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L’esercito statunitense ha lanciato una serie di attacchi aerei contro obiettivi affiliati all’Iran in Siria e Iraq, come ritorsione per l’attacco drone in Giordania in cui sono stati uccisi 3 soldati. Mentre scriviamo si contano già 85 attacchi, concentrati in 7 località — 4 in Siria, 3 in Iraq. Non è chiaro quante persone siano state uccise nei bombardamenti, e se c’è la possibilità di morti civili, anche se Washington sostiene di aver colpito solo obiettivi militari. Il tenente generale Douglas Sims ha dichiarato che gli attacchi sono stati un successo — perché si sono osservate esplosioni secondarie, segno di aver colpito armi ed esplosivi dei gruppi militanti — ma ha ammesso che l’operazione è stata lanciata sapendo che avrebbe causato morti. L’aviazione statunitense non ha attaccato obiettivi all’interno del territorio iraniano, ma l’attacco costituisce una cospicua escalation delle tensioni regionali scatenate dall’invasione di Gaza.

L’attacco ha scatenato ovviamente molte condanne. L’esercito siriano ha pubblicato una dichiarazione in cui parla di una “aggressione sfacciata” e “senza giustificazioni,” che ha causato “molti morti militari e civili, ferendo altri e causando gravi danni a proprietà pubbliche e private.” Il portavoce dell’esercito iracheno Yahya Rasool ha dichiarato che “gli attacchi costituiscono una violazione della sovranità irachena,” e costituiscono “una minaccia che trascinerà l’Iraq e la regione in conseguenze indesiderate, conseguenze che saranno negative per la sicurezza e la stabilità dell’Iraq e della regione.” Parlando con la stampa, John Kirby ha dichiarato che Washington aveva informato il governo iracheno prima degli attacchi — anche se ovviamente questo non li rende meno problematici a livello internazionale. Rouhani ha commentato la notizia al telefono con Putin — il Cremlino riferisce che il leader iraniano avrebbe dichiarato che gli attacchi in Siria avevano violato le leggi internazionali.

I bombardamenti sono scattati nello stesso giorno della circolazione di una dichiarazione firmata da 800 funzionari di stato statunitensi, britannici ed europei, in cui si avvertono i rispettivi governi dell’essersi resi complici dell’aggressiione israeliana di Gaza, descritta dai firmatari come “una delle peggiori catastrofi del secolo,” in cui si stanno susseguendo “gravi violazioni delle leggi internazionali.” L’accusa avanzata dagli autori è specifica: “Le voci di chi conosce la regione e le sue dinamiche non sono state ascoltate.” Il documento sottolinea che il governo Netanyahu VI non conosce “confini” nelle proprie operazioni militari. “C’è il rischio plausibile che le politiche dei nostri governi stiano contribuendo a gravi violazioni delle leggi internazionali, a crimini di guerra e persino a pulizia etnica e genocidio.” I firmatari sono ovviamente rimasti anonimi per paura di ritorsioni.


L’aggressione di Gaza sembra destinata ad allargarsi ulteriormente: l’aviazione delle IDF ha iniziato a bombardare la periferia di Rafah, considerato l’ultimo luogo sicuro della Striscia, a sud di Gaza e vicino al confine con l’Egitto. Più di metà della popolazione dell’intera Striscia ha trovato rifugio a Rafah, ed è ora terrorizzata dall’eventualità di un possibile attacco massiccio. Mercoledì il ministro della Difesa israeliano Gallant aveva detto, durante una visita a Khan Yunis, che le IDF avrebbero raggiunto Rafah per “eliminare tutte le persone che sono terroristi che vogliono farci del male.”

L’UNICEF ha pubblicato un comunicato in cui si stima che almeno 17.000 minori siano rimasti senza accompagnamento o siano stati separati dalle proprie famiglie nel contesto dell’aggressione israeliana di Gaza. Si tratta, ovviamente, solo di una stima — informazioni di questo genere sono impossibili da aggregare nel caos dell’attacco delle IDF. Il comunicato stampa cita dichiarazioni del responsabile comunicazione UNICEF per lo stato palestinese, Jonathan Crickx, che racconta della propria esperienza a Gaza.


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