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Con 13 voti a favori e con l’astensione di Russia e Stati Uniti, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è riuscito ad approvare una risoluzione sull’aggressione israeliana di Gaza. È stata una lunga trafila, con il voto rimandato per 6 giorni mentre i diplomatici cercavano di arrivare a un testo che gli Stati Uniti potessero non fermare con veto, e il risultato è un testo prevedibilmente molto diluito: non si chiede più un cessate il fuoco, e nemmeno una “sospensione delle ostilità,” ma di avviare azioni “per creare le condizioni per una cessazione sostenibile delle ostilità.” Il testo originale chiedeva una “cessazione delle ostilità urgente e sostenibile.” Dopo una settimana di ostruzionismo, e senza aver comunque votato per la risoluzione, l’ambasciatrice statunitense Linda Thomas–Greenfield ha tirato un sospiro di sollievo: “È stata dura, ma ce l’abbiamo fatta.” Secondo gli Stati Uniti, “gli Stati Uniti hanno lavorato senza sosta per alleviare questa crisi umanitaria.” Nel mondo reale, la posizione oltranzista della Casa bianca lascia gli Stati Uniti isolati e in contrasto anche con alleati storici, a livello politico, il sostegno all’aggressione di Gaza è stata disastrosa per il Partito democratico — l’ultimo sondaggio Siena College mostra un bassissimo sostegno all’operazione da parte dell’elettorato giovane statunitense, con percentuali inferiori al 30% allineate alla posizione di Biden.

La risoluzione chiede di aumentare l’assistenza umanitaria nella Striscia di Gaza — ma si tratta di una richiesta di difficile implementazione: il segretario generale delle Nazioni Unite Guterres ha dichiarato che il modo con cui le IDF conducono le proprie operazioni “crea giganteschi ostacoli” nella distribuzione dell’assistenza umanitaria. Il direttore generale dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus è intervenuto nuovamente in merito, accogliendo e lodando la risoluzione, ma sottolineando la necessità di un “cessate il fuoco immediato,” perché “incombe la minaccia della fame, della carestia, e della diffusione delle malattie.” Amnesty sostiene che la risoluzione costituisce un “passo importante,” ma definisce il testo “tristemente insufficiente di fronte alla carneficina in corso.” Mentre alle Nazioni Unite ci si congratula da soli, i bombardamenti sulla Striscia di Gaza continuano battenti, ed è stato condotto anche un nuovo raid a Jenin, in Cisgiordania — che teoricamente non dovrebbe essere coinvolta nel conflitto.

Le ambizioni di pulizia etnica del governo israeliano sono sempre più chiare: un retroscena del Washington Post rivela che nei giorni successivi al 7 ottobre, Netanyahu avrebbe chiesto a Biden se gli Stati Uniti potevano fare pressioni su al–Sisi, in modo che l’Egitto aprisse i confini e accettasse una parte sostanziale dei 2 milioni di palestinesi che attualmente vivono nella Striscia di Gaza. Biden avrebbe spiegato che la richiesta non era accettabile per al–Sisi, ma molti funzionari israeliani restano tuttora convinti che l’unica conclusione dell’aggressione debba essere questa. La Casa bianca crede che eventualmente si potrà convincere Netanyahu a lasciare il controllo della Striscia di Gaza all’Autorità palestinese — il Primo ministro israeliano finora ha sempre parlato di controllo militare sul territorio.

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foto: UN Photo/Loey Felipe
Blogger, designer, cose web e co–fondatore di the Submarine.