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foto: Mohammed Zaanoun / Activestills

L’efficacia dell’attacco lanciato da Hamas, a cui si sono uniti i combattenti del Movimento per il Jihad Islamico in Palestina, ha lasciato sbalordite le autorità israeliane. Per il governo israeliano è un balzo “dall’hubris all’umiliazione,” commenta Marwan Bishara su Al Jazeera: Hamas ha lanciato un attacco evidentemente pianificato nei minimi dettaglio — una reazione diretta per punire Israele delle violenze, dell’oppressione e dell’occupazione dei territori palestinesi, e in risposta alle sempre più frequenti dissacrazioni dei luoghi di culto e dei simboli religiosi musulmani. Nonostante gli incessanti bombardamenti per colpire presupposti “obiettivi militari” di Hamas, nonostante un’industria dell’intelligence che è effettivamente leader mondiale del settore, Israele è stata colta impreparata dall’attacco partigiano: secondo Jonathan Panikoff, ex funzionario statunitense in Medio Oriente, ora alla think tank Atlantic Council, si è trattato di un “fallimento dell’intelligence.” Finora nell’attacco palestinese hanno perso la vita 250 israeliani, e c’è un numero imprecisato di persone rapite.

Netanyahu ha risposto alla crisi con la promessa di intensificare la violenza contro i territori palestinesi. Il Primo ministro israeliano ha minacciato una “tremenda vendetta”: “Tutti i posti dove si nasconde Hamas, da dove lavora — li trasformeremo in città in rovina.” Netanyahu ha parlato apertamente di “guerra” e non di una semplice operazione militare, dicendo che i civili di Gaza dovrebbero “andarsene subito.” Ovviamente i residenti di Gaza non hanno nessun modo per lasciare la Striscia, e rimarranno come sempre coinvolti nell’attacco israeliano: mentre scriviamo si contano 232 morti e 1.700 feriti — a Gaza e in Cisgiordania è stato dichiarato un giorno di sciopero per condannare le violenze israeliane. Mentre scriviamo la situazione è in costante: la variante più rilevante è un possibile coinvolgimento di Hezbollah, che finora ha espresso il proprio supporto sull’operazione di Hamas, ma non ha annunciato che avrebbe contribuito in nessun modo. Parlando con Al Jazeera, Gideon Levy ipotizza una situazione di crisi per Israele, nel caso il fronte si allarghi anche alla Cisgiordania, e con il coinvolgimento di Hezbollah.

Stati Uniti e paesi europei hanno rapidamente condannato l’attacco di Hamas: von der Leyen ha parlato di “terrorismo nella sua forma più spregevole,” e ha rivendicato il diritto di Israele di difendersi contro “questi attacchi abominevoli.” La risposta unilaterale cancella decenni di repressione violenta subita dalla popolazione palestinese, portata avanti da comparti militari quanto da coloni civili israeliani. Volker Türk, l’alto commissario delle Nazioni Unite ai Diritti umani, ha rilasciato una dichiarazione in cui chiede la cessazione della violenza da entrambe le parti. Allo stesso modo, i paesi arabi hanno avuto una risposta più bilanciata — una degli scopi della controffensiva di Hamas è palesemente quello di mostrare ai paesi che stanno valutando una normalizzazione dei rapporti con Israele che la causa palestinese non è una battaglia persa.

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