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La regista austriaca incontrerà gli studenti della Civica Scuola di Cinema il 21 novembre. In programma 17 titoli, tra corti e lungometraggi

Dal 18 al 27 novembre torna a Milano il festival di Cinema Filmmaker alla Cineteca Milano Arlecchino. In attesa del programma completo, è stata annunciata la retrospettiva dell’edizione di quest’anno, che sarà dedicata alla regista Ruth Beckermann, una delle voci più autorevoli del cinema austriaco. Il programma prevede ben 17 titoli, tra corti e lungometraggi, girati dagli anni Settanta ad oggi, e un incontro con gli studenti della Civica Scuola di Cinema “Luchino Visconti” previsto per lunedì 21 novembre.

Grazie alla collaborazione con Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia e Sicilia Queer filmfest, dopo Milano Ruth Beckermann sarà anche a Roma (dal 21 al 24 novembre al Cinema Troisi) e Palermo (l’1 e il 2 dicembre al Cinema Vittorio De Seta), dove terrà due masterclass e accompagnerà la proiezione dei suoi tre film più recenti: Die Geträumten (2016), Waldheims Waltzer (2017), candidato dall’Austria all’Oscar e forse anche per questo il suo film più internazionalmente conosciuto, e Mutzenbacher (2022), vincitore della sezione Encounters all’ultima Berlinale.

A entrambe le masterclass parteciperanno gli allievi del Centro Sperimentale di Cinematografia, e quella di Roma arricchirà i nuovi strumenti di e-learning attualmente in fase di progettazione, finalizzati a un ampliamento dell’offerta formativa e al rafforzamento dei rapporti internazionali della Scuola Nazionale di Cinema.

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Chi è Ruth Beckermann

Nata a Vienna nel 1952, Ruth Beckermann ha iniziato come giornalista. I suoi primi esperimenti dietro la cinepresa risalgono alle proteste dei giovani contro l’elezione di Waldheim alla presidenza – materiali che tornano in forma di archivio in Waldheims Waltzer, il film candidato dall’Austria nella categoria di miglior film internazionale nel 2019.

Manfred Werner – CC BY SA 4.0 – Wikimedia Commons

Sin dai primi lavori di Beckermann è presente la spinta a un confronto con la realtà fondato su un rapporto costante tra dimensione “privata” e immagine collettiva: nel film del 1977 Arena besetzt documenta le battaglie in un centro culturale della città per un collettivo video indipendente, raccontando un’utopia ma producendo anche un “saggio” sul senso del cinema politico. È questa una delle cifre che caratterizza la generazione del “Nuovo cinema austriaco” nelle sue differenze, e che qui trova il punto di incontro con il bagaglio delle avanguardie e con il loro lavoro di reinvenzione formale del racconto cinematografico.

Ma se questo “lavoro di memoria” è per molti autori soprattutto cinematografico, in Beckermann si fa punto di partenza narrativo in un’intersezione tra presente e passato, documentario e finzione, che esplora i nodi della storia per dare voce a quelli della nostra epoca. Ogni opera interroga le questioni di identità personale e collettiva che passano per la relazione della società europea e americana con l’ebraismo della diaspora, dopo la seconda guerra mondiale fino oggi, per la narrazione della donna, per le inquietudini del nostro pianeta cercando, ancora una volta, di esprimere il sentimento del mondo in cui l’autrice vive, e un linguaggio cinematografico sempre inventivo, vivo, che vuole mettere alla prova il proprio mezzo a ogni nuova scommessa.

Da un film come Those Who Go, Those Who Stay (2013) quasi un saggio sulle migrazioni volontarie e involontarie attraverso l’Europa, a magnifico Die Geträumten (2016), in cui sperimenta una forma “ibrida” di finzione nella messinscena della relazione tra Paul Celan e Ingeborg Bachmann, la sua costruzione di memoria vive tra sfaccettature di emozioni e la contemporaneità. Diventa road movie in American Passage (2011), girato a Harlem dopo la crisi finanziaria del 2008 e l’elezione di Obama, e incursione nel colonialismo alla ricerca dei legami tra Oriente e Occidente (Ein flüchtiger Zug nach dem Orient, 1999) e tra Europa e Africa (nel progetto di The Emperor, in coproduzione italiana con Citrullo International e Rai Cinema e con contributo alla coproduzione della Direzione generale Cinema del MIC, oggi in pre-produzione).

Straordinaria è la sua ricerca continua della forma documentaria “giusta”: la messa in scena della parola, a partire da un piccolo classico della letteratura libertina come Mutzenbacher di Felix Salten si trasforma in una originalissima, divertente e sottilmente controcorrente interrogazione della mascolinità nel confronto con un personaggio femminile tuttora imprendibile. Mutzenbacher ha esordito nel febbraio 2022 alla Berlinale, dove ha vinto il premio nella sezione Encounters.


In copertina: un fotogramma da Mutzenbacher (2022)