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Centrodestra e M5S escono disastrati dalla riconferma di Mattarella al Quirinale: mentre Salvini sogna un nuovo partito repubblicano, tra Di Maio e Conte si prepara lo scontro finale

La rielezione di Mattarella ha portato a un clima da resa dei conti tra Di Maio e Conte all’interno del Movimento 5 Stelle: secondo il ministro degli Esteri è necessario “aprire una riflessione politica interna,” perché “alcune leadership hanno fallito, hanno creato tensioni.” Il capo politico del movimento gli ha risposto piccato, dicendo che anche lui “era in cabina di regia” e quindi dovrà chiarire “i comportamenti, l’operato e se la sua agenda era condivisa o meno.” Ma per Di Maio “in cabina di regia non si è mai parlato di fare annunci roboanti su presunti accordi raggiunti con Pd e Lega” — il riferimento è chiaramente al nome “bruciato” di Elisabetta Belloni — e quindi “non si provi a scaricare le responsabilità su altri. È chiaro che ci sono diversi aspetti che vanno chiariti.” In questo botta e risposta si è inserito anche Alessandro Di Battista, che su Facebook ha criticato la deriva del Movimento dando del “vigliacco” a Di Maio e definendo Conte “persona perbene e leale.”

Fino a dove può spingersi questa tensione? C’è chi profila la possibilità di una scissione, ma secondo alcuni retroscena Conte avrebbe addirittura intenzione di espellere Di Maio dal Movimento con un voto online — sempre che riesca a non farsi cacciare lui dalla “corrente” dei dimaiani. Questa guerra interna rischia di danneggiare la già fragile alleanza con il Pd, che infatti cerca di gettare acqua sul fuoco: secondo la capogruppo alla Camera Serracchiani, l’elezione del presidente della repubblica ha addirittura “rafforzato” l’alleanza tra i due partiti.

Nel campo del centrodestra le cose non vanno tanto meglio: Meloni ha detto che ora lavorerà lei per rifondare la coalizione, accusando Salvini di aver appoggiato la rielezione di Mattarella contro la volontà degli alleati. Il leader leghista si trova a gestire contemporaneamente i dissapori interni: nei prossimi giorni si terrà il consiglio federale del partito per avviare “una profonda riflessione sul centrodestra,” mentre le consorterie locali del partito — dal Veneto alla Lombardia — attaccano il segretario per la sua gestione disastrosa delle trattative di settimana scorsa. Per fortuna c’è Tajani a dispensare un po’ di ottimismo: secondo il coordinatore forzista il centrodestra “saprà fare pace,” mentre Berlusconi — uno dei principali responsabili del fallimento del “trasloco” di Draghi al Quirinale — prepara già il proprio ennesimo ritorno sulla scena.

Questo clima di incertezza politica si riflette ovviamente anche sul governo, che dopo la conferma di Mattarella riparte con una serie di incognite: dall’ipotesi di un rimpasto, per ora smentita, al rebus della nuova legge elettorale in vista delle elezioni dell’anno prossimo. L’esecutivo dovrà affrontare di corsa una serie di dossier importanti, dal caro bollette al Pnrr, prima di farsi risucchiare inesorabilmente dal gorgo della campagna elettorale.

Mattarella è il secondo Presidente consecutivo a cui le istituzioni chiedono di restare per un secondo mandato. Il primo era stato Napolitano nel 2013, che era rimasto al Quirinale su richiesta dei principali leader politici dell’epoca. La conferma di Napolitano era sfociata in un “governo del presidente” di larghe intese, capeggiato proprio da Enrico Letta. Questa volta un governo di quel tipo di fatto c’è già, e dunque la rielezione di Mattarella è una conferma sostanziale dello status quo politico complessivo del paese, in attesa delle elezioni del 2023 — uno status quo che paradossalmente rafforza Draghi e piace a tutti i poteri che sono interessati a conservarlo, come l’Ue o i principali attori finanziari. Il prossimo passo potrebbe essere la legge elettorale, probabilmente su un modello proporzionale che favorisca l’attuale coalizione imperniata sul centro.

“Paradossalmente,” perché Draghi è il principale sconfitto di questa votazione — essendo il nome di più alto profilo ad essersi di fatto candidato — ma è riuscito comunque a ottenere un quadro politico a lui favorevole. Dopo aver capito in occasione dell’incontro con Salvini di venerdì pomeriggio che non sarebbe riuscito a conquistare il Quirinale, sarebbe stato proprio lui a indicare quella sera Mattarella e a chiedergli esplicitamente di rimanere ieri mattina, in occasione del loro incontro al Quirinale per il giuramento del nuovo giudice costituzionale Filippo Patroni Griffi. Mattarella ha preso atto piuttosto facilmente della richiesta di “sacrificio” avanzatagli dal Parlamento — anche se probabilmente in occasione del discorso inaugurale, fissato per il 3 febbraio in occasione del nuovo giuramento, ribadirà la sua posizione per cui sarebbe necessaria una riforma che limiti la possibilità di essere eletti a un solo mandato come quella delineata nel Ddl elaborato dai parlamentari Pd Parrini e Zanda.

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foto: Quirinale.it