da Wafa. Nell’attacco di Hamas hanno perso la vita finora 700 cittadini israeliani. Le persone ferite a Gaza sono in grave pericolo: da due giorni Israele ha tagliato la corrente alla Striscia di Gaza, e gli ospedali stanno cercando di mantenere attivi almeno i servizi essenziali con generatori, che però sono molto vecchi, e quindi consumano molto — un consumo che non sarà sostenibile sul lungo periodo. Le IDF hanno postato un thread su Twitter, raccogliendo foto e immagini dei numerosi bombardamenti condotti nel corso della notte, che avrebbero colpito 500 “obiettivi strategici” nella Striscia di Gaza. L’esercito israeliano sta minacciando anche un intervento di terra: più di 100 mila soldati sono stati ammassati sul confine con Gaza. I combattimenti tra esercito e partigiani palestinesi continuano i “sette o otto” centri nel sud del paese, mentre le falle rimaste aperte nel confine con Gaza permettono ad Hamas di rifornire le proprie forze.
Aumenta anche la tensione tra Israele e Hezbollah: il gruppo armato libanese ieri ha lanciato un attacco, “in solidarietà” con il popolo palestinese, verso le Fattorie di Sheb’a — un’area a uso agricolo parte dei territori libanesi occupati illegalmente da Israele dal 2000, attualmente amministrata dalle autorità delle alture del Golan. Israele ha risposto all’attacco. Finora gli scontri tra le due forze si ascrivono alle consuete regole d’ingaggio, e probabilmente Hezbollah sta aspettando per vedere con quanta violenza Israele risponderà all’attacco di Hamas prima di valutare un proprio intervento più importante.
All’estero gli alleati di Israele stanno sfruttando la guerra per negare ancora la distinzione tra antisionismo e antisemitismo: Deborah Lipstadt, l’incaricata speciale statunitense per monitorare e combattere l’antisemitismo, ha dichiarato che “nessuno ha il diritto di dire a Israele come difendersi e come prevenire e contrastare futuri attacchi.” Lipstadt ha twittato che l’attacco di Hamas è “l’assalto con più morti contro gli ebrei dall’Olocausto.” In realtà, nessun cittadino israeliano ucciso in questi giorni è stato colpito per la propria appartenenza a un’identità etnica, e sono anzi molte le voci ebraiche che condannano l’occupazione. Dall’Italia, Moni Ovadia ha commentato che la responsabilità delle guerra è “totalmente dell’arroganza perpetrata da decenni dai governi israeliani che si sono succeduti”: “Sottopongono i palestinesi a ogni forma di prepotenza, vessazione, colonizzazione, occupazione, arresti illegali, arresti amministrativi: ammazzano a sangue freddo i loro figli.” Parlando con Al Jazeera, Francesca Albanese, la relatrice speciale delle Nazioni Unite per i territori occupati palestinesi ha chiesto alla politica internazionale di lavorare per “ricostruire legalità e responsabilità,” e non “di chiedere maggiore violenza, mettendosi solo con una parte del conflitto.”