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Dopo settimane di retroscena che raccontavano un governo Meloni sorprendentemente domato, quasi “draghiano,” la coalizione di destra ha messo alla presidenza del Senato un ex missino e alla Camera un omofobo anti–aborto

Il primo colpo di scena di questa legislatura è arrivato con l’elezione di Ignazio La Russa a presidente del Senato “a insaputa” di Forza Italia: l’accordo nella maggioranza, che fino a ieri mattina sera sembrava definitivo — con il “passo indietro” di Calderoli — evidentemente non lo era ancora. Forza Italia ha deciso quindi di non partecipare alla prima votazione — con l’eccezione di Berlusconi e Casellati — ma La Russa è stato eletto lo stesso, con i voti di almeno 17 senatori delle opposizioni. Chi l’ha votato, e perché? I sospetti si sono indirizzati subito verso Renzi e Calenda, che respingono le accuse. Pagella Politica ha analizzato i video della votazione per capire quali senatori sono rimasti “troppo tempo” all’interno del catafalco per aver fatto scheda bianca: tra i nomi, oltre a vari terzopolisti, ci sono anche diversi esponenti del M5S e del Pd, tra cui Patuanelli, Camusso e Delrio.

Ma perché Forza Italia non ha voluto sostenere La Russa? A quanto pare l’ostinazione di Berlusconi — che poco prima del voto ha avuto con La Russa uno scontro acceso, mandandolo platealmente affanculo — è da ricondurre alla trattativa per far avere un ministero alla sua fedelissima Licia Ronzulli. Dopo lo smacco della votazione, Berlusconi si è formalmente congratulato con il suo ex ministro della Difesa, e ha spiegato di aver voluto “dare un segnale” contro i veti. L’ex cavaliere ora medita vendetta, e pretende di ottenere almeno i ministeri della Giustizia e dello Sviluppo Economico.

La seduta del Senato si era aperta con il discorso commosso di Liliana Segre, che ha ricordato il centenario della marcia su Roma, ha citato Matteotti come iniziatore ideale della Resistenza, ha criticato i recenti tentativi di modifica della Costituzione e ha esortato a non considerare “divisive” le feste del 25 aprile, 1° maggio e 2 giugno. Un discorso molto “politico,” certamente calibrato sulla composizione della maggioranza e sul nome di chi avrebbe preso il suo posto nel giro di un paio d’ore — uno che il 25 aprile ha sempre rivendicato di non festeggiarlo. Nel suo discorso di insediamento, La Russa ha detto di condividere le parole di Segre, e ha ricordato le violenze politiche degli anni Settanta — da lui vissute da protagonista — appianandole nella retorica di pacificazione nazionale, citando sia Sergio Ramelli, sia Fausto e Iaio: “Cercherò con tutte le mie forze di essere il presidente di tutti.”

Alla Camera le cose si sono svolte in modo piú ordinato: le opposizioni si sono contate — anche se 3 parlamentari del Pd hanno votato Richetti, il nome dei renziani — mentre la coalizione di centrodestra ha eletto in modo piuttosto compatto Lorenzo Fontana, esponente leghista veronese ultra-cattolico, noto per le sue posizioni oltranziste sui diritti civili e sull’immigrazione. Per dare un’idea del personaggio si potrebbero citare tante sue dichiarazioni passate, ma scegliamo un consiglio bibliografico: La culla vuota, libro scritto nel 2018 per un editore assolutamente non neofascista, poco prima di diventare ministro della Famiglia nel governo giallo-verde, in cui Fontana spiega che “il destino degli italiani rischia di essere l’estinzione” per via della “precisa scelta di colmare il gap demografico con i flussi migratori.” La prefazione è di Matteo Salvini.

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