Conteso tra pensiero reazionario e progressista, ma sbilanciato a sinistra negli ultimi anni, il concetto di “accelerazionismo” sta tornando in voga tra le parole d’ordine degli estremisti di destra su internet.
Il termine accelerazionismo si è diffuso rapidamente su internet e nella cultura giovanile negli ultimi cinque anni. Portato alla ribalta in Italia attraverso la pubblicazione di Inventare il futuro (Nero, 2018) e Manifesto accelerazionista (Laterza, 2018), ha fatto rientrare nel dibattito politico — semiseriamente, se vogliamo — alcuni argomenti fondamentali che la sinistra aveva abbandonato: grazie allo spettro o al sogno della piena automazione (a seconda di come la vediate) si è tornati a parlare di reddito universale e, nell’immediato, di riduzione degli orari di lavoro.
L’accelerazionismo, inteso come il “pacchetto” di idee promosso dai filosofi inglesi Nick Srnicek e Alex Williams, ha la forza di parlare di nuovo di lavoro attraverso una lente che non è stata lasciata ammuffire negli ultimi vent’anni. Srnicek e Williams hanno svolto un servizio importante per scuotere il dibattito — soprattutto giovanile — attorno ai partiti progressisti. Sono idee che hanno un fascino innegabile, provato ancora di recente dall’interesse intorno a Andrew Yang, il candidato alle primarie democratiche per il 2020, che parlando di reddito universale ha intrigato non solo molti democratici, ma anche troll neonazisti, libertariani, e ovviamente goth.
Il lavoro di Srnicek e Williams è stato così efficace nel rivendicare l’accelerazionismo che nel giro di pochi anni le radici reazionarie e post–randiane dell’idea di accelerare il capitalismo per arrivare alla sua dissoluzione, teorizzate da Nick Land a fine anni Novanta, sono state fortemente depotenziate. L’incubo distopico di Land — un capitalismo tecnologico senza limiti che sostituisce ogni altra forma di organizzazione, statale e sociale — non aveva più spazio per mascherarsi da sogno, mentre la società faceva i conti con l’alienazione oppressiva del capitalismo in fase terminale.
Fuori dal dibattito filosofico e dai meme, però, l’accelerazionismo mantiene ancora un fortissimo fascino per adepti dell’estrema destra online, in una forma spogliata di qualsiasi discorso anti–capitalista o laburista, assumendo contorni praticamente nichilisti.
Tanto per fare un esempio: Brenton Tarrant, l’autore della strage nelle moschee di Christchurch, ha citato l’accelerazionismo nel proprio “manifesto.” In un paragrafo intitolato “Destabilizzazione e accelerazionismo: tattiche per la vittoria,” il neonazista spiega che “è meglio incoraggiare (qualsiasi) cambiamento, anche violento e radicale, a prescindere dalle sue origini. In tempi di cambiamenti radicali lo scontento sociale è grande.”
Tarrant continua: “Bisogna incitare al conflitto. Appendete manifesti vicini ai parchi a favore della sharia, e poi la settimana dopo copriteli con manifesti a favore dell’espulsione di tutti i migranti, ripetete in tutti gli spazi pubblici finché non scoppia una crisi.”
Dalla pubblicazione del manifesto, nelle ore successive all’attentato in Nuova Zelanda, troll di estrema destra nei propri habitat naturali, Gab e 8chan, ma lentamente anche su social network più mainstream, hanno iniziato a usare il termine per rivestire di nuovo fascino e intellettualismo le proprie strategie di propaganda. È questo il nuovo accelerazionismo neonazista: non una filosofia complessa, ma un’etichetta qualsiasi per abbellire la propria strategia della tensione.
A prima vista, non sembra essere una deriva degna di nota: è la stessa cosa che è successa al concetto stesso di controinformazione nel corso degli ultimi vent’anni. In quel caso, un passo alla volta, si è smantellata la retorica della necessità di un’informazione antagonista “contro il grande capitale,” sostituendo gradualmente alla lotta contro gruppi di potere realmente esistenti un mostro complottista che maschera, con diverso successo di caso in caso, una macchina retorica antisemita e xenofoba.
Quello che sta succedendo al termine “accelerazionismo” però diverso, e forse anche più spaventoso. Se la costruzione di una controinformazione di destra ha costituito in questi anni una prima fase nella destabilizzazione delle democrazie, l’accelerazionismo proposto da Tarrant e immediatamente popolarizzato su internet costituisce un passo successivo: accendere la miccia della tensione razziale in una società dove negli ultimi anni la xenofobia è tornata ad essere una parte legittima del dibattito pubblico.
Roman Wolf, tra i responsabili della comunicazione di the Base, il social network neonazista, parla di accelerazione in un senso strettissimo: bisogna prendere le persone che sono diventate parte della “alt right,” che ora orbitano attorno a siti internet o partiti dell’estrema destra, e spiegargli che “i bianchi” sono davvero sull’orlo della catastrofe. E che, in sostanza, bisogna prendere le armi.
È la tesi sposata anche dalla Atomwaffen Division, un gruppo neo-nazista paramilitare che distribuisce materiali online e in boot camp dove addestra giovani in quello che, fosse di qualsiasi altro colore o ispirazione, verrebbe chiamato da tutti terrorismo. AWD è stato il primo gruppo neonazista a parlare apertamente di accelerazionismo, ispirandosi direttamente dalla cellula terroristica The Order, fondata da Robert Jay Mathews negli anni Ottanta.
Si tratta di vera e propria radicalizzazione, i cui scopi sono violenti — non un semplice tentativo di rivitalizzare il culto della morte conservatore cercando di fare propria, ad esempio, la vaporwave.
In un post su 8chan, un utente anonimo spiega come lo scopo di Bretton fosse quello di accelerare le reazioni “liberticide” dei progressisti, “censura, controllo delle armi, limitazioni alla libertà di parola, eccetera…” Prima che si chiamasse accelerazionismo, questa teoria era sposata anche da William Pierce, fondatore della National Alliance e vera e propria icona dell’estrema destra statunitense, che nei Turner Diaries presenta la figura caricaturale del “conservatore responsabile,” che, sostanzialmente, rifugge dai metodi del terrorismo — unico modo, secondo l’autore e ora anche secondo gli accelerazionisti neonazisti, di rivelare la vera identità delle “democrazie occidentali.”
A differenza dell’anarcocapitalismo sognato da Land e dall’accelerazionismo di sinistra, i neonazisti che parlano di accelerazionismo ne negano uno dei presupposti fondamentali: la critica dei meccanismi di funzione del capitalismo. Quando i neonazisti parlando di accelerazionismo parlano della costruzione di un ipotetico etno–stato bianco, non di un’evoluzione del modello attuale di società, per superare il sistema capitalista, causa ultima del malessere che si registra oggi e su cui l’estrema destra vuole lucrare. In questo senso, esattamente come la loro ideologia, il loro progetto è anti–popolare, e incapace di trovare una risposta alle stesse tensioni sociali che sperano di scatenare. Fortunatamente stiamo parlando di frange minoritarie all’interno di gruppi composti da pochissime persone, il cui primo talento è sapere come apparire più grandi e numerosi di quanti siano davvero. Senza sminuire la gigantesca tragedia umana di Christchurch, non abbiamo modo di credere che queste persone rappresentino attualmente una minaccia misurabile per la società. Ma il loro disegno per creare progressivamente sempre più tensione è in atto, e il suo pericolo non può essere ignorato.
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