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Un gruppo di civili blocca la strada per Enerhodar. Foto via Twitter @MFA_Ukraine

Le trattative di pace previste per ieri sono slittate a oggi, ma Zelenskyj ha detto che la Russia deve “smettere di bombardare la gente” prima che la trattativa possa andare avanti. I raid aerei russi però si sono intensificati

L’incontro tra i rappresentanti russi e ucraini previsto per ieri è slittato: dovrebbe tenersi oggi in una località segreta al confine. Zelenskyj ha detto che la Russia deve “smettere di bombardare la gente,” prima che si possa sperare che la trattativa faccia progressi. Ma la Russia non sta smettendo, anzi: questa notte sembra che i raid aerei siano ulteriormente aumentati, mentre Mosca spera di poter scucire ulteriori concessioni all’Ucraina. Per la prima volta dopo sette giorni di invasione, una città strategica, Cherson, è caduta sotto il controllo russo. Questa notte attorno alla città si registravano ancora scontri violenti, ma la notizia della conquista è stata poi confermata dalle stesse autorità ucraine. Le forze aeree di Mosca hanno aggredito con una violenza inedita anche la città di Mariupol, che ieri ha dovuto sostenere 15 ore di bombardamenti ininterrotti. Il vicesindaco della città ha descritto la situazione “vicina alla catastrofe umanitaria,” definendo la giornata di ieri come “la più dura e la più crudele” di questi sette giorni di guerra. Dopo la caduta di Cherson una parte delle truppe russe si sta muovendo verso Est, proprio verso Mariupol. Se il territorio che le collega dovesse cadere sotto il controllo russo, Mosca sarebbe riuscita a “connettere” la Crimea con le repubbliche di Doneck e Luhansk.

Grafica CC BY NC SA Al Jazeera. Che mostra come la Russia potrebbe collegare i territori conquistati partendo dalla Crimea con la propria espansione nel Donbas.

L’intensificarsi dei bombardamenti russi segna un’escalation del conflitto in tutto il paese, non solo attorno al mar d’Azov. Il sindaco di Konotop, nel nord-est, ha chiesto alla cittadinanza se fosse disposta a cedere il controllo della città alle forze russe. Un video diventato virale, verificato dal New York Times, arriva proprio da Konotop, e mostra un piccolo gruppo di soldati russi che entrano in città scortando il sindaco, circondati da cittadini furibondi. Per farsi largo, sono guidati da un militare che tiene in mano due granate.

Ogni giorno aumenta anche il coinvolgimento dei civili. I residenti di Enerhodar si sono organizzati per bloccare la strada alle truppe russe che cercavano di raggiungere la città, in cui si trova la centrale nucleare di Zaporižžja, la più grande d’Europa. Non è chiaro quale sia la situazione sul campo in questo momento: alcuni video circolati ieri su internet mostrano l’esercito russo che attacca i civili, e Mosca ha comunicato all’IAEA, Agenzia internazionale per l’energia atomica, di aver preso il controllo della centrale. Non sappiamo se le dichiarazioni di Mosca siano affidabili, ma non serve specificare quanto sia pericoloso che il conflitto si sposti così vicino alle centrali nucleari: l’agenzia ONU sta seguendo la guerra con preoccupazione, e il direttore generale Rafael Mariano Grossi ha spiegato che la situazione è “senza precedenti”: “È la prima volta che un conflitto militare si sviluppa in mezzo agli stabilimenti di un programma nucleare ampio e ben sviluppato.” Per ora l’ispettorato al nucleare ucraino garantisce che la situazione è sotto controllo, e i livelli di radiazione attorno alla centrale di Zaporižžja restano “normali.”

Intanto, all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, una risoluzione per chiedere alla Russia di mettere immediatamente fine alle operazioni militari in Ucraina è stata adottata con il favore di 141 paesi, superiore ai due terzi necessari: solo cinque paesi hanno votato apertamente contro — Bielorussia, Corea del Nord, Eritrea, Russia e Siria — mentre 35 si sono astenuti. Il segretario generale António Guterres, ha chiesto di “mettere a tacere le armi,” e di “aprire la porta al dialogo e alla diplomazia.” La Cina è tra i paesi che si sono astenuti al voto, mentre continua a cercare di rimanere estranea al conflitto. Ieri, tuttavia, il New York Times ha rivelato che Pechino avrebbe avuto conoscenza del progetto di invasione russa già nelle scorse settimane — ma avrebbe chiesto a Putin di rinviare tutto a dopo la fine delle olimpiadi. Il governo cinese ha smentito la ricostruzione.

In serata è tornato a parlare della crisi in Ucraina anche Emmanuel Macron, che insieme a Olaf Scholz è il leader europeo che si era esposto di più per trovare una soluzione diplomatica prima del conflitto. In un discorso alla nazione, Macron ha detto che “Putin ha scelto la guerra da solo, tradendo i propri impegni internazionali uno alla volta,” e ha denunciato le “bugie” con cui il governo russo ha giustificato la guerra — anche se ha garantito che rimane in contatto con Putin per cercare di ottenere un cessate il fuoco. Intanto, il ministro della Difesa ucraino ha pubblicato su Facebook foto di alcuni fogli che farebbero parte dei piani militari per l’invasione dell’Ucraina, riferiti alla 810a Brigata autonoma di Fanteria di Marina, parte della flotta russa del Mar Nero. Tra le carte c’è una mappa che illustra l’invasione, ma soprattutto c’è un timbro che data il documento al 18 gennaio, tre settimane prima che gli ultimi tentativi diplomatici dell’Europa si rivelassero inefficaci. Secondo le carte l’invasione sarebbe dovuta durare dal 20 febbraio al 6 marzo — 15 giorni. Trattandosi di documenti per la flotta, tuttavia, nei documenti non sono dettagliati i piani di occupazione delle città ucraine.

Foto: via Facebook / MinistryofDefence.UA

Il dibattito assente sulle armi

Come arriveranno all’Ucraina le armi di cui il Parlamento ha appena autorizzato l’invio? La logistica della consegna sarà gestita dalla Nato: arriveranno con un ponte aereo alla frontiera e poi proseguiranno con un convoglio terrestre — spiega Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera — ma probabilmente entreranno in gioco anche contractor privati. Fino al 30 settembre vengono messi a disposizione della Nato circa 4.000 soldati — i primi 1.350 sono già pronti a partire per stanziarsi in Romania e Ungheria.

Subito dopo il voto, i parlamentari della Commissione Difesa hanno ricevuto una mail piuttosto minacciosa da parte dell’ambasciata russa in Italia, in cui si ribadisce quanto già detto più volte da Mosca: “I cittadini e le strutture della Ue coinvolti nella fornitura di armi letali alle Forze Armate Ucraine saranno ritenuti responsabili di qualsiasi conseguenza di tali azioni.” Secondo il ministro Guerini, il messaggio “dà il senso dell’arroganza del regime russo.” In Unione europea sono soltanto sette i paesi che non invieranno armi in modo diretto — anzi sei, perché anche la Spagna, dopo alcuni tentennamenti interni, ha deciso di spedire un carico di armi.

Le voci contrarie all’invio di armi, in deroga alla legge 185/90, restano piuttosto isolate: su Domani, il politologo Pietro Ignazi spiega che “un tale cambio di passo rischia a di spianare la strada a giustificazioni tipiche dello stato di eccezione,” mentre in situazioni come questa andrebbe mantenuto “un atteggiamento improntato alla critica e alla razionalità.” A trovarsi nella posizione più imbarazzante è il Pd, che ha sposato l’invio di armi all’Ucraina senza alcuna discussione interna si trova a dover gestire i rapporti con la propria base antimilitarista e pacifista e con il mondo delle associazioni: l’Anpi ha già espresso la propria contrarietà, dicendo che la decisione italiana potrebbe essere interpretata dalla Russia come un atto di cobelligeranza, portando a un’ulteriore escalation. Sabato ci sarà a Roma una manifestazione nazionale per la pace e il disarmo, promossa dai sindacati e numerose altre associazioni.

Ma il più pacifista di tutti è Matteo Salvini. Il leader leghista, imbarazzato dai propri trascorsi filo-putiniani e costretto a una serie di contorsioni logiche per allinearsi alle decisioni del governo, ha detto in conferenza stampa che sta valutando la possibilità di “esserci in presenza,” perché “una cosa è manifestare a Berlino, una cosa esserci.” In che senso? “Dobbiamo portare in Ucraina dei combattenti di pace, è un rischio, ci stiamo ragionando, ma non deve essere un problema, pensiamo a un grande movimento per la pace che vada a frapporsi in Ucraina tra il popolo e le bombe.” Ma chi dovrebbe lanciare questo movimento per la pace? Il papa. OK.