Donald T
Donald Tusk accoglie a Varsavia il Primo ministro ucraino Denys Šmyhal. Foto via Twitter

Il Primo ministro polacco Donald Tusk ha concesso un’intervista al network Lena — la “Leading European Newspaper Alliance,” di cui fanno parte le Figaro, Gazeta Wyborcza, el País, Repubblica, le Soir, Tages-Anzeiger, Tribune de Genève, die Welt — per dire in un colpo solo a tutta l’Europa che bisogna prendere le armi. Tusk anticipa che “non vuole spaventare nessuno,” ma prosegue con tinte fosche: “La guerra non è più un concetto del passato. È reale, anzi è già iniziata più di due anni fa. La cosa più preoccupante è che ogni scenario è possibile, letteralmente. È la prima volta dal 1945 che ci troviamo in una situazione del genere. (…) So che sembra devastante, soprattutto per i più giovani, ma dobbiamo abituarci mentalmente all’arrivo di una nuova era. È l’era prebellica. Non sto esagerando. Sta diventando ogni giorno più evidente.”

Tusk riporta anche di un diverbio con il Primo ministro spagnolo Sánchez: “Ci ha chiesto di smettere di usare la parola ‘guerra’ nelle dichiarazioni. Ha sostenuto che la gente non vuole sentirsi minacciata, che in Spagna suona astratto. Ho risposto che nella mia parte d’Europa la guerra non è più un’astrazione e che il nostro dovere non è discutere, ma agire e prepararci a difenderci.” Nell’intervista Tusk rivendica che “c’è una vera e propria rivoluzione nella mentalità europea, anni fa, dice Tusk, “quando ho detto che la Russia era un problema per l’Europa, non un partner, la gente scrollava le spalle: ma certo, è polacco, è russofobo;” ora, invece, le cose sono cambiate: in Germania “c’è stata un’enorme inversione di tendenza,” “oggi i principali partiti, la Cdu e l’Spd, sono in competizione tra loro su chi sia un sostenitore più convinto dell’Ucraina,” ed Emmanuel Macron è determinato “a diventare uno dei leader del fronte anti-Putin in Europa.”

Perché questo improvvisa durezza? Presto detto: “Non c’è motivo per cui gli europei non debbano rispettare un principio fondamentale e spendere almeno il 2% del Pil per la difesa.” “Possiamo discutere di Eurobond per la difesa e di un maggiore coinvolgimento della Banca europea per gli investimenti (Bei). Ma dobbiamo spendere il più possibile per acquistare attrezzature e munizioni per l’Ucraina, perché stiamo vivendo il momento più critico dalla fine della Seconda guerra mondiale.”

Ma è così forte la minaccia dell’arrivo della guerra in Europa? Secondo il complesso militare statunitense — non l’insieme di teste più pro–Putin che ci viene in mente — no: venerdì l’Istituto per lo studio della guerra, il think tank legato all’industria delle armi statunitense che più da vicino ha seguito il conflitto in Ucraina, ha pubblicato un saggio in cui gli autori descrivono il confronto in Ucraina come una guerra di posizione. Mercoledì un retroscena di Bloomberg parlava di funzionari statunitensi infastiditi dalle affermazioni bellicose di Macron — il presidente francese sostiene che le minacce servono per evitare ulteriore escalation da parte della Russia, ma secondo gli Stati Uniti c’è il rischio che sortiscano l’effetto opposto, “fomentando lo scontro con Mosca.”

Mentre Tusk parlava con i quotidiani europei, Zelenskyj rilasciava un’intervista al Washington Post con un messaggio ugualmente minaccio al congresso statunitense: se non arriveranno armi per fermare gli attacchi russi, l’Ucraina continuerà l’escalation dei contrattacchi su aeroporti, impianti energetici e altri obiettivi strategici russi. Nell’intervista, Zelenskyj conferma “la reazione negli Stati Uniti non è stata positiva” agli attacchi drone condotti dall’Ucraina su territorio russo, ma “abbiamo usato i nostri droni. Nessuno ci può dire che non possiamo.” “Se non abbiamo difese aeree per proteggere i nostri sistemi energetici, e i russi li attaccano, la mia domanda è: perché non possiamo rispondere? Anche la loro società deve imparare a vivere senza petrolio, senza diesel, senza elettricità… È giusto.” La logica è quella della deterrenza — “quando la Russia smetterà di fare tutto questo, smetteremo anche noi” — ma è ovviamente difficile, anche semplicemente a livello retorico, chiedere armamenti dicendo che una volta ricevuti si useranno meno armi per l’attacco.


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