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Christiane Baissary intervista Blinken su Al–Hadath. Foto via Twitter @cristianbaysari

Nelle scorse 24 ore le IDF hanno ucciso più di 100 persone: 90 nel contesto dell’occupazione dell’ospedale al–Shifa di Gaza, tutti miliziani secondo la versione israeliana, mentre 12, confermati civili, sono stati uccisi in diversi bombardamenti che hanno colpito edifici residenziali in tutta la Striscia. Si è trattata insomma di una giornata particolarmente violenta — come succede ciclicamente, come reazione trasparente alle pressioni diplomatiche internazionali e degli alleati di Tel Aviv. Mentre le IDF conducevano raid nell’ospedale al–Shifa per il terzo giorno consecutivo, il governo Netanyahu VI inviava un documento scritto per assicurare il dipartimento di Stato statunitense che le armi fornite dagli Stati Uniti non venivano usate per violare leggi umanitarie. Il dipartimento di Stato ora avrà fino a maggio (!) per valutare se le dichiarazioni israeliane sono credibili, e farà poi riferimento al Congresso statunitense.

Il segretario di Stato statunitense Blinken ha iniziato un altro tour del Sud Ovest asiatico, nella speranza di facilitare la trattativa per il cessate il fuoco — è il sesto round di consultazioni diplomatiche che Blinken tiene dall’inizio dell’aggressione israeliana, ma lui stesso sostiene che questa volta si farà di più: “Ci stiamo preparando per un cessate il fuoco immediato,” legato al rilascio dei prigionieri. Non è il cessate il fuoco di cui parla il resto del mondo — che usa l’espressione per chiedere la fine dell’aggressione — ma a piccoli passi anche gli Stati Uniti si stanno avvicinando a riconoscere la necessità di una conclusione ferma delle violenze: Washington chiede di poter intensificare l’azione umanitaria sulla Striscia, anche perché “questo creerebbe le condizioni di avere poi un cessate il fuoco duraturo.” Secondo gli Stati Uniti le distanze tra rappresentanti del governo Netanyahu VI e del politburo di Hamas “si stanno restringendo,” ma il funzionario di Hamas Osama Hamdan ha dichiarato che finora i mediatori israeliani hanno presentato posizioni “generalmente negative” e che “non rispondono alle aspirazioni del nostro popolo.” Secondo Hamdan, le risposte israeliane costituiscono “un passo indietro,” e rispetto alle posizioni precedenti “probabilmente rallenteranno i negoziati, e potrebbero portare a un impasse.”

Le dichiarazioni di Blinken arrivano da un’intervista con il canale di news saudita Al–Hadath, in cui il segretario di Stato annuncia per la prima volta che gli Stati Uniti hanno presentato al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite una risoluzione che chiede il “cessate il fuoco immediato”: “Speriamo che gli altri paesi lo sostengano, credo che manderebbe un messaggio molto forte.” In uno scambio ai limiti del satirico, l’intervistatrice Christiane Baissary fa notare a Blinken che “ultimamente Hamas è molto pragmatico, prima volevano il cessate il fuoco, ora accetterebbero anche una tregua di 6 settimane, mentre invece Israele non sta accettando niente, perché vogliono lanciare un attacco su Rafah.” A questo appunto, Blinken risponde: “Beh, per prima cosa, ovviamente, se Hamas fosse davvero pragmatico non avrebbe mai fatto quello che ha fatto il 7 ottobre.” Il segretario di Stato riporta poi la tesi che i miliziani si starebbero “nascondendo dietro i civili,” una teoria più volte usata — sia da Israele che dagli Stati Uniti in altre regioni — per giustificare l’uccisione indiscriminata di civili. Mentre scriviamo le Nazioni Unite non hanno rilasciato nessun commento riguardo alla ricezione della risoluzione statunitense.


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