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“Ci organizziamo in meno di 10 minuti,” foto via Twitter

Gorillas è una nuova start-up di delivery appena arrivata anche a Milano, che si presenta come amante della bicicletta, più sostenibile e cool delle proprie concorrenti. Ma gli scioperi dei dipendenti di Berlino rivelano che le criticità siano sempre le stesse

Nuova piattaforma delivery, nuovo sciopero rider: cambiano le forme, meno la sostanza. A Berlino i rider di Gorillas, start-up di delivery in ascesa in borsa e da pochi giorni sbarcata anche in Italia, sono in sciopero con una mobilitazione ad oltranza presso i magazzini della società. La decisione è avvenuta dopo il licenziamento di un collega, ritenuto “ingiustificato,” con l’obiettivo di chiedere migliori condizioni contrattuali. 

Gorillas si sta candidando a diventare un nuovo modello di business delle consegne a domicilio in Europa. La giovane start-up a marzo ha guadagnato una super valutazione in borsa — che supera il miliardo di dollari — e l’ambito status di “unicorno,” sbarcando poi anche in Italia. La sua ascesa è stata rapida, ma ora l’azienda si ritrova ad affrontare i primi problemi con la gestione del lavoro e dei propri fattorini tipici di tutto il settore, che si sono organizzati nel giro di poche settimane. Da giovedì 10 giugno i rider della società tedesca, riuniti nel Gorillas Workers Collective, hanno convocato uno sciopero che si è protratto per due giorni, picchettando tutti i magazzini di Gorillas a Berlino e dintorni. Motivo: il giorno prima, mercoledì 9 giugno, è stato licenziato un loro collega, Santiago. Secondo il collettivo, alla base della decisione dell’azienda ci sarebbe soltanto un caso di ritardo. A questo fatto, si aggiungono le rivendicazioni dei rider, che chiedono contratti più chiari, ritmi di lavoro meno frenetici, strumenti di lavoro sicuri.

“È stato licenziato senza preavviso, in modo completamente ingiustificato”, ci racconta H., rider che preferisce rimanere anonimo. “Pretendiamo che sia assunto nuovamente. Stiamo affrontando numerose violazioni e pratiche di lavoro scorrette, e da mesi non cambia nulla, siamo piuttosto stanchi: abbiamo bisogno di salari migliori, di supporto dall’azienda, chiarezza sui periodi di malattia e vacanze.” H. lavora da sei mesi in Gorillas e non pensa che continuerà a lavorare per la società. “Nei mesi invernali non ho ricevuto neanche il cappotto, tutti noi abbiamo dovuto comprare il casco per iniziare a lavorare. Nel contratto che firmiamo c’è scritto che ci sarà fornito tutto l’equipaggiamento, ma senza il tuo smartphone non puoi lavorare: se per qualsiasi motivo non sei più in grado di ricevere gli ordini tramite app — se ad esempio ti si rompe nel bel mezzo del tuo turno, non ricevi un compenso — semplicemente non lavori più. È inaccettabile”. 

Eppure, i contratti ci sono: la paga media oraria prevista è di 10,50 euro all’ora, a cui vengono tolte le quote dell’assistenza sociale, lasciando un netto di circa 8 euro l’ora. Più le mance, che restano al rider e rappresentano spesso anche il 10% della paga. “I primi contratti che firmiamo hanno una durata di sei mesi, è il cosiddetto periodo di prova. Presumiamo che circa il 90% dei rider non venga rinnovato, quindi diventa una forma di licenziamento-rinnovo continuo. Il supporto che stiamo ricevendo viene da molte persone, ma soprattutto rider che hanno paura di non veder rinnovato il proprio contratto”. In pochi, tra loro, vogliono esporsi pubblicamente: “Possono licenziare cinquanta, cento rider, ma non possono licenziarci tutti, senza di noi Gorillas non può proseguire il proprio business”. 

I rider continuano a richiedere supporto in tutte le sedi cittadine di Gorillas, la lista delle quali nel frattempo è stata rimossa dal sito. Già nelle prime ore successiva alla convocazione della mobilitazione permanente, i rider hanno cercato il confronto con l’ad Kağan Sümer. La sua linea, espressa in una call aziendale, è stata quella di rifiutarsi di andare incontro alle richieste dei lavoratori, con parole peraltro discutibili: “Ho parlato con agenzie della pubblica amministrazione, colleghi e professionisti della comunicazione d’impresa, mi hanno detto di far calmare le acque. Ma se mi conoscete almeno un po’, sapete che preferirei morire per proteggere i mieivalori che non essere accomodante (ndr, to be a deescaletor)”. L’azienda ha inoltre sentito il bisogno di una comunicazione ufficiale sul profilo Instagram per proporre la sua versione dei fatti, sempre con le parole dell’ad, motivando il licenziamento del rider a causa di una sua grave cattiva condotta,.“Tenendo sempre a mente l’interesse della community”, fondata sul riding: “Siamo la prima organizzazione a lavorare attivamente per creare un senso di orgoglio e sicurezza nell’andare in bicicletta”. E per riaffermarlo, Sümer ha promesso che a fine giugno farà un tour in bici da Berlino in tutte le città per incontrare i rider. Lo sciopero, intanto, è continuato ad oltranza fino allo scorso weekend, e saranno presto annunciate nuove azioni, promette il Collettivo. 

Successivamente, a inizio settimana, il management ha deciso di inviare una lettera ai rider in cui si è reso consapevole di alcune problematiche sollevate nei giorni precedenti (come appunto sulle paghe e gli orari, il supporto tecnico, le avvertenze contrattuali), promettendo di risolverle presto. Lo sciopero, intanto, è continuato ad oltranza per tre giorni fino allo scorso weekend e, se Gorillas non spiegherà quando intende migliorare le condizioni di lavoro, saranno presto organizzate nuove azioni, annuncia il Collettivo. 

In tutti i siti della compagnia appaiono i feedback di alcuni utenti. Max si chiede: “Come è possibile in 6 minuti?”

Nelle ultime settimane il clima entusiastico che ha circondato il successo di Gorillas è stato viziato dai primi malumori. Già lo scorso febbraio, le consegne si sono scontrate con le rigide temperature invernali, suscitando lamentele da parte dei rider, che si sono scoperti senza il giusto equipaggiamento termico. È in quei giorni che si muovono i primi passi del  Gorillas Workers Collective. Le critiche sono aumentate di pari passo al lavoro su strada dei fattorini — insieme alla creazione di una frequentata pagina di meme. Sentiti da Motherboard, i rider hanno ammesso continui fastidi: il formato più contenuto — magari più “cool” — dello zaino delle consegne di Gorillas provoca dolori alla schiena a chi lo porta per tante ore, specie con pacchi pesanti; i ritmi di impacchettamento e consegna si sono fatti incessanti e il clima all’interno del magazzino non è risultato sempre sereno; le bici elettriche sono sì fornite da Gorillas, ma non sempre sono adatte all’uso continuo, in condizioni meteo avverse o per tutte le strade, quindi spesso sono rotte o malfunzionanti. E i salari? Sebbene contrattualizzati, accadono talvolta ritardi nei pagamenti, o differenti paghe orarie non comunicate precedentemente. Non ultimo, l’app di uso quotidiano di Gorillas non sarebbe così sicura, ma lascerebbe esposti a possibili leak indirizzi, contatti personali e documenti non pubblici, come ha mostrato il Collective Zerforschung. 

“We are not business people building a delivery company — we are delivery people building a business” — è il motto dell’ad di Gorillas, Kağan Sümer.

Sono quindi aumentate le critiche al management, descritto come non curante di qualsiasi prospettiva aziendale sul lungo periodo e ammaliato dal successo. E soprattutto poco ricettivo alle richieste dei lavoratori su strada e nei magazzini. “Ci organizziamo in meno di 10 minuti”, dice uno striscione dei rider e degli attivisti fuori il magazzino di Kreuzberg, nella capitale tedesca, scimmiottando il motto di Gorillas “Ti portiamo la spesa in 10 minuti”. La capitale tedesca è la casa di Gorillas, qui è stata fondata poco più di un anno fa da Kağan Sümer, 32enne “appassionato di bici”. Da lì oggi l’azienda è attiva in altre città tedesche, come nei Paesi Bassi e in Gran Bretagna. Tra i motivi della credibilità tra gli investitori figura il nuovo modello di business proposto, differente dalle tanto criticate piattaforme gig del delivery: la mission – come si legge nel manifesto sul sito – è portare la spesa a casa di chi la ordina in pochi minuti, appunto, con un costo di spedizione fisso e basso (1,80 euro), grazie alla crew di rider che si muovono in città, regolarmente assunti, con e-bike e tute fornite da Gorillas. I prodotti sono beni di primo “bisogno”, di rivenditori locali o tenuti nei magazzini aziendali, i dark store (modalità usata oggi anche da Glovo e Blok, come Walmart).

E in Italia?

Dal 31 maggio Gorillas opera anche in Italia, presto in arrivo anche a Torino, Genova e Roma. Se abitate a Milano, ve ne sarete già accorti: il servizio partirà da quartieri di De Angeli-City Life, Colonne, Nolo-Centrale e poi in Porta Romana-Lodi. Nei diversi interventi sulla stampa, anche a cura dell’ad Alessandro Colella, Gorillas tiene fede allo storytelling della casa madre berlinese – in un concentrato di sostenibilità, amore per la bicicletta e coolness (“l’uniforme più figa di tutte le altre in giro”). Con un’unica eccezione, sul sito italiano si cercano “biker”, non chiamateli rider.