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in copertina, foto CC-BY 2.0 NASA James Webb Space Telescope

I dati che arriveranno dal telescopio spaziale James Webb ci permetteranno, secondo l’amministratore della NASA Bill Nelson, di scoprire tutti i “segreti dell’universo.” Ma domani inizia una missione delicatissima, che potrebbe fallire in 344 modi diversi

Il 25 dicembre la NASA lancerà in orbita il telescopio spaziale James Webb (JWST)*, frutto di un lungo progetto condotto insieme all’ESA e alla Canadian Space Agency, per sostituire l’ormai datato Hubble. Il progetto è stato costellato di ritardi, imprevisti e difficoltà e a poche ore dal lancio sono tantissime le voci ancora preoccupate: si tratta di una delle missioni spaziali più complesse mai tentate, con tantissimi “punti di rottura” — e in ballo c’è il prossimo decennio di studi spaziali.

Lo scopo del telescopio è principalmente quello di occuparsi di astronomia dell’infrarosso, ma può anche “vedere” la luce visibile arancione e rossa. L’attenzione alle bande infrarossi giustifica parte dell’ambizione del progetto: il telescopio si fermerà a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra — più del triplo della distanza tra la Terra e la Luna — e drasticamente più lontano dell’Hubble, che orbita attorno alla Terra a 550 km d’altezza. L’atmosfera della Terra, infatti, anche ad altezze a cui è trasparente, blocca comunque molte bande infrarosse. 

Lo sviluppo della missione è stato a dir poco tortuoso: il progetto è nato addirittura nel 1996 con un lancio previsto nel 2007 e un budget iniziale di 500 milioni dollari. Alla fine di anni ce ne sono voluti 25, invece di 11, e il costo totale è stimato attorno ai 10 miliardi. Nel 2005 il telescopio ha subito un profondo redesign, e i suoi costi sono iniziati a crescere, arrivando fino a proiezioni di 3,5 miliardi. Nel 2011 il telescopio ha dovuto sopravvivere alla peggiore minaccia finora: una proposta di budget per la NASA che avrebbe previsto la sua cancellazione. Alla fine il progetto è sopravvissuto e si è fissata una nuova scadenza per il lancio — il 2018. Durante questa ultima fase il JWST è però andato incontro a numerose difficoltà più tecniche, durante la costruzione effettiva. Numerosi episodi hanno raggelato il sangue degli scienziati di tutto il mondo: una volta sono stati trovati degli strappi negli strati di plastica che dovrebbero proteggere il telescopio, un’altra volta letteralmente sono state trovate viti male avvitate che si sono staccate durante uno dei testi di vibrazione. Ancora — del cablaggio difettoso una volta ha mandato un voltaggio eccessivo nei trasduttori dell’osservatorio spaziale.

foto CC-BY 2.0 NASA James Webb Space Telescope

Il lancio di domani — a bordo di un razzo Ariane 5 — non è nemmeno lontanamente la cosa più preoccupante della missione, anzi: domani iniziano quello che gli ingegneri del progetto chiamano “sei mesi di grande intensità.” una volta nello spazio, il telescopio inizierà una serie di manovre, lunghe un mese intero, necessarie per spiegare il proprio grande specchio dorato e allargare i cinque strati di plastica che terranno l’ottica al buio e al freddo. Durante questa prima fase di manovre ci sono 344 “punti di rottura” in cui il telescopio potrebbe danneggiarsi in modo irreparabile: sì, perché non c’è nessun modo per cui possano essere svolti interventi — da parte di esseri umani o macchine — per riparare il telescopio. Se viene danneggiato, resta danneggiato. 

La prima cosa che il JWST dovrà fare, una volta lanciato, è attivare il pannello solare necessario per raccogliere energia. Il giorno dopo, poi, sarà messa in azione l’antenna che sarà utilizzata per comunicare con la Terra. Solo allora la missione andrà incontro al proprio primo momento della verità, quando verranno aperti gli strati di plastica che proteggeranno il telescopio dai raggi solari. Questa è una delle fasi più di preoccupanti, perché dipende dall’assenza di gravità nello Spazio — per cui, a differenza di altre manovre, è stata solo parzialmente testata. Diversi potenziali problemi saranno rilevabili solo quando gli ingegneri inizieranno a manovrare il telescopio dalla Terra — e vedranno che funziona male. Ovviamente, in questi anni sono state svolte numerose “prove,” per simulare un problema chiedendo agli ingegneri di ipotizzare soluzioni senza sapere direttamente quale fosse il malfunzionamento specifico. Una volta finite queste numerose e complesse manovre — dopo un mese nello spazio — il telescopio accenderà i propri propulsori per arrivare a destinazione.

Ma perché spendere così tanto e attraversare così tante difficoltà? Detto semplicemente, quello che il James Webb ci permetterà di vedere è senza precedenti, arrivando a fotografare le primissime stelle e galassie di sempre, quando l’Universo aveva solo circa 100 milioni di anni — a 13 miliardi di anni luce di distanza dal nostro pianeta. Inoltre, l’osservatorio potrà identificare e studiare con grande precisione gli esopianeti mentre passano davanti alle proprie stelle. Per la prima volta, inoltre, potremo ipotizzare quale di questi esopianeti potrebbe davvero ospitare la vita: la definizione dei dati permetterà di determinare la composizione chimica della loro atmosfera — rendendo possibile determinare se un pianeta è abitabile, o addirittura se ci sono sostanze che potrebbero far pensare che sia abitato. Dalla formazione delle prime galassie alla ricerca di pianeti abitabili, le potenzialità del JWST per rispondere alle nostre domande sulla vita nell’universo sono, in questo momento, inimmaginabili. 

Il telescopio è impressionante anche solo per le dimensioni: il suo specchio principale è largo 6,5 metri, quasi tre volte la larghezza di quello di Hubble. In base al tipo di osservazione, il nuovo telescopio sarà più sensibile tra 10 e le 100 volte rispetto all’Hubble. Per trasportare uno specchio così grande è stato necessario scomporlo — in 18 segmenti esagonali che dovranno allinearsi perfettamente in modo da funzionare come un solo enorme specchio. L’intera ottica è coperta da uno strato d’oro — necessario per permettergli di “vedere” gli infrarossi — sottile 1/200 dello spessore di un capello. 

Durante la conferenza stampa prima del lancio, l’amministratore della NASA Bill Nelson ha dichiarato a Space.com che il telescopio “rivelerà i segreti dell’universo — sarà stupendo, se non quasi travolgente.”

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* Il telescopio prende il nome da James Webb, amministratore della NASA dal 1961 al 1968, negli anni in cui l’agenzia ha lavorato febbrilmente per l’allunaggio. Lo scorso marzo numerosi scienziati hanno firmato un articolo su Scientific American chiedendo che il nome del telescopio fosse cambiato, perché Webb è sospettato di aver preso parte alla persecuzione delle persone LGBTQ+ durante il “terrore lavanda,” durante il quale furono licenziati innumerevoli dipendenti pubblici, accusati di essere omosessuali o lesbiche, e, di conseguenza, simpatizzanti dei comunisti. Alla fine la NASA ha deciso di non cambiare nome al telescopio, dichiarando che non ci siano prove del coinvolgimento di Webb nei fatti del terrore lavanda. Tuttavia, l’agenzia è accusata di aver condotto un’indagine a dir poco superficiale.

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