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foto: Ufficio stampa del governo israeliano

Il giorno dopo la ritorsione iraniana su Israele ha visto gli Stati Uniti e i loro alleati occidentali in una situazione complessa, costretti confrontarsi con contraddizioni e gravi difficoltà diplomatiche. Parlando a una seduta straordinaria del Consiglio di Sicurezza, il segretario generale delle Nazioni Unite Guterres ha avvertito che si è ormai “a un passo” dal conflitto regionale, e ha ricordato ai membri del Consiglio che hanno “una responsabilità condivisa per lavorare per la pace.” L’ambasciatore israeliano Gilad Erdan ha criticato il Consiglio, chiedendo loro “cosa avete fatto per proteggere il mondo dall’Iran,” ha paragonato di nuovo Khamenei a Hitler, e ha poi chiesto ulteriori sanzioni contro l’Iran. L’ambasciatore iraniano Amir Saeid Iravani si è rifiutato di rispondere alle accuse di Erdan, muovendo a sua volta un’accusa incrociata a Stati Uniti, Regno Unito e Francia, che hanno deciso di “chiudere gli occhi di fronte alla realtà” delle cause che hanno portato all’attacco iraniano: “Con un comportamento ipocrita, questi 3 paesi hanno accusato erroneamente l’Iran senza considerare la propria incapacità nel far rispettare gli impegni internazionali alla pace e alla sicurezza nella regione.”

Amir Saeid Iravani ha garantito che “l’Iran non ha nessuna intenzione di entrare in conflitto con gli Stati Uniti nella regione”: “Abbiamo dimostrato il nostro impegno per la pace mostrano esercitando moderazione nel coinvolgere l’esercito statunitense nell’intercettare i droni e i missili iraniani diretti verso gli obiettivi militari nei territori occupati palestinesi.” Quanto detto dall’ambasciatore combacia con quanto riferito dai funzionari di Turchia, Giordania e Iraq — che avevano confermato di aver ricevuto informazioni sull’attacco già 72 ore prima, come dichiarato anche dal ministero degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian. Un funzionario statunitense, rimasto anonimo, nega invece che Washington abbia ricevuto una notifica da Teheran prima dell’inizio dell’attacco.

Per gli Stati Uniti, la situazione è un puzzle diplomatico difficile da ricomporre: la ritorsione iraniana è tornata a schiacciare la politica statunitense sul supporto totale a Israele, dopo settimane di frustrazione sul mancato rispetto delle leggi internazionali umanitarie da parte delle IDF a Gaza. Sull’onda dell’attacco, il presidente della Camera dei rappresentanti Johnson proverà questa settimana a far approvare un pacchetto per armare ulteriormente Israele, ma nel frattempo la Casa bianca ha ufficializzato la posizione di Biden — finora rimasta nei retroscena — che gli Stati Uniti non sosterranno un qualsiasi ulteriore attacco israeliano contro l’Iran.

L’attacco iraniano non è bastato a distrarre le IDF per una giornata intera: domenica l’aviazione israeliana ha condotto puntualmente i propri bombardamenti giornalieri sulla Striscia di Gaza, colpendo questa volta il centro della Striscia, nei pressi del campo profughi di Nuseirat. Mentre scriviamo sono confermati 5 morti, e si parla di “decine” di feriti. In Cisgiordania, nel governatorato di Jenin si è tenuto un altro attacco da parte di coloni israeliani, a cui ha fatto seguito un raid delle forze di occupazione israeliane.


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