elaborazione, CC BY-NC-SA 3.0 IT presidenza del Consiglio dei ministri
L’intesa tra lo stato e le regioni verrà decisa tra il governo e le regioni stesse, con il Parlamento che avrà solo 30 giorni per “esprimersi con atti di indirizzo.” Le intese possono durare fino a 10(!) anni
Il governo Meloni ha inferto il proprio primo colpo all’assetto istituzionale della repubblica italiana: il Consiglio dei ministri ha approvato il ddl Calderoli sull’Autonomia differenziata. Secondo il ministro per gli Affari regionali il Parlamento dovrebbe impiegare un anno ad approvare il disegno di legge e a renderlo del tutto operativo. Nello stesso tempo la Cabina di regia dovrebbe risolvere la questione dei Livelli essenziali di prestazione (Lep), così da permettere all’inizio del 2024 di cominciare a esaminare le proposte di autonomia differenziata da parte del governo.
Secondo il ddl, infatti, l’attribuzione dei vari poteri alle regioni potrà avvenire solo dopo la determinazione dei Lep; nelle prime bozze, ancora più pericolose, questo punto non era del tutto chiaro. Resta però il fatto che questi livelli di prestazione saranno calcolati sulla spesa storica — vale a dire: chi è sempre stato più ricco e ha avuto a disposizione più soldi ne avrà sempre di più. Nonostante la decennale propaganda della Lega, infatti, le regioni del nord hanno storicamente ricevuto molti più fondi dallo stato rispetto a quelle del sud. Altro punto problematico: l’intesa tra lo stato e le regioni verrà decisa di fatto tra il governo e le regioni stesse, con il Parlamento che avrà solo 30 giorni per “esprimersi con atti di indirizzo.” Le intese possono durare fino a 10(!) anni.
Tra gli ambiti più sensibili in cui le regioni che ne faranno richiesta potranno aumentare le proprie competenze c’è l’istruzione: il segretario della Flc-Cgil Francesco Sinopoli ha lanciato l’allarme, dichiarando che “regionalizzare l’amministrazione, gli organici, lo stipendio del personale della scuola, significa attaccare il ruolo unificante dei contratti nazionali di lavoro, ma, soprattutto, significa frammentare il diritto all’istruzione che deve essere garantito a tutte e tutti a prescindere dal luogo in cui sono nati.” Secondo Nino Cartabellotta, presidente della fondazione Gimbe, con l’autonomia differenziata “si darà il colpo di grazia al Servizio Sanitario Nazionale e aumenteranno le diseguaglianze regionali.”
Le reazioni politiche non si sono fatte attendere: il governatore veneto Luca Zaia ha ringraziato Salvini e parlato legittimamente di “giornata storica,” mentre secondo Calderoli “l’Italia è un treno che può correre se ci sono Regioni che fanno da traino e altre che aumentano la propria velocità, in una prospettiva di coesione.” In generale i governatori del nord sono entusiasti del ddl, mentre quelli del sud hanno speso a riguardo parole anche molto dure: secondo il governatore campano Vincenzo De Luca “è inaccettabile, è una proposta propagandistica che spacca l’Italia.” Stefano Bonaccini — che pur essendo il probabile prossimo segretario Pd sulla questione ha una posizione piuttosto ambigua a riguardo — ha detto che “se vogliono andare avanti faremo una mobilitazione con tanta gente nel Paese.” Il governatore pugliese Michele Emiliano ha detto che “ci indigna profondamente questa cosa di voler fare l’autonomia differenziata prima delle elezioni in Lombardia per evitare di far fare brutta figura alla Lega.” Questa è una critica che è stata rivolta anche da Carlo Calenda: il sospetto è che il progetto sia stato discusso ora per dare una mano alla Lega nelle prossime elezioni regionali lombarde, a cui mancano solo poche settimane.
E se a controbilanciare lo strapotere delle regioni tornassero le province? Calderoli e la Lega nelle scorse settimane ne hanno parlato diffusamente, e in una nota depositata alla commissione Affari costituzionali del Senato ha scritto che la riforma Delrio, con cui le province erano state semi-abolite, ha creato “inefficienze” e riduzione dei fondi a disposizione degli enti locali, e che sarebbe opportuno ripristinare “le funzioni fondamentali delle Province, a partire da quelle in materia di pianificazione territoriale, ambiente, edilizia scolastica, viabilità, raccolta ed elaborazione dati, assistenza agli enti locali.”