Dall’estate scorsa l’algoritmo di YouTube cancella video dalla guerra in Siria, scambiandoli per propaganda — che invece sopravvive senza problemi.
Il 18 febbraio, il regime del presidente Bashar al-Assad ha lanciato un assalto aereo sulla Ghouta orientale, un’enclave dell’opposizione alla periferia di Damasco, dove 400 mila residenti vivono sotto l’assedio imposto dal governo dal 2013. Circa 500 civili sono stati uccisi in meno di una settimana. Gli abitanti dell’area della Ghouta sono stati tra coloro che nel 2011 hanno preso parte alla rivolta contro il presidente Assad, evolutasi poi nella sanguinosa e violenta guerra civile che ne ha fatto una roccaforte ribelle. L’assedio delle forze governative in alcune zone della Ghouta aveva avuto inizio l’anno seguente.
In quello stesso anno, Assad fu accusato dalle potenze occidentali di aver sganciato bombe al sarin — un gas nervino che aggredisce il sistema nervoso ed è letale anche in minima concentrazione, e che provoca difficoltà respiratorie, contrazione delle pupille, vomito, perdita di urina e feci, spasmi convulsivi e morte per soffocamento — in diverse aree ribelli, causando la morte di centinaia di persone. Sono accuse che si sarebbero replicate per l’anno successivo, e per quello dopo ancora. Ma il capo del governo siriano ha sempre negato l’accusa, incolpando gli stessi ribelli – nonostante questi non dispongano di alcun arsenale di armi chimiche.
Gran parte di ciò che il mondo conosce della difficile situazione della Ghouta viene dagli abitanti della zona che da anni caricano video su YouTube: immagini di attacchi aerei, bombardamenti, interi quartieri distrutti e atrocità. Tra quelle immagini, molte riguardano i bombardamenti chimici al gas sarin che negli ultimi anni si sono abbattuti sulla zona per mano del regime siriano. Immagini rilevanti non solo a livello giornalistico, dal momento che l’utilizzo di armi chimiche è regolamentato e proibito dalla Chemical Weapons Convention, redatta dalla Organisation for the Prohibition of Chemical Weapons nel 2014. Il 19 febbraio, Eliot Higgins – fondatore di Bellingcat e analista che ha aperto la strada all’uso delle prove “open-source” nelle indagini sui conflitti – ha compilato una playlist di video di YouTube girati nell’enclave durante l’ultimo attacco: immagini che lasciano pochi dubbi su cosa sia accaduto quel giorno. Vediamo il corpo di un bambino caricato in un’ambulanza, persone che urlano mentre arrancano tra le macerie di edifici distrutti e jet da combattimento che sorvolano il cielo oscurato di polvere. Attualmente la maggior parte dei sobborghi di Damasco, sottratta ai ribelli, è tornata sotto il controllo del governo.
Negli ultimi giorni di febbraio la zona – insieme a quella della città vecchia – è diventata un vero e proprio cimitero a cielo aperto. Notizie e immagini che non avremmo più voluto leggere e vedere dopo quelle degli attacchi degli ultimi anni.
Durante l’estate del 2017, YouTube ha introdotto un algoritmo basato sull’apprendimento automatico al fine di contrassegnare i video per violazioni relative ai termini di servizio (ToS).
Lo scopo dell’algoritmo pare fosse quello di accelerare la rimozione dei video di propaganda di gruppi estremisti come l’ISIS, ma ha anche contrassegnato e rimosso moltissimi contenuti di attivisti e organizzazioni umanitarie: più di 900 canali erano scomparsi nel giro di pochi giorni, compresi quelli gestiti da Higgins e Bellingcat. Sia New York Times che Intercept avevano denunciato quanto stava accadendo.
Molti video (compresi quelli di Higgins e Bellingcat) sono stati infine ripristinati e il ritmo delle rimozioni pareva essere rallentato. Ma tra settembre e dicembre dello scorso anno, tempo dopo che la questione aveva smesso di attirare l’attenzione dei media, circa 70 canali di quelli monitorati dal Syrian Archive – che scarica i contenuti e li cataloga – risultavano offline: oltre 400.000 video erano stati eliminati. Il numero totale di canali cancellati tornava a salire, fino a 216. È stato registrato che diversi canali sono scomparsi anche da inizio 2018 a oggi.
Mentre il bilancio delle vittime continua a salire e si susseguono gli appelli di ONU e organizzazioni umanitarie per la dichiarazione di un cessate il fuoco, Zeid Ra’ad al-Hussein, a capo del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, definisce il bombardamento di Ghouta di parte governativa come “una mostruosa campagna di annientamento”. E conclude: “Questi sono crimini di guerra.” Dall’ONU intanto si parla dell’ennesima bozza di risoluzione nei confronti del governo siriano. Ma anche l’alleato russo commenta l’avvertimento come un’eventualità “poco realistica.”
Nel frattempo, lontano dai palazzi di vetro, le bombe continuano a cadere e il bilancio delle vittime a salire – non solo a Ghouta, ma in tutte le zone più calde del Paese.
Da gennaio, 55 dei 216 canali sono stati ripristinati. Ma secondo Hadi al-Khatib, fondatore e direttore del Syrian Archive, si tratta di una vittoria parziale: “Non siamo esattamente a conoscenza del numero di canali e di video cancellati o messi offline. I dati che abbiamo sono parziali e falsati soprattutto dalla riluttanza di YouTube a condividere informazioni sulle eliminazioni, sui veri termini e condizioni d’uso e come vengono applicate le normative relative.” In sostanza, non conosceremo mai il numero reale dei canali rimossi o “spenti”, a meno che YouTube non pubblichi un rapporto dettagliato, o ne fornisca una lista. “Molte delle eliminazioni sono state cicliche: un esempio di spicco è Shaam News, un progetto di citizen journalism responsabile del caricamento di 245.000 video. Il sito si appoggiava su contenuti caricati su YouTube, ripristinati almeno quattro volte a seguito della protesta durissima degli attivisti contro la cancellazione. I canali non vengono sempre ripristinati completamente e talvolta vengono restituiti con almeno il 20% dei video mancanti.”
Inoltre, è tutt’altro che chiaro come funziona realmente l’algoritmo di YouTube, quanto è efficace o cosa è programmato come marcatore, e la società si rifiuta di condividere informazioni sul tasso di errore dell’algoritmo o sul numero totale di eliminazioni a cui ha contribuito il nuovo programma.
Le eliminazioni in corso rivelano problemi che gli attivisti e le aziende tecnologiche e mediatiche sono destinate ad affrontare per i prossimi decenni. Con i governi preoccupati per la diffusione online dell’estremismo e le piattaforme tecnologiche accusate di essere canale preferenziale di propaganda per fanatici e terroristi, è probabile che l’applicazione dei Termini di Servizio (ToS) diventerà più severa. Il fatto che negli ultimi anni siano stati introdotti algoritmi di apprendimento automatico che consentono alle autorità il controllo dei contenuti significa che la piattaforma di videosharing ora dispone degli strumenti e degli incentivi per eliminare i contenuti di massa senza l’obbligo di particolari spiegazioni nei confronti degli utenti. Molti dei contenuti oscurati o eliminati avrebbero potuto essere o rivelarsi di valore storico, politico, legale, morale.
Ad oggi, la storia della guerra civile siriana è ancora di fatto alla mercé di YouTube, ed è ancora impossibile quantificare quante siano le testimonianze e i video contenenti prove incontrovertibili di crimini di guerra tenute offline, o perdute per sempre.