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Dalla — più o meno vera — ingerenza russa sulle elezioni del 2016 a questi due anni di guerra in Ucraina, la retorica del Partito democratico statunitense ha visto una progressiva radicalizzazione belligerante. Parlando con CNN la ex presidente della Camera dei rappresentanti Nancy Pelosi ha dichiarato che i cittadini statunitensi che chiedono il cessate il fuoco stanno riportando “il messaggio di Putin,” e che l’FBI dovrebbe indagare sui “finanziamenti” di chi partecipa alle manifestazioni in supporto alla causa palestinese — dicendo, in modo non troppo implicito, che sospetta che ci siano finanziamenti russi dietro le proteste. “Credo che alcuni di questi manifestanti siano spontanei, organici e sinceri. Ma altri, credo, sono collegati alla Russia. E lo dico dopo aver approfondito questo argomento a lungo.” Pelosi ha ammesso che “bisogna fermare la sofferenza a Gaza,” ma non smettendo di bombardare, evidentemente.

Nihad Awad, direttore esecutivo del Council on American-Islamic Relations si è descritto come “profondamente disturbato” dalle dichiarazioni di Pelosi: “La sua richiesta all’FBI di investigare i manifestanti senza nessuna prova è decisamente dispotica.” “I suoi commenti mostrano ancora una volta l’impatto negativo di decenni di disumanizzazione del popolo palestinese da parte di chi sostiene l’apartheid israeliana.” Le dichiarazioni di Pelosi segnano anche un progressivo scollamento della leadership democratica con il proprio elettorato, in particolare quello più giovane, che guarda con sospetto alle intenzioni dichiarate dal governo Netanyahu VI per giustificare l’aggressione di Gaza.

Nel frattempo, 3 soldati statunitensi sono stati uccisi in un attacco drone nel nord–est della Giordania, vicino al confine con la Siria. Joe Biden ha commentato la notizia in modo particolarmente duro, dicendo che l’attacco era opera di “gruppi militanti radicali sostenuti dall’Iran” — senza specificare quali o fornire prove — e concludendo la propria dichiarazione in modo minaccioso: “Non abbiate dubbi: la faremo pagare a tutti i responsabili, in un momento e in un modo a nostra scelta.” L’attacco è stato rivendicato dalla rete di gruppi Resistenza islamica in Iraq, dicendo che l’attacco è arrivato in risposta all’aggressione della Striscia di Gaza. Le autorità iraniane negano di essere coinvolte anche per procura nell’attacco, e anzi rigirano l’accusa, dicendo che si tratterebbe di una “cospirazione” attuata da chi vuole trascinare gli Stati Uniti in un nuovo conflitto nella regione.

I funzionari di Egitto, Qatar e Israele si sono incontrati a Parigi, insieme al direttore della CIA William Burns, per discutere della liberazione dei prigionieri israeliani — in cambio di un cessate il fuoco, seppur temporaneo. Secondo fonti israeliane l’incontro sarebbe stato “costruttivo,” e Burns nei prossimi giorni dovrebbe incontrare propri colleghi israeliani e egiziani — oltre al Primo ministro qatarino — per cercare di arrivare alla chiusura di un accordo. Gli sviluppi diplomatici per ora non hanno portato a nessun miglioramento della situazione a Gaza: anche domenica le IDF hanno ucciso decine di civili, tra cui anche un giornalista, Issam Al-Lulu, ucciso insieme alla moglie e i due figli. Con lui il numero di giornalisti uccisi dall’inizio dell’aggressione di Gaza arriva a 121.

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